SCIENZA E RICERCA

Il Mediterraneo soffre il global warming

Che il Mediterraneo non godesse di buona salute è cosa risaputa: minacciato da specie alloctone (sono oltre 600 quelle censite negli ultimi studi), minacciato dall’allargamento del canale di Suez, che potrebbe alterare ancora di più il suo delicato ecosistema. E ora il mare nostrum si trova – suo malgrado – a essere anche lo specchio dei cambiamenti che rischiano di mutare il clima per come lo conosciamo oggi.

È uno studio recentemente pubblicato su Scientific Report a dirlo: un team di oceanografi dell’Istituto di scienze marine del Cnr, del National Oceanography Centre di Southampton e dell’Institut nationale des sciences et technologies de la Mer di Salamboo hanno infatti dimostrato come il Mediterraneo stia rispondendo al global warming molto rapidamente rispetto ad altri specchi d’acqua.

Nello specifico l’evaporazione è maggiore rispetto alle precipitazioni e agli apporti fluviali, mentre temperatura e salinità aumentano a un tasso di due volte e mezzo superiore rispetto a quanto registrato nella seconda metà del XX secolo e superiore a quello degli oceani.

“Il mar Mediterraneo è una delle regioni più soggette all’aumento delle temperature e alla riduzione delle precipitazioni – spiega Katrin Schroeder, ricercatrice dell’Istituto di scienze marine del Cnr (Ismar-Cnr) – e gli effetti del riscaldamento globale si manifestano più rapidamente rispetto agli oceani”. Questo è dovuto a un ricambio delle acque relativamente più breve rispetto a quelli di un oceano. Il quadro, di conseguenza, è quello do un mare in cui l’evaporazione è predominante rispetto all’apporto delle precipitazioni e del travaso fluviale: “Nel bacino orientale – prosegue Schroeder – siccità e temperature hanno recentemente raggiunto livelli record rispetto agli ultimi 500 anni”.

Le analisi del gruppo di ricerca si sono focalizzate sulla caratteristica delle acque in transito nel Canale di Sicilia, dove si incontrano i flussi tra i bacini orientale e occidentale del Mediterraneo. “I dati dello studio – spiega il team di ricerca – mettono in evidenza che dalla fine del 1993 a oggi le proprietà termoaline (temperatura e salinità, Ndr) dell’acqua proveniente dal Mediterraneo orientale, tra i 300 e i 600 metri di profondità, hanno subito rilevanti variazioni”. In particolare è la rapidità con cui crescono i valori ad aver impressionato i ricercatori: due volte e mezza maggiore rispetto a quella osservata nel Mediterraneo orientale nella seconda metà del XX secolo e con un ordine di grandezza superiore a quella degli oceani. Per esempio, nel caso della temperatura si parla di una variazione di 0,05 gradi all’anno per il Mediterraneo, contro gli 0.005 gradi all’anno nell’oceano globale. “Il Mediterraneo può essere assimilato a una macchina che importa acqua superficiale poco salata a e di bassa densità dall’Atlantico – spiega ancora Schroeder – e la trasforma al suo interno mediante processi complessi che coinvolgono la produzione di acque più calde e salate, poi esportate verso l’Atlantico dalle profondità dello Stretto di Gibilterra”.

Il grafico mostra l'aumento di temperatura e di salinità, presa dall'ultimo articolo pubblicato (leggenda immagine: Evoluzione temporale di temperatura e di salinità a 400 m di profondità nel Canale di Sicilia)

Il flusso di acqua proveniente dai due bacini si dispone su due livelli all’interno del Canale di Sicilia: l’acqua proveniente dall’Atlantico – più salata e più leggera – occupa lo strato superficiale e si muove verso est; quella intermedia generata dall’evaporazione nella regione orientale, più pesante, si muove verso il bacino occidentale nello strato inferiore. Sono le proprietà fisiche dell’acqua intermedia a determinare quantità, temperatura e salinità dell’acqua profonda generata nel Mediterraneo nord-occidentale.

Sono queste caratteristiche del livello profondo a essere rimaste sempre molto stabili e sono considerate come un importante indicatore per quantificare ogni minimo effetto dei cambiamenti climatici. “Consideriamo che per circa mezzo secolo il loro contenuto salino e di calore è aumentato gradualmente, mentre dal 2005 questi parametri stanno crescendo a velocità doppia rispetto al periodo 1960-2005. Da allora si parla di transizione del Mediterraneo occidentale, un periodo di eventi di formazione di grossi volumi di acqua profonda particolarmente calda e salata, che ha segnato l’inizio di un drastico mutamento nella struttura degli strati intermedi e profondi del bacino occidentale. Questi dati suggeriscono quindi una veloce transizione verso un nuovo equilibrio che si riverbera sull’ecosistema marino profondo”.

Ma.S.

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