SCIENZA E RICERCA
Adriatico. Il mare e la biodiversità inaspettata
Gabbiani, Alto Adriatico. Foto: Andrea Signori
"Il mare non lo scopriamo da soli e non lo guardiamo solo con i nostri occhi. Lo vediamo anche come lo hanno guardato gli altri, nelle immagini e nei racconti che ci hanno lasciato: veniamo a conoscerlo e lo riconosciamo al tempo stesso". Breviario mediterraneo, Predrag Matvejević
"L'Adriatico è un mare particolare, caratterizzato nella sua parte settentrionale da fondali molto bassi. Il lato orientale è diverso da quello occidentale: nel lato occidentale italiano vi è un apporto consistente dell'acqua dei fiumi, in quello orientale le coste sono più rocciose e le acque più profonde - spiega Carlotta Mazzoldi, docente di Biologia marina all'università di Padova - Questo mare è caratterizzato anche da una elevata stagionalità della temperatura e delle correnti: gli animali molto spesso seguono i flussi muovendosi all'interno dell'Alto Adriatico. Nella parte italiana il fondale è sabbioso, con l'eccezione delle tegnùe, affioramenti rocciosi di varia origine: una parte consistente della formazione delle rocce è dovuta a organismi biocostruttori. Questi affioramenti rocciosi forniscono rifugio e cibo che possono essere utilizzati dai giovanili di molte specie: si tratta, quindi, di ambienti ricchi, da proteggere".
Tegnùe, ovvero trattenute, termine usato dai pescatori per indicare la presenza di queste rocce su cui si impigliavano le reti. Questi ambienti sono protetti, già dal 5 agosto 2002, attraverso l'istituzione di una zona di tutela biologica poi diventata sito di interesse comunitario.
"L'Adriatico è un mare chiuso che sta vedendo delle trasformazioni, innanzitutto a causa del cambiamento climatico: l'acqua si sta scaldando e stanno arrivando specie nuove, anche molto particolari", commenta Sandro Mazzariol, docente di Patologia e Anatomia patologica veterinaria all'università di Padova.
Riprese e montaggio: Massimo Pistore
La ricchezza dell'Alto Adriatico
A raccontare la gestione della pesca a Chioggia e, più in generale, nell'Alto Adriatico è Federico Calì, dottorando dell'università di Bologna, che svolge la sua attività di ricerca proprio a Chioggia, grazie alla collaborazione con l'ateneo padovano.
Chioggia rappresenta una delle marinerie più importanti d'Italia a livello di flotta con oltre duecento pescherecci attivi. "Negli ultimi anni stiamo assistendo a una diminuzione del numero di pescherecci, a causa della riduzione della produzione dei nostri mari, ma l'Adriatico rappresenta ancora una delle ultime zone del Mediterraneo in grado di conservare una importante produttività e da solo produce tra il 50 e il 60% del pesce sbarcato a livello nazionale. Ciò è reso possibile dall'apporto di diversi fiumi, come il Po, che rappresentano il 20% del totale degli input fluviali a livello mediterraneo, e dalle caratteristiche specifiche di questo mare con fondali bassi e altamente produttivi in cui la luce del sole può penetrare in tutta la colonna d'acqua permettendo un rapido riciclo dei nutrienti".
Questa, inoltre, è una delle zone a più alta produzione di pesci piatti come la sogliola e il rombo ma anche di molluschi bivalvi, "pensiamo agli allevamenti di cozze e quelli vongole, ma non solo: questa è l'unica zona di pesca di fasolari, prodotto molto richiesto dal mercato, in tutta Italia".
"L'Alto Adriatico ha spiccate caratteristiche di stagionalità, ha fondali bassi e quindi risente molto delle variazioni ambientali: questo porta ad avere una elevata escursione nei parametri oceanografici e alla creazione di diverse nicchie ecologiche in cui un po' tutte le specie del mar Mediterraneo riescono a inserirsi. Questo lo possiamo poi vedere nel pescato sbarcato dai pescherecci e infine sulle nostre tavole".
Mercato ittico all'ingrosso di Chioggia
Nato nel 1960, quello di Chioggia è il primo mercato ittico all'ingrosso per flotta, ovvero per numero di pescherecci. Si trova tra i canali di Lusenzo e San Domenico, sull'isola dei Cantieri, collegata al ponte sopra la laguna che unisce Chioggia a Sottomarina. Qui viene venduto il pesce di laguna, di mare e anche quello allevato nelle valli.
Attivo cinque giorni a settimana, apre due volte al giorno: nel pomeriggio e alle tre di notte. A queste aperture se ne aggiunge un'altra, straordinaria, che avviene la mattina, solo nel periodo primaverile ed è dedicata all'asta delle seppie.
Come viene venduto il pesce al mercato? Lo spiega il direttore Emanuele Mazzaro: "Il pesce viene portato dai pescatori, dai lati delle banchine al mercato. All'interno della sale aste si trovano i commissionari, professionisti che vendono in nome proprio e per conto dei pescatori. Il prodotto può essere venduto solamente attraverso loro, con una trattativa diretta oppure con l'asta ad orecchio, parzialmente sospesa in tempo di covid".
Biodiversità inaspettata, ieri e oggi
Restiamo a Chioggia, ma ci spostiamo ora al Museo di Zoologia adriatica Giuseppe Olivi, nelle sale dello storico Palazzo Grassi sulle Fondamenta del Canale Vena. Lara Endrizzi ci guida alla scoperta della collezione storica di animali dell'Adriatico, raccolti e conservati sin dalla seconda metà dell'Ottocento, invitandoci a osservare le caratteristiche di pesci particolari e poco conosciuti, come il pesce trombetta e il pesce balestra, differenze tra i pesci del passato e quelli che popolano oggi il nostro mare. "A causa della sua torbidità, spesso l'Adriatico è considerato più inquinato e dunque di minor pregio rispetto ad altri mari che bagnano le coste italiane. Invece, pochi sanno che la scarsa visibilità di queste acque è dovuta alla ricchezza di nutrienti che sostenta una grande variabilità di organismi marini che popolano questi ambienti. Proprio qui, al Museo Olivi, è possibile avere un'idea di quanto sia ampia la variabilità di organismi presenti in questo mare grazie alla collezione storica di Trieste-Rovigno. Si tratta di una raccolta di organismi campionati dalla metà Ottocento ai primi del Novecento nell'Alto Adriatico, organismi che forniscono una fotografia di quello che era il mare 150 anni fa. La collezione ci permette di fare dei confronti con la situazione attuale del nostro mare: alcuni animali non sono più presenti nelle acque italiane (lo storione, ndr), altri hanno ridotto notevolmente il loro numero, altri ancora sono mutati nelle dimensioni", spiega Endrizzi, mostrando le grandi dimensioni di una aragosta, una canocchia e una seppia esposte al museo.
Protagonisti del secondo episodio
Carlotta Mazzoldi, docente di Biologia marina - Università di Padova. Si occupa di biologia di specie ittiche commerciali e di pesca
Sandro Mazzariol, docente di Patologia e Anatomia patologica veterinaria - Università di Padova. Si occupa di medicina e conservazione dei cetacei
Federico Calì, dottorando - Università di Bologna (in collaborazione con Università di Padova). Si occupa di gestione della pesca nel mar Adriatico
Emanuele Mazzaro, direttore Mercato ittico di Chioggia
Lara Endrizzi, staff Museo di Zoologia adriatica Giuseppe Olivi di Chioggia -- Università di Padova
Un'idea di Francesca Boccaletto e Massimo Pistore
Riprese e montaggio: Massimo Pistore
Responsabile di produzione: Francesca Boccaletto
Fotografie: Andrea Signori e Massimo Pistore
in collaborazione con Stazione idrobiologica Umberto D'Ancona, Chioggia
Dipartimento di Biologia, Università di Padova
Le citazioni sono tratte dal libro Breviario mediterraneo di Predrag Matvejević (Garzanti)
Leggi anche Storia dell'Adriatico di Egidio Ivetic, docente di storia moderna e del Mediterraneo presso l’università di Padova. L'intervista su Il Bo Live.