SCIENZA E RICERCA

La biodiversità in Italia: un tesoro da proteggere

La biodiversità, cioè l’insieme di esseri viventi che popolano il nostro pianeta, è essenziale per la preservazione degli attuali equilibri del sistema Terra. Eppure, a causa del dirompente impatto ambientale delle attività umane, essa è oggi a rischio: secondo gran parte degli studiosi, siamo all’inizio di una nuova estinzione di massa – la sesta, nella storia della vita. Questo evento catastrofico avrebbe conseguenze gravissime sulla biosfera tutta e sulle società umane in particolare, poiché queste ultime dipendono in modo diretto dalla biodiversità.

Dopo decenni di ancillarità, la crisi della biodiversità sta finalmente risalendo le agende della politica. Come evidenziato dall’UNEP (il Programma ambientale delle Nazioni Unite), l’odierna crisi ambientale si compone di cambiamento climatico, perdita di integrità della biosfera e inquinamento degli ecosistemi. La tutela della biodiversità è perciò un pilastro delle politiche di conservazione della natura e di contrasto ai cambiamenti climatici, e la politica ne sta ormai riconoscendo la centralità.

Ne sono un esempio la Strategia europea al 2030 per la biodiversità e, a livello internazionale, il Kunming-Montréal post-2020 Global Biodiversity Framework, che hanno dettato obiettivi ambiziosi di protezione e ripristino degli ecosistemi e delle specie naturali da realizzare nel breve (2030) e nel lungo periodo (2050).

Questi obiettivi si basano sulla consapevolezza, supportata da solide evidenze scientifiche, che la biodiversità è il nostro sistema di supporto vitale, e che un mondo naturale in salute è essenziale per la sopravvivenza e la prosperità delle attività umane. Nell’ambito della transizione verso la sostenibilità, dunque, una parte consistente di risorse ed energie deve essere investita nella tutela e nel ripristino degli ecosistemi, così da fermare e invertire la tendenza di degrado e perdita di diversità naturale che prosegue ormai da troppo tempo.

In questo, l’Unione Europea è stata lungimirante. I fondi assegnati ai Paesi Membri – tra cui quelli che hanno permesso all’Italia di avviare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – sono in parte vincolati a finanziare progetti “nature positive”, che contribuiscano attivamente al contrasto alla crisi ambientale e alla salvaguardia dell’ambiente naturale. In ottemperanza a questo vincolo, uno dei centri di ricerca istituiti e finanziati con i fondi europei del PNRR è il National Biodiversity Future Centre (NBFC) che, in occasione della giornata mondiale della biodiversità, festeggiata lo scorso 22 maggio, ha organizzato il Forum nazionale della biodiversità. Durante questo evento, che ha riunito a Palermo una parte rappresentativa dei più di 2000 ricercatori del Centro, è stato presentato il primo rapporto annuale sulla biodiversità in Italia.

Il Centro nasce nel 2022 con l’obiettivo di riunire e sistematizzare le conoscenze sulla biodiversità italiana per favorirne la tutela e integrarne i benefici nella società. La sua azione, suddivisa in otto Spoke (sei di ricerca, uno di comunicazione, uno di integrazione con il mondo imprenditoriale), si articola in quattro pilastri tra loro consequenziali: Osservazione e monitoraggio; Conservazione e Protezione; Riparazione e Salvaguardia; Valorizzazione.

La biodiversità in Italia: un ricchissimo patrimonio

L’Italia può a buon diritto essere considerata un hotspot di biodiversità nel continente europeo. Infatti, il nostro Paese è abitato da circa 10.000 specie di piante (di cui quasi 1.800 aliene, circa 8.000 native e, tra queste, 1.702 endemiche, cioè esistenti solo in questo territorio); circa 61.000 specie di animali (di cui più del 60% sono invertebrati), il 20% delle quali è endemica o subendemica (nello specifico, il 31% degli anfibi presenti e il 18,3% dei pesci ossei d’acqua dolce). Inoltre, l’Italia presenta anche una grande varietà di habitat: sono stati riconosciuti sul territorio nazionale 85 tipi di ecosistemi terrestri (58 dei quali sono considerati a rischio) e 394 habitat marini, di cui ben 297 sono considerati di elevato valore conservazionistico.

Un primo motivo per dare valore e proteggere la biodiversità in Italia emerge proprio da questi dati: come si legge nel rapporto, «l’Italia è il Paese con maggior abbondanza di specie, di habitat e con il maggior tasso di specie endemiche. Ben oltre il 50% delle specie vegetali e il 30% delle specie animali di Interesse Conservazionistico Comunitario sono endemismi italiani, ovvero si trovano solo all’interno dei nostri confini». Per questo motivo, abbiamo «una grande responsabilità nei confronti degli altri Paesi dell’Unione Europea e rivieraschi mediterranei».

Per far sì che una tale ricchezza sia adeguatamente valorizzata, è innanzitutto necessario che se ne conosca l’esistenza. È per questo che uno degli impegni primari del NBFC è la formazione: nel corso del primo anno di vita del Centro, è stato avviato il primo ciclo del Dottorato Nazionale sulla Biodiversità, che si compone di un percorso triennale portato avanti congiuntamente da diverse università italiane e che, ad oggi, sta formando 35 giovani ricercatori. Le attività di formazione non si limitano all’ambito accademico, ma mirano ad aumentare conoscenza e consapevolezza anche nel resto della cittadinanza: molto spazio è dato a progetti di Citizen science, e un intero Spoke del centro (il settimo) è dedicato all’elaborazione di progetti di divulgazione per comunicare e condividere le conoscenze e i dati prodotti dai ricercatori del NBFC: tra i progetti di più ampio respiro vi è una mostra sulla biodiversità italiana che verrà inaugurata il prossimo autunno al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Infine, il Centro si vuole porre come interlocutore privilegiato per il mondo delle istituzioni e delle imprese, con cui sono stati già avviati diversi partenariati.

Tutelare la biodiversità per garantire il futuro

I dati raccolti sullo stato della biodiversità in Italia sono piuttosto negativi. Il 68% degli ecosistemi è in pericolo, e l’89% delle aree naturali di interesse comunitario versa in un cattivo stato di conservazione. Le specie esotiche invasive sono aumentate del 96% negli ultimi tre decenni, e il 30% delle specie censite sul suolo italiano sono considerate a rischio di estinzione. Inoltre, il consumo di suolo, che è una delle maggiori cause della perdita di biodiversità, continua ad aumentare. Uno degli obiettivi della Strategia UE per la biodiversità consiste nel porre sotto protezione il 30% degli ecosistemi terrestri e il 30% di quelli marini entro il 2030: attualmente, in Italia sono sotto tutela il 17% della superficie terrestre nazionale e l’11% di quella marina. È dunque necessario accelerare sulle aree protette, e le conoscenze fornite dal NBFC (soprattutto la sistematizzazione dei dati già esistenti e la raccolta dati e mappatura degli ecosistemi ancora poco studiati) sono strumentali al raggiungimento di questo importante obiettivo comunitario.

Come giustamente sottolinea il rapporto NBFC 2024, “non tutta la biodiversità si trova nei parchi”. La grande varietà di ecoregioni ed ecosistemi che caratterizza il territorio italiano si riflette in un’altrettanto ampia diversità in termini di biodiversità, distribuita per la maggior parte al di fuori delle aree protette, e che spesso vive a stretto contatto con gli umani e le loro attività (ad esempio, nelle aree urbane e periurbane). Per preservare tutta la biodiversità italiana, dunque, bisogna concentrarsi anche sulle aree naturali non protette, su quelle degradate, su quelle fortemente antropizzate.

Inoltre, è importante riportare la natura e la biodiversità all’interno delle aree urbane: un’iniziativa che – è dimostrato da molti studi scientifici – apporta benefici tanto agli ecosistemi quanto alle società umane, soprattutto in termini di salute mentale e fisica. NBFC sta conducendo studi e ricerche per supportare i piani di forestazione urbana già finanziati dalle istituzioni italiane, e sta eseguendo impianti sperimentali in alcune città italiane nei quali sono stati coinvolti anche i cittadini in un’opera di co-progettazione degli spazi urbani.

Soluzioni basate sulla natura

Uno dei pilastri d’azione del NBFC è il ripristino degli ecosistemi degradati. In questa direzione, il Centro ha scelto – in linea con la direzione imboccata dal legislatore europeo – di privilegiare le soluzioni ispirate alla natura (Nature-based Solutions, NbS), definite dall’ONU come «azioni per proteggere, conservare, ripristinare, utilizzare in modo sostenibile e gestire le risorse naturali gli ecosistemi terrestri, d’acqua dolce, costieri e marini naturali o degradati che affrontano le sfide sociali, economiche e ambientali in modo efficace e adattativo, fornendo allo stesso tempo benessere umano, servizi ecosistemici, resilienza e benefici per la biodiversità».

A fare da supporto a tutte le attività di tutela e ripristino da attuare a livello locale e nazionale sarà una piattaforma nazionale di raccolta delle informazioni sulla biodiversità italiana che – viene spiegato nel rapporto – «funge da gemello digitale – digital twin – per il monitoraggio, conservazione per collegare la biodiversità alle funzioni e servizi ecosistemici. Questa piattaforma multilivello è uno strumento fondamentale per la comunità scientifica nazionale e internazionale, per i decisori politici e per gli enti interventisti che sono chiamati a tutelare la diversità biologica nei diversi contesti ambientali».

Il valore della biodiversità nel tempo

Tutti questi progetti sono pensati non per concludersi con la fine del finanziamento europeo (metà 2026), ma per restare: l’obiettivo del Centro consiste nel creare un database e nell’istituire una serie di piattaforme e buone pratiche che potranno costituire la base per le politiche ambientali dei prossimi anni. Con le sue attività di ricerca, NBFC mira ad «abilitare prassi innovative» in ambito di monitoraggio, conservazione, ripristino e valorizzazione, mira a realizzare partenariati virtuosi con il mondo imprenditoriale diffondendo strumenti innovativi e, attraverso le attività di formazione, mira a sviluppare competenze che potranno essere spese nei prossimi anni a favore della collettività (umana e non).

In virtù di questo sguardo rivolto al futuro, uno dei più importanti lasciti del NBFC sarà il Gateway della Biodiversità, un repository di tutte le conoscenze, i dati e le linee guida che saranno state prodotte dai ricercatori alla fine del progetto. Il Gateway – si chiarisce nel rapporto – «[sarà] strutturato sulla base di una forte infrastruttura digitale e un insieme di presenze fisiche. L’infrastruttura digitale è composta da un portale per la fruizione delle informazioni da parte della comunità e una piattaforma per l’accesso ai dati raccolti e registrati dai ricercatori. Le sedi fisiche principali si trovano a Palermo e Venezia, dove si concentrano rispettivamente i servizi necessari a disegnare e supportare progetti di collaborazione scientifica e tecnologica, soprattutto nel Mediterraneo, e i servizi per accelerare l’innovazione tecnologica e il lancio di iniziative imprenditoriali orientate a valorizzare la scienza della biodiversità». L’obiettivo è di «modificare la traiettoria di sviluppo culturale e la consapevolezza della società italiana nei confronti della biodiversità», mettendone in luce il valore e rendendola attrattiva per i portatori di interesse esponendo «al sistema delle imprese le opportunità offerte dalla scienza e dalla tecnologia sviluppata nell’ambito della ricerca sulla biodiversità».

A sottendere gli sforzi di ricerca di questo Centro, dunque, vi è la volontà di operare un vero e proprio cambiamento di mentalità nei confronti del patrimonio naturale del nostro Paese, favorendo la comprensione del suo valore intrinseco e della sua importanza per la nostra stessa esistenza.

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