CULTURA

Da case dei libri a case di tutti

E se ripartissimo dalle biblioteche? Se oltre che su repressione e sicurezza (come nel recente  ‘Decreto Caivano’) si decidesse di puntare sui luoghi di cultura per creare benessere e relazioni, aiutando a prevenire e a curare il disagio individuale e sociale? Ci hanno provato a Medellín (Colombia), nota soprattutto per la criminalità legata al narcotraffico, dove la creazione di un sistema di nove Parchi bibliotecari ha contribuito a cambiare il volto della città, con un crollo verticale degli omicidi rispetto agli anni ’90.

“Anche qui abbiamo bisogno di luoghi come questi, capaci di togliere i ragazzini dalla strada: in Francia ad esempio le nuove biblioteche venivano spesso aperte proprio nei quartieri più difficili”, spiega a Il Bo Live Antonella Agnoli, autrice de La casa di tutti. Città e biblioteche (Laterza 2023). Attenzione però: non si parla di luoghi pensati esclusivamente per la consultazione di libri ma di spazi pubblici e gratuiti per incontrarsi, formarsi, accedere a servizi essenziali, collegarsi a internet per mandare un curriculum o richiedere un sussidio. Perché, tra le tante cose, le biblioteche sono preziose anche per colmare il digital divide, non solo tra gli anziani.

Intervista di Daniele Mont D'Arpizio, montaggio di Barbara Paknazar

Diversi gli esempi riportati nel libro, a partire dalla Dokk1, inaugurata nel porto di Aarhus in vista della designazione della città danese a capitale europea della cultura nel 2017. Qui la campana tubolare di bronzo più grande al mondo, alta sette metri e mezzo, risuona ogni volta che nel vicino ospedale universitario viene al mondo un bambino: un modo iconico e sonoro di rompere i cliché su scaffali polverosi e cartelli che invitano al silenzio, rappresentando e al contempo aiutando a forgiare quel senso di partecipazione e di appartenenza alla comunità di cui si sente tanto il bisogno.

“Oggi abbiamo più che mai bisogno di luoghi che diano fiducia, luoghi di eguaglianza dove l'energia sociale possa trovare espressione e, cosa estremamente importante, dove si possa incontrare qualcuno uscendo dalla propria bolla”, continua Agnoli, che dopo aver fondato e diretto per oltre 20 anni la Biblioteca di Spinea (Venezia) si è dedicata soprattutto all’attività di consulente, curando la nascita e la crescita di tanti progetti in tutta Italia e non solo. Essenziale è l’aspetto di quelli che sono stati definiti legami deboli, i rapporti di semplice conoscenza e di sporadica frequentazione che sono stati falcidiati soprattutto dalla pandemia e dall’esplosione del lavoro a distanza: “Da tempo si è capito che paradossalmente è più facile trovare lavoro in biblioteca, o magari in un caffè o dal parrucchiere piuttosto che negli uffici preposti, proprio perché in questi luoghi si entra in relazione con persone provenienti da ambiti diversi dal proprio. Sono i ‘terzi luoghi’ che moltiplicano le possibilità di chi li frequenta, studiati a lungo dal sociologo americano Ray Oldenburg”.

Oggi in Italia le biblioteche sono l’infrastruttura culturale più diffusa e capillare: 7.459 tra pubbliche e private censite dall’Istat nel 2020, che diventano 12.467 se si considerano anche quelle scolastiche, contro 4.265 tra musei, siti archeologici e monumenti e circa 4.400 librerie; 50 milioni gli accessi nel 2019, mentre sono 7,8 milioni gli utenti fisici che nello stesso anno hanno ricevuto almeno un servizio. Tutto bene allora? No, perché c’è ancora molto da fare. Sono 2.869 i comuni senza biblioteca, soprattutto i piccoli centri e al sud, mentre 1,3 milioni di italiani vive in zone in cui non c’è un solo evento culturale in tutto l’anno, si tratti di un concerto, di uno spettacolo teatrale o della proiezione di un film.

Le biblioteche in quest’ottica sono essenziali non tanto per chi legge già ma soprattutto per estendere un welfare culturale capace di produrre benessere: in particolare a chi, per ragioni economiche e sociali, non ha altri strumenti a disposizione oltre alla televisione e al proprio smartphone. Per questo è particolarmente importante che l’opinione pubblica e gli amministratori percepiscano il ruolo strategico di queste ‘case di tutti’: una battaglia alla quale Agnoli si dedica da anni con passione di militante civile e politica e su cui si gioca il futuro delle nostre città e dei nostri quartieri, oltre che il nostro stesso concetto di cittadinanza e di partecipazione. “Un popolo colto  – disse il libertador argentino Manuel Belgrano (citato nel libro) – non potrà mai essere ridotto in schiavitù”.

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