SCIENZA E RICERCA

Energia geotermica: uno sguardo d'insieme a una fonte rinnovabile poco considerata

Ridurre la dipendenza dai combustibili fossili è una necessità che non può più essere rimandata. Ce lo chiede il clima che, come sappiamo, è la cartina di tornasole della sofferenza del pianeta e degli effetti del riscaldamento globale. Ma se non bastassero le evidenze ambientali è anche il contesto politico internazionale a ricordarci quanto sia rischioso lasciare che le forniture energetiche dipendano in maniera preponderante da un unico Paese. In qualità del maggiore esportatore di petrolio e gas combinati al mondo, la Russia gioca un ruolo chiave nel complesso mosaico dell’energia globale e la guerra in Ucraina ha reso ancora più evidenti le conseguenze, economiche e pratiche, di questa dipendenza.

L’intera Unione Europea si rivolge infatti in larghissima scala proprio alla Russia per importare combustibili fossili e dal momento che con il piano REPowerEU, presentato a maggio, l’Europa ora punta a fare a meno di due terzi del gas russo entro fine anno e rinunciarvi completamente entro il 2027, non vi è dubbio che la sfida epocale della transizione ecologica e della lotta al cambiamento climatico richieda di percorrere convintamente una strada nuova e di accelerare in modo convinto sulle fonti rinnovabili.

In questo ambito solare ed eolico ricoprono la parte principale ma c’è una risorsa, di cui l’Italia è particolarmente ricca, che tende a non essere sufficientemente considerata rispetto alle possibilità che potrebbe offrire, soprattutto adesso che le tecnologie cominciano ad essere realmente mature. Scendendo all’interno della Terra la temperatura infatti aumenta di circa 3 gradi ad ogni 100 metri di profondità e per poter sfruttare questo calore naturale (vedremo tra poco da dove proviene) è sufficiente arrivare appena al di sotto dei primi metri, quelli in cui il terreno risente delle variazioni stagionali della temperatura dell'aria e il gradiente fluttua di conseguenza.

Quando l'obiettivo è l'utilizzo diretto dell'energia geotermica come energia termica ovvero calore, senza ulteriori conversioni in altri tipi di energia, si ricercano risorse a bassa entalpia (temperature inferiori a 90 gradi centigradi) utilizzabili mediante sistemi di teleriscaldamento e/o con l'ausilio di pompe di calore geotermiche che possono quindi essere distribuiti su un territorio molto esteso perché non richiedono una particolare "vocazione" da parte della geologia del sottosuolo.

Le risorse di alta entalpia, caratterizzate da temperature superiori rispettivamente ai 90 e ai 150 gradi centigradi, sono invece indicate per l'ottenimento di energia elettrica  e in Italia sono presenti in alcune aree lungo il margine peri-tirrenico, tra cui spicca la Toscana che ad oggi resta di fatto l'unico bacino geotermico del nostro Paese dedicato alla produzione geoelettrica. E' lì che oltre un secolo fa per la prima volta nel mondo venne generata elettricità a partire dal calore terrestre: Larderello, piccola frazione in provincia di Pisa, è stata ribattezzata così in onore dell'ingegnere livornese di origine francese, François Jacques de Larderel, che per primo ebbe l’intuizione di sfruttare i soffioni boraciferi presenti sul territorio a fini industriali. Diversi decenni più tardi fu poi il principe Piero Ginori Conti, succeduto a Larderel nella proprietà dell’industria boracifera toscana, a perfezionare le tecniche fino a far sorgere una vera e propria centrale geotermica su scala industriale e attualmente la Toscana, grazie al bacino che oltre a Larderello comprende anche l'area del Monte Amiata, riesce a coprire il 30% del suo fabbisogno elettrico grazie alla geotermia. 

Dopo un lungo periodo di stallo oggi in Italia si torna a parlare più convintamente di geotermia. Da un lato c'è certamente la necessità di puntare sulle energie rinnovabili e da questo punto di vista il calore della Terra è una fonte che presenta molti vantaggi visto che, diversamente da solare ed eolico, non è condizionata dalle condizioni meteo. Dall'altro lato il progresso tecnologico e scientifico consente, più di quanto non sia accaduto in passato, di limitare le emissioni di CO2 rilasciate dalle centrali geotermiche, comunque nettamente inferiori rispetto a quelle delle centrali elettriche a combustibili fossili. Inoltre, anche i rischi legati alla sismicità indotta possono essere tenuti sotto controllo grazie a un attento monitoraggio e alla rinuncia alle tecnologie più "stressanti" localmente per il sottosuolo.

Di geotermia abbiamo parlato a tutto tondo con Eloisa Di Sipio, ricercatrice del dipartimento di Geoscienze dell'università di Padova specializzata in questo ambito di studi. Insieme a lei abbiamo ripercorso i meccanismi che consentono all'interno della Terra di continuare a offrire calore, delle modalità con cui è possibile utilizzarlo a scopi industriali, delle tecnologie innovative che si affacciano sul mercato e delle principali conoscenze scientifiche in termini di ricadute ambientali e microsismicità. 

Da dove proviene il calore presente all'interno della Terra

Come ci ricordano le parole greche γεο (geo) e θερμοσ (thermòs) che ne compongono il nome, la geotermia è l’energia termica (calore) immagazzinata sotto la superficie della Terra. 

Questa energia, spiega la ricercatrice Eloisa Di Sipio, deriva per circa il 30% dal calore primordiale della Terra, con il lento processo di raffreddamento del nostro pianeta fin dalla sua formazione e per la restante parte dal decadimento degli isotopi radioattivi a lunga vita contenuti nei minerali delle rocce crostali. A questo si aggiunge il contributo, piccolo ma importante per la superficie terrestre, della radiazione solare

"Quando parliamo di energia geotermica, ci riferiamo quindi alla porzione di energia termica della Terra a cui possiamo accedere, portandola sulla superficie terrestre e utilizzandola per i nostri scopi. Il continuo rilascio di calore dall’interno della Terra produce una diminuzione generale della temperatura dalla parte interna del pianeta verso la superficie. Poiché noi accediamo al sottosuolo dall'alto, tendiamo a pensare che la temperatura aumenti man mano che scendiamo in profondità".

"Il gradiente geotermico, cioè la variazione di temperatura con la profondità, dipende dal flusso di calore e dalla conducibilità termica delle rocce. I valori più alti, 40-80 °C km-1, si osservano nelle aree vulcaniche o dove la crosta è particolarmente assottigliata, ad esempio nelle dorsali medio-oceaniche (Islanda) o dove il magma è vicino alla superficie (aree vulcaniche). Nelle zone di subduzione (Giappone) o nelle aree continentali stabili (Canada, Svezia), il gradiente è più basso della media, in genere circa 20-30 °C km-1 . Valori pari a 30 °C km-1 sono considerati rappresentativi di un gradiente geotermico normale (Pianura Padana).”

Entro una profondità di pochi metri, il terreno risente delle variazioni stagionali della temperatura dell'aria e il gradiente fluttua di conseguenza. Appena al di sotto di questa profondità (circa 5-10 metri), la temperatura del terreno è sostanzialmente stabile e uguale alla temperatura media dell'aria, 'effetto utilizzato anche nelle cantine per la conservazione di cibi e vini. A profondità maggiori subentra il gradiente geotermico "planetario".

"Quindi, conoscenze legate alla geologia del sottosuolo (tipologia di rocce e disponibilità di fluidi), al gradiente geotermico e alle proprietà termiche del terreno sono essenziali per capire come sfruttare al meglio questa risorsa energetica, per produrre sia calore che energia elettrica vera e propria", continua la ricercatrice del dipartimento di Geoscienze dell'università di Padova.

Qualche dato sul potenziale dell'energia geotermica nel mondo e in Italia

Secondo i dati diffusi in occasione dell'ultimo World Geothermal Congress (che era in programma nel 2020 ma è stato ritardato di un anno a causa della pandemia) la capacità geotermica installata oggi rappresenta meno dell'1% della risorsa geotermica globale. Gli spazi di crescita sono dunque ancora enormi anche se ogni ragionamento sul potenziale di questa fonte rinnovabile non può essere in termini assoluti, ma deve comprendere valutazioni di ordine tecnico ed economico. 

Se si guarda l'andamento dal 2010 ad oggi si vede che il trend globale è in crescita: nel 2020 i 30 Paesi del mondo che hanno sul proprio territorio impianti geotermoelettrici hanno generato 95,098.40 GWh di elettricità grazie a una potenza installata che ha raggiunto quota 15,950.46 MW e che, secondo le previsioni per il 2025, è destinata ad aumentare fino a 19,331.01 MWe.

"I Paesi con la maggiore capacità geotermica totale installata di energia elettrica prodotta da fonti geotermiche (in ordine decrescente) sono: Stati Uniti, Indonesia, Filippine, Turchia, Nuova Zelanda, Messico, Italia, Kenya, Giappone e Costa Rica. L'Indonesia ospita quattro delle più grandi centrali geotermoelettriche del mondo, con Gunung Salak la più grande con 375 MWe. Al ritmo annunciato con cui l'Indonesia intende sviluppare le sue considerevoli risorse geotermiche, è possibile che superi gli Stati Uniti e diventi il leader del mercato mondiale entro il 2027", spiega la ricercatrice Eloisa Di Sipio.

Per quanto riguarda invece gli usi diretti del calore geotermico (comprese le pompe di calore geotermiche) guadando ai MWt installati i Paesi leader sono Cina, Stati uniti e Svezia, mentre rapportando il dato alla popolazione spiccano Islanda, Svezia e Finlandia. Complessivamente la potenza termica installata per l'utilizzo diretto alla fine del 2019 era pari a 107.727 MWt. Dando uno sguardo alle principali destinazioni d'uso si scopre che quasi il 60% dell'energia termica è impiegata per le pompe di calore geotermiche, il 18% per la balneazione, il 16% per il riscaldamento degli ambienti (di cui il 91,0% per il teleriscaldamento), il 3,5% per il riscaldamento delle serre. Seguono poi altri utilizzi come le applicazioni industriali, il riscaldamento dei laghetti e delle piste di acquacoltura e l'essiccazione dei prodotti agricoli. 

"Significa che a livello globale si risparmiano quasi 600 milioni di barili (81,0 milioni di tonnellate) di petrolio equivalente all'anno, evitando che 252 milioni di tonnellate di CO2 vengano rilasciate nell'ambiente", osserva Di Sipio.

Passando ad analizzare nel dettaglio i dati italiani, nonostante la presenza di diverse aree caratterizzate da risorse geotermiche ad elevata temperature, oggi nel nostro Paese si produce energia geotermoelettrica solamente in Toscana e a gestire il più antico complesso geotermico del mondo è Enel Green Power.

"Nel 2018, con una capacità installata di 915,5 MWe (807 MWe di capacità efficiente), 37 unità di generazione e oltre 500 pozzi gestiti, la produzione lorda di energia elettrica ha raggiunto circa 6,1 miliardi di kWh, (il record di energia elettrica prodotta da risorsa geotermica in Italia è stato raggiunto nel 2016 con circa 6,3 miliardi di kWh). Sebbene il contributo della generazione elettrica geotermica sia solo il 2,1% dell'intera generazione italiana, copre oltre il 30% del fabbisogno elettrico in Toscana", approfondisce la ricercatrice del dipartimento di Geoscienze dell'università di Padova.

In Toscana, inoltre, si trovano anche diverse applicazioni dirette del calore geotermico. Tuttavia gli usi termici sono diffusi sul territorio nazionale, con sistemi di teleriscaldamento (DH) per lo più localizzati al nord e altri usi diretti con pompe di calore geotermiche (GSHP) distribuiti su un territorio molto più ampio.

"La capacità totale installata, vale a dire l'energia geotermica istantanea massima erogabile dal sistema in condizioni operative ben definite e dichiarate, in Italia ammonta a 1424 MWt, con un consumo di energia termica (misura dell'utilizzo dell'energia) corrispondente di circa 10915 TJ/anno. La quota principale è detenuta dal settore del riscaldamento degli ambienti, seguito dalla balneologia termale e dalla piscicoltura. Le applicazioni agricole, i processi industriali e altri usi minori rappresentano complessivamente circa l'8% dell'utilizzo totale dell’energia termica di origine geotermica”.

Differenti tecnologie a seconda che si debba produrre energia elettrica oppure calore e acqua calda

Per secoli l'acqua geotermica di superficie è stata utilizzata per il riscaldamento e per scopi terapeutici o per l'estrazione di elementi e minerali. Negli ultimi cento anni le tecnologie geotermiche hanno rivoluzionato questo concetto. Oggi, a seconda della temperatura del fluido, le acque geotermiche sono utilizzate per molte applicazioni diverse, tra cui la generazione di energia elettrica, che è l'uso più importante delle risorse geotermiche ad alta temperatura (solitamente superiore a 120 °C). 

Come già detto in precedenza l’utilizzo di una risorsa geotermica dipende infatti dalla temperatura disponibile della sorgente. "In genere temperature superiori ai 90-100°C sono considerate valide per la produzione di energia elettrica, tra 20 e 90 °C sono idonee per opere di teleriscaldamento, mentre temperature inferiori ai 20°C sono adatte per essere sfruttate con l’ausilio di pompe di calore geotermiche", ricorda Di Sipio.

In primo luogo occorre cercare localmente aree in cui sia disponibile un fluido termovettore, in genere acqua o vapore, in grado di trasportatore il calore. "Se, come accade nel bacino geotermico della Toscana, troviamo questo fluido già sotto forma di vapore abbiamo un vantaggio notevole nel poterlo utilizzare direttamente, una volta estratto, per far girare delle turbine nelle centrali e ottenere così energia elettrica", spiega la ricercatrice del dipartimento di Geoscienze, ricordando inoltre che una normale centrale per la produzione di energia elettrica ha bisogno di petrolio per generare il movimento che andrà a muovere la turbina.

A seconda della temperatura iniziale che troviamo nel terreno le soluzioni tecnologiche adottate possono essere differenti. "Ad esempio, se abbiamo un fluido la cui temperatura è intorno a 100°C dobbiamo utilizzare degli scambiatori. Esistono anche centrali ibride che combinano il tipo di centrale geotermica stand-alone con un'altra fonte di calore, ad esempio l'energia solare a concentrazione o la biomassa, per aumentare la temperatura del fluido geotermico e, quindi, produrre più energia elettrica. Un altro modo importante per migliorare l'efficienza e ottimizzare il profilo economico dei progetti geotermici è l'utilizzo di varie applicazioni per la produzione combinata di energia e riscaldamento e/o raffreddamento (CCHP, Combined Cool, Heat and Power). Diversi progetti in Europa (ad esempio in Baviera, Germania) e nel mondo producono sia calore per il teleriscaldamento che energia elettrica e si prevede che la CCHP aumenti, soprattutto in Europa e in altre aree ad alta densità di popolazione, ove le condizioni locali siano favorevoli a questo tipo di soluzione. È buona prassi inoltre progettare usi a cascata del fluido geotermico, ovvero prevedere lo sfruttamento sequenziale del calore geotermico attraverso l'integrazione di diverse tecnologie che utilizzano temperature progressivamente più basse. Nel prossimo futuro si prevede un ulteriore sviluppo degli usi a cascata, poiché migliora l'efficienza energetica della risorsa geotermica e offre vantaggi alla comunità locale. Esempi tipici sono la combinazione di centrali geotermoelettriche o di teleriscaldamento con serre o progetti dedicati all’allevamento ittico, o anche con centri di idroterapia e terapia termale, come la famosa Laguna Blu in Islanda”.

Ma un'interessante caratteristica dell'energia geotermica è che può essere utilizzata direttamente come calore senza ulteriori conversioni in altri tipi di energia. Un aspetto di non poco conto se consideriamo che, soprattutto nei Paesi freddi, la domanda di calore rappresenta una quota significativa del consumo finale di energia per il riscaldamento degli ambienti. Quando la finalità sono gli usi termici "si prelevano dal terreno i fluidi geotermici (solitamente acqua calda a circa 90°C) per portarli ad una centrale termica dove, prima di essere reiniettati nel terreno per mantenere la risorsa nel tempo, cedono calore ad un fluido termovettore (solitamente acqua) inserito nella rete di trasporto e distribuzione convogliando il calore geotermico nelle abitazioni".

Questa è la tecnologia nota come teleriscaldamento, le cui reti in Italia stanno attraversando una fase di sviluppo. La terza edizione del rapporto “Teleriscaldamento e teleraffrescamento in Italia”, pubblicata da GSE, spiega che alla fine del 2019 risultavano in esercizio circa 330 sistemi di riscaldamento (o raffrescamento) a distanza diffusi in oltre 280 comuni. L'estensione complessiva è di circa 5.000 km e la potenza termica installata arriva a 9,6 GW.

Quando le temperature di partenza sono inferiori (≈ 20 °C) si ricorre invece alle pompe di calore geotermiche che permettono di rendere gli edifici ad uso residenziale più efficienti dal punto di vista termico e di climatizzarli sia in caso di riscaldamento che di raffrescamento. "Se vogliamo ottenere energia elettrica al momento siamo limitati a dove troviamo temperature molto alte nel terreno, ovvero a condizioni geologiche molto particolari (presenza di anomalie geotermiche importanti con gradienti elevati). Per produrre invece energia termica e climatizzare diverse tipologie di edifici, basta conoscere il sottosuolo e in
teoria possiamo utilizzare ovunque degli scambiatori di calore associati a pompe di calore geotermiche. Le differenze sono anche le profondità di interesse: nel primo caso parliamo di 3 o 4 chilometri, mentre nel secondo si parte da 5-10 metri per arrivare al massimo fino a 200 metri", riassume Eloisa Di Sipio.

Impatti ambientali e microsismicità

Passando ad analizzare gli impatti ambientali collegati allo sfruttamento industriale dell'energia geotermica si osserva che "il principale effetto sull'ambiente è collegato alle attività di perforazione sia che si tratti di perforazioni poco profonde per l’installazione di scambiatori di calore che di perforazioni profonde per pozzi di produzione e di iniezione". Bisogna poi considerare, soprattutto nella realizzazione di impianti con scambiatori di calore e pompe di calore geotermiche, l'interferenza termica con l'ambiente e gli impianti vicini, perché "se noi sfruttiamo per anni un impianto (in genere il periodo di
utilizzo si aggira sui due decenni) e successivamente ne costruiamo altri nelle vicinanze, dobbiamo capire cosa succede nel terreno nel lungo periodo e come ogni impianto può influenzare quelli vicini. Bisogna quindi prestare attenzione a non compromettere l'efficienza di uno di questi impianti nel tempo, sottovalutando, per esempio, l’influenza sulla sua resa degli impianti vicini, costruiti magari in fasi successive”.

"Se invece parliamo di impianti più profondi il nodo centrale è l’estrazione di fluidi di cui dobbiamo conoscere la composizione chimica, per creare eventualmente degli abbattitori che siano in grado di contenere il rilascio di emissioni di gas potenzialmente pericolosi, se presenti", approfondisce la ricercatrice, ricordando però che la CO 2 rilasciata è sempre inferiore rispetto a quella prodotta dai sistemi che si basano sui combustibili fossili.

Un altro rischio, che riguarda in particolare i sistemi a circuito aperto per la produzione di energia elettrica, è quello della sismicità indotta. "Il prelievo e/o la reiniezione di fluidi geotermici può innescare o aumentare la frequenza di eventi sismici in aree tettonicamente attive, come quelle vicine ai confini delle placche dove si trovano aree geotermiche ad alta temperatura. In queste aree, l'iniezione di fluidi tende a rilasciare lo stress tettonico accumulato. Questi piccoli eventi, la maggior parte dei quali sono rilevati da strumenti specifici, sono aumentati di numero. Studi di correlazione in aree geotermiche attive da molti decenni hanno mostrato, tuttavia, che la magnitudo degli eventi non è aumentata rispetto alla magnitudo massima registrata finora", spiega Eloisa Di Sipio.

Eventi sismici indotti sono stati osservati in alcuni progetti geotermici (Basilea in Svizzera, Monaco in Germania), mentre molti sistemi sono stati operativi per decenni senza generare alcuna sismicità. "La sismicità indotta non è necessariamente un problema. La maggior parte degli eventi sismici non è abbastanza grande da essere percepita in superficie. Inoltre, alcuni progetti geotermici sono situati in aree remote e/o in zone che hanno già un alto tasso di sismicità naturale. Qui i terremoti indotti passano in genere inosservati e non destano alcuna preoccupazione, a meno che la magnitudo dell'evento sia così grande da essere percepita con forza. Tuttavia, in alcuni progetti geotermici, il verificarsi della sismicità indotta in aree densamente popolate ha causato danni ad abitazioni e infrastrutture e creato preoccupazione a livello sociale", osserva la ricercatrice.

Un recente studio del 2019, analizzando un totale di 85 casi in vari impianti geotermici, ha riscontrato che la maggior parte degli eventi sismici indotti si è verificata in aree tettonicamente attive. "E' però difficile che si inneschino terremoti di grande entità. Inoltre, bisogna conoscere molto bene la geologia della zona per comprendere come lo scambio dei fluidi possa innescare questi fenomeni", precisa Di Sipio.
Diversi progetti di ricerca sono attualmente incentrati su questo aspetto e l'iniezione di fluidi nel sottosuolo viene solitamente monitorata con attenzione. All'inizio dei progetti vengono inoltre stabiliti dei protocolli per la gestione degli allarmi sismici. “Una possibile soluzione per evitare il pericolo della sismicità indotta è anche l'utilizzo di scambiatori geotermici profondi a circuito chiuso (che non comunicano con l'esterno)", puntualizza la ricercatrice del dipartimento di Geoscienze dell'università di Padova. 

Il problema dunque esiste "ma bisogna conoscere molto bene la geologia della zona e come lo scambio dei fluidi possa innescare questi fenomeni. Una possibile soluzione è l'utilizzo di scambiatori profondi chiusi", puntualizza la ricercatrice del dipartimento di Geoscienze dell'università di Padova. 

Quale geotermia per il futuro?

Le sfide ancora aperte per la geotermia del futuro sono diverse e mirano a rendere l'uso di questa risorsa ancora più efficiente e sostenibile. Naturalmente ci sono differenze importanti a seconda che l'obiettivo sia l'impiego diretto a scopi termici oppure la produzione di energia elettrica. "Nel primo caso la sfida è adattare la tecnologia agli edifici già esistenti", spiega Di Sipio. Quasi la metà di tutti gli edifici residenziali europei è stata infatti costruita prima del 1970 e dunque, come ricorda la stessa Ue, la riqualificazione delle case esistenti allo scopo di incrementare l’efficienza energetica assume la stessa importanza della costruzione di nuove case a energia zero. "Quando si tratta di abitazioni nuove gli studi hanno dimostrato che i tempi di ritorno dell'investimento sono molto promettenti, ma adesso l'idea è trovare una soluzione per rendere economicamente possibile l'applicazione di questi sistemi geotermici a pompe di calore in edifici già esistenti" continua la ricercatrice. 

"Qui a Padova insieme al professor Galgaro stiamo portando avanti un progetto europeo, denominato Geo4Civhic, che ha l'obiettivo di sviluppare tecnologie innovative per poter adottare questo tipo di soluzioni nei centri urbani, comprendendo anche gli edifici storici. Se invece parliamo di geotermia profonda una delle idee principali è quella di realizzare, anche partendo da pozzi precedentemente usati per perforazioni petrolifere e che adesso sono dismessi, dei sistemi chiusi per la produzione di energia elettrica o termica. Un'altra priorità è quella di migliorare le perforazioni che ci permettono di raggiungere queste profondità creando contestualmente questi sistemi chiusi. Per quanto riguarda questa linea di ricerca siamo capofila del progetto europeo DeepU che sta sviluppando un innovativo sistema di perforazione, basato sull’azione congiunta di laser e gas criogenico, finalizzato alla creazione di un sistema chiuso profondo di scambiatori di calore di forma a U per implementare lo scambio termico in profondità del calore", conclude Di Sipio. 

A metà giugno a Roma si sono intanto svolti gli Stati generali della geotermia a cui ha partecipato, tra gli altri, il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. Nel suo intervento Cingolani si è soffermato sulla necessità di "diversificare il più possibile l’approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili" e ha confermato che il decreto Fer2, molto atteso dal settore perché reintroduce gli incentivi alle tecnologie per produrre energia elettrica dalla geotermia, sia ormai in dirittura d'arrivo.

 

 

 

 

 

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