
Quando guardiamo un pulcino, sicuramente non ci viene da pensare a un animale feroce, eppure in un certo senso polli hanno le piume dei dinosauri. No, non stiamo parlando di un nuovo film della serie Jurassic Park, ma di una ricerca scientifica che ha scoperto come, con un piccolo trucco genetico, i polli possono sviluppare qualcosa di molto simile alle piume che avevano i loro cugini preistorici: una sorta di viaggio nel tempo biologico che ci permette di sbirciare nell’evoluzione delle piume.
Una storia che parte da molto lontano
Le piume non sono sempre state come le vediamo oggi, ma si sono evolute attraverso una serie di trasformazioni strutturali e funzionali. Pensiamo agli uccelli che conosciamo: piume lisce, colorate, perfette per il volo o per mantenersi al caldo nelle stagioni meno clementi. Ma se torniamo indietro di qualche milione di anni, scopriamo che le prime piume erano molto diverse: non erano eleganti strutture aerodinamiche, erano più simili a sottili filamenti, facevano un effetto simile a dei peli arruffati: da questa descrizione si capisce facilmente che non erano piume adatte per il volo, e che probabilmente servivano solo per la termoregolazione o il corteggiamento, un po' come accade oggi con quegli uccelli che oltre alle penne adatte al volo ne hanno anche alcune specializzate per il corteggiamento, come ad esempio i maschi del pavone e degli uccelli del paradiso.
Ma come siamo passati da questi filamenti semplici alle piume degli uccelli su cui ci incantiamo guardandoli (sì, anche quelle dei tanto vituperati piccioni)? La risposta sta nel DNA e nell’evoluzione e per capire le varie tappe di questo percorso bisogna dare un’occhiata al ruolo della via di segnalazione di Hedgehog, un meccanismo molecolare che regola la crescita di molte strutture negli animali, comprese le piume ma anche gli arti umani e il cervello. Lo studio ha ipotizzato che manipolando l’attività del gene Shh, cioè inibendolo durante lo sviluppo embrionale dei polli, si potesse osservare un ritorno alla morfologia più antica delle piume attuali.
In altre parole, gli scienziati hanno deciso di vedere cosa succedeva “spegnendo” Shh nei polli. Il risultato? Gli uccelli hanno iniziato a sviluppare strutture piumose molto simili a quelle dei loro antenati, già osservate nei fossili di dinosauri piumati come il Sinosauropteryx.
Come funziona l’esperimento?
Il team di ricercatori ha lavorato su embrioni di pollo, modificando l’espressione del gene Shh in determinate fasi dello sviluppo. Il gene Shh è fondamentale nella formazione delle piume, perché regola la proliferazione cellulare e l’organizzazione dei follicoli: bloccandolo temporaneamente con inibitori specifici, gli scienziati hanno osservato cambiamenti significativi nella struttura delle piume emergenti. Normalmente, le piume degli esemplari attuali si sviluppano attraverso un processo altamente organizzato in cui le cellule si dispongono in strati e generano strutture complesse, ma inibendo Shh il processo si è arrestato, facendo emergere strutture filamentose, meno organizzate e prive della tipica ramificazione delle piume a cui siamo abituati. L’esperimento ha dimostrato che i geni responsabili delle strutture ancestrali delle piume sono ancora presenti nel DNA degli uccelli attuali, ma normalmente non vengono attivati, a meno che, come in questo caso, non si intervenga artificialmente.
L’evoluzione a ritroso
Ciò che rende questa scoperta interessante è che mostra come alcune caratteristiche evolutive non vengano mai completamente cancellate dal nostro DNA, ma solo “spente”. Un po’ come se il nostro corpo conservasse l’archivio di tutte le versioni precedenti, pronte a essere riattivate con la giusta combinazione di segnali genetici: l’evoluzione conserva tracce del passato nel DNA e con le giuste manipolazioni genetiche è possibile riattivare caratteristiche ancestrali, offrendo così uno sguardo inedito sull’evoluzione delle piume e, più in generale, sull’evoluzione della vita sulla Terra.
Questo aiuta a capire meglio un concetto fondamentale dell’evoluzione: non è un processo lineare, ma un gioco di adattamenti, tentativi ed errori. Le piume moderne non sono nate dal nulla, ma sono il risultato di una lunga serie di modifiche successive alle versioni più primitive e il fatto che possiamo dare un’occhiata a queste versioni antiche ci aiuta a ricostruire il percorso che ha portato agli uccelli come li conosciamo oggi.
Questo esperimento è un’ulteriore conferma dell’ipotesi che la crescita delle piume sia stata un processo graduale. I dinosauri piumati non avevano ali pronte per il volo, ma strutture intermedie che per puro caso si sono rivelate utili al volo e vantaggiose in alcuni contesti ecologici, finendo per essere selezionate dagli antenati degli uccelli odierni.
A cosa serve tutto questo?
Oltre a farci sentire dei piccoli scienziati pazzi che giocano con il DNA, questa ricerca ha implicazioni molto importanti. Studiare come si sviluppano le piume può aiutarci a comprendere meglio l’evoluzione, ma anche a fare progressi nella medicina rigenerativa. Per esempio, capire i meccanismi alla base della crescita delle piume potrebbe fornire indizi su come far ricrescere capelli, pelle o addirittura tessuti danneggiati.
La via di segnalazione di Hedgehog, come dicevamo, è coinvolta in molte altre funzioni biologiche, compresa la formazione degli arti nei vertebrati e lo sviluppo del sistema nervoso: comprendere meglio questo meccanismo potrebbe avere applicazioni in campo medico, ad esempio per trattare malformazioni congenite legate a mutazioni di Shh.
E se potessimo riportare in vita altre piume perdute?
Un altro interrogativo affascinante riguarda la possibilità di sfruttare queste conoscenze per ricostruire tratti ancestrali negli uccelli moderni: alcuni esperimenti passati hanno mostrato come sia possibile modificare il becco dei polli per renderlo più simile a un muso di dinosauro. Ora sappiamo che anche le piume possono essere “riportate indietro nel tempo”, anche se per le leggi vigenti in America le uova non sono state fatte schiudere in nessuno dei due casi (gli studiosi hanno potuto vedere le piume sfruttando diverse tecniche di imaging e colorazione dei tessuti).
Ma fino a che punto possiamo spingerci senza creare per forza polli dall’aspetto giurassico? Per ora, questo tipo di ricerche serve solo a comprendere meglio il funzionamento dell’evoluzione, e per ogni ricerca c’è un comitato etico che vigila, ma sognare non costa nulla e magari un giorno potremmo usare queste scoperte per ricreare specie estinte… o almeno polli con un look più vintage come in questo caso, anche perché con le de-estinzioni bisogna andarci cauti o si rischia di sprofondare nel sensazionalismo, del tutto fuori luogo, come nel caso dei metalupi.
L’evoluzione non dimentica
Spesso pensiamo all’evoluzione come un processo che elimina caratteristiche obsolete per sostituirle con altre più adatte all’ambiente. In realtà, l’evoluzione somiglia più all’aggiornamento di un software che a una riscrittura totale del codice. I geni che un tempo servivano a costruire strutture ormai inutili non vengono necessariamente eliminati: possono restare silenti, inattivi, pronte a essere riattivati se le condizioni lo richiedono (o se gli scienziati lo trovano utile per un esperimento).
Questo significa che in ogni animale (compreso l’uomo) potrebbero nascondersi tracce del suo passato evolutivo: la natura non butta via nulla, ma piuttosto modifica e riadatta. I geni responsabili delle piume ancestrali non sono scomparsi, si sono solo trasformati e regolati diversamente, e allo stesso modo, alcuni, rari, esseri umani nascono con un atavismo caudale, cioè con una piccola coda, perché il nostro DNA conserva ancora istruzioni antiche per strutture ormai inutilizzate.
Dinosauri in incognito: guardare un piccione con occhi diversi
Pensare che i piccioni (o i polli, o qualsiasi altro uccello) siano di fatto dinosauri è un concetto curioso: sono cambiati, si sono adattati, ma il loro codice genetico porta ancora le tracce di quel passato, perché l’evoluzione non è un salto netto tra passato e presente, ma un continuum, un flusso di trasformazioni in cui nulla è veramente perduto.
Quindi, la prossima volta che vedremo un piccione camminare goffamente per strada, proviamo a immaginarcelo con artigli affilati e denti da predatore. Potrebbe non essere spaventoso come un velociraptor, ma è comunque un piccolo superstite di un’epoca lontana, una versione aggiornata di una storia evolutiva che ancora oggi continua a sorprenderci.