SCIENZA E RICERCA

Anche i pulcini riconoscono i volti

Se fate parte di quella categoria di persone che dopo un aperitivo in gruppo dimenticano subito le fattezze degli interlocutori che non conoscevano, c’è un’altra brutta notizia (oltre alla figuraccia se per caso li si incontra per strada il giorno dopo): persino un pulcino appena nato saprebbe riconoscere un volto. Non nel dettaglio, non potrebbe aiutare gli smemorati a ricordare che il Pancrazio che li sta salutando era lo stesso seduto al bar con loro il giorno prima, ma saprebbe comunque che quella che sta sopra il collo di Pancrazio è una faccia. Dopo certi aperitivi universitari non tutti potrebbero essere altrettanto abili nel breve termine. Ok, i pulcini non sono agenti segreti in grado di individuare criminali internazionali dopo le operazioni di chirurgia che hanno fatto per cambiare i connotati, ma si tratta comunque di un ottimo risultato per una creatura che nell’opinione comune non è certo la più intelligente del regno animale (“cervello di gallina” dice niente?).

Uno studio pubblicato su Pnas e condotto da un gruppo del CIMeC di Rovereto, coordinato da Giorgio Vallortigara, conferma che i pulcini sanno riconoscere la conformazione di un volto, anche se non ne hanno mai visto uno prima. Non è una questione banale, anzi, è stata storicamente dibattuta. Nei primati adulti, come le scimmie e gli umani, i neuroni specializzati nel riconoscere i volti si trovano in una parte specifica del cervello chiamata corteccia inferotemporale, però nei primati giovani sembrava che questi neuroni si attivassero in un secondo tempo, dopo che l'animale aveva visto tanti volti nella sua vita. Allora è l’esperienza che permette a questi neuroni di svilupparsi oppure sono già "programmati" geneticamente per riconoscere i volti ma hanno bisogno di tempo per attivarsi?

Un’altra domanda che può sorgere è: perché ci servono i pulcini? Non possiamo andare a studiare direttamente i neonati? In realtà è stato fatto, ma con i pulcini è meno complicato: è difficile che un neonato non dia neanche un’occhiatina alle facce di madre, medici e infermieri durante il parto, e comunque non possiamo dimostrarlo. Con i pulcini il discorso è diverso: non solo hanno un sistema visivo funzionante già alla nascita (a differenza di altri animali da laboratorio come i porcellini d’India), ma sono anche capaci di muoversi autonomamente fin dalla schiusa. Basta prendere l’uovo e cominciare a studiare determinati fenomeni da subito, senza che siano influenzati dall’esperienza, e questo ha portato alla conferma che la capacità di individuare la conformazione dei volti è innata.

Per scoprirlo, i ricercatori hanno progettato un esperimento rigoroso: sei pulcini domestici sono stati allevati in un ambiente completamente privo di stimoli facciali, e possiamo esserne sicuri perché, fin dalla schiusa, sono stati preservati da qualsiasi esposizione a volti umani o di altri animali, non potrebbero averli visti neppure per sbaglio, a differenza dei neonati. Gli sperimentatori, infatti, hanno adottato misure estreme per evitare che i pulcini potessero anche solo accidentalmente vedere un volto: durante tutto l'esperimento, infatti, hanno indossato maschere nere per coprire completamente il viso, e per fortuna non se le sono mai dimenticate addosso prima di andare a prelevare alla cassa della banca.

In questo contesto controllato, i pulcini di sei settimane sono stati esposti a una serie di stimoli visivi su uno schermo. Alcuni di questi stimoli erano configurazioni schematiche che ricordavano un volto (due punti sopra un elemento centrale, simili a occhi e bocca/becco), mentre altri erano configurazioni di punti disposti in modo casuale o secondo schemi non riconducibili a un volto.

Utilizzando elettrodi inseriti nel nidopallium caudolaterale (NCL), una regione del cervello degli uccelli associata a funzioni cognitive superiori, i ricercatori hanno registrato l'attività di singoli neuroni in risposta agli stimoli facciali e non facciali. I risultati sono stati sorprendenti: circa l'8% dei neuroni ha mostrato una forte risposta selettiva alle configurazioni facciali anche se i pulcini non avevano mai visto un volto. Questi neuroni, però, non rispondevano se gli mostravi solo un occhio o una bocca isolati, e non rispondevano nemmeno a schemi di punti messi a caso: questo indica che la capacità di riconoscere volti non dipende solo dall’esperienza, ma può essere qualcosa che il cervello ha già "di serie" appena si nasce, un meccanismo innato che esiste senza esperienze preesistenti.

Un altro aspetto interessante emerso dall'esperimento è stato il ruolo giocato dalla simmetria e dall'orientamento degli stimoli facciali. I neuroni selettivi per i volti nei pulcini rispondevano in modo più deciso alle configurazioni simmetriche e ben allineate rispetto a quelle asimmetriche. Quando gli occhi e il becco venivano spostati in modo irregolare (creando quelli che i ricercatori hanno chiamato “stimoli picassiani”), la risposta dei neuroni diminuiva drasticamente. Questo suggerisce che non è solo la presenza di elementi visivi simili a occhi e bocca a innescare una risposta neurale, ma anche la loro disposizione spaziale.

Oltre a fornire nuove informazioni sulla selettività facciale nei pulcini, questo studio ha implicazioni più ampie per la comprensione del cervello e dell'evoluzione. L'esistenza di meccanismi innati per la categorizzazione di stimoli visivi complessi come i volti suggerisce che alcune abilità cognitive siano state selezionate nel corso dell’evoluzione perché offrono vantaggi immediati in termini di sopravvivenza e riproduzione.

Magari i sapiens dall’altro lato dello schermo sono spiazzati da queste abilità, ma c’è anche una buona notizia: lo studio ci conferma che non siamo gli unici a soffrire di pareidolia, quel trucco del cervello che ci fa vedere facce anche dove non ci sono, per esempio nelle nuvole o anche in una presa elettrica, ma siamo in buona compagnia: anche i pulcini appena nati hanno questa caratteristica.

Non hanno mai visto una faccia in vita loro, eppure sono lì, pronti a identificare due puntini sopra una linea come se fosse il loro nuovo amico del pollaio. Insomma, è come se avessero un radar innato per i volti, tanto da scovarne perfino in schemi semplici e astratti. Certo, per loro non è questione di identificare un volto felice nella lavatrice o la faccia imbronciata del tostapane, ma questo meccanismo potrebbe essere stato molto utile per riconoscere un predatore o il genitore che porta il cibo: “Questo processo psicologico – dice Vallortigara – è il risultato di un meccanismo cerebrale naturale. È come se i nostri cervelli fossero dei diapason predisposti a essere sensibili a questa semplicissima configurazione di punti posti nelle posizioni giuste. Si tratta di stimoli che in natura non esistono. Nel mondo non ci sono faccine schematiche, però queste faccine platoniche sono il modo più economico per i cervelli di rappresentare qualcosa che assomigli a una faccia. Questi neuroni agiscono come una sorta di face detector, dei meccanismi che favoriscono l’apprendimento su una particolare categoria di stimoli, importanti dal punto di vista della vita sociale”. Insomma, sembra che la pareidolia sia una funzione così importante che persino i pulcini la praticano appena mettono la zampa nel mondo.

Il riconoscimento facciale è solo uno degli esempi più evidenti di come il cervello sia specializzato nell'elaborazione di informazioni visive fondamentali. Studi come questo aprono la strada a ulteriori ricerche sul modo in cui i meccanismi innati interagiscono con l'esperienza per plasmare il comportamento e le capacità cognitive. La presenza di questi meccanismi innati, secondo gli studiosi, è anche dovuta al fatto che imparare per prove ed errori non è economico per un cervello, e il rischio di sbagliare è troppo alto per la specie (se non distinguo la sua faccia,  un predatore che mi viene incontro potrebbe essere scambiato per qualcos’altro, e quando me ne accorgerò sarò già un pulcino masticato).

Ed ecco che per molte specie, non solo per i pulcini, riconoscere rapidamente un volto può essere una questione di vita o di morte: devono essere in grado di identificare velocemente un genitore o un conspecifico per poter essere nutriti e protetti, oppure distinguere un predatore per darsi velocemente alla fuga. È molto probabile quindi che l’evoluzione abbia favorito lo sviluppo di meccanismi cognitivi rapidi ed efficienti per il riconoscimento di volti e configurazioni simili, semplicemente perché chi non li aveva non trasmetteva i propri geni.

Anche se i pulcini non si uniranno mai a un social network e non dovranno mai presenziare al classico confronto all’americana dietro lo specchio nei dei film d’azione, possiamo dire che la loro capacità innata di riconoscere volti è comunque una dote utile per orientarsi nel mondo. Con un "software preinstallato" che permette loro di distinguere gli amici dai nemici già dalla nascita, sono pronti a decifrare i volti con precisione e non avranno mai bisogno di un corso accelerato di socializzazione.

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