SCIENZA E RICERCA
Il DNA antico testimonia gli incontri tra Europa e Maghreb orientale nel Neolitico

Doukanet el Khoutifa, Tunisia, dove sono stati rinvenuti alcuni resti. Foto: Giulio Lucarini
Il Neolitico, iniziato nel vecchio continente tra gli 11.000 e gli 8.000 anni fa, a seconda delle diverse aree geografiche, fu un momento di grande trasformazione nella storia umana. In questo periodo comparvero le prime forme di agricoltura e allevamento, che sostituirono gradualmente i sistemi di caccia e raccolta. Queste nuove forme di produzione alimentare si diffusero nel Mediterraneo con modalità e tempistiche differenti, seguendo le rotte migratorie di antichi navigatori, che viaggiavano da una sponda all’altra, con il loro bagaglio di conoscenza, cultura e tradizione.
Nel Maghreb orientale (l’area del Nord Africa che comprende la Tunisia e parte dell’Algeria), le conoscenze agricole vennero importate circa 7000 anni fa, con l’arrivo di popolazioni provenienti dall’Europa. Eppure, secondo i risultati di un recente studio pubblicato su Nature con la prima firma di Mark Lipson (Harvard University), le comunità locali non stabilirono rapporti molto stretti con i nuovi arrivati; l’agricoltura, infatti, non si diffuse nel Maghreb orientale fino al I millennio a.C.
Il gruppo internazionale di ricercatori - di cui hanno fatto parte anche alcuni studiosi del CNR - ha però individuato le tracce di un incontro molto più antico tra le popolazioni del Maghreb orientale e quelle europee, dovuto probabilmente all’arrivo via mare di cacciatori-raccoglitori provenienti dalla Sicilia alcuni secoli prima.
Gli autori hanno analizzato il dna di alcuni individui vissuti nel Maghreb orientale tra i 15.000 e i 6.000 anni fa, rinvenuti in quattro diversi siti archeologici tra l’Algeria e la Tunisia. Hanno così appurato che i primi agricoltori europei arrivati in queste aree circa 7000 anni fa – probabilmente dalla penisola iberica attraverso lo Stretto di Gibilterra – si mescolarono solo in minima parte con le popolazioni locali, che conservavano meno del 20% di geni di origine europea. Un dato sorprendente, soprattutto se confrontato con quanto emerso in studi precedenti, secondo cui nel Maghreb occidentale l’ascendenza genetica europea poteva arrivare fino all’80%.

Mappa dei siti archeologici nel Maghreb orientale. 1 Afalou bou Rummel. 2 Djebba. 3 Doukanet el-Khoutifa. 4 Hergla. Foto: Giulio Lucarini
Vicini, ma separati
L’indagine condotta da Lipson e coautori fornisce una importante prova genetica diretta a conferma di alcuni dati archeologici precedenti che suggerivano che le comunità maghrebine orientali, al contrario di quelle occidentali, continuarono a raccogliere lumache e piante selvatiche per molto tempo dopo l’arrivo dei contadini europei e che non adottarono l’agricoltura come metodo di sussistenza principale fino al I millennio. Sulla base dei loro risultati, Lipson e coautori ipotizzano che nel Maghreb orientale non ci fu una sostituzione del vecchio con il nuovo su larga scala, quanto piuttosto uno scambio graduale e limitato di conoscenze, con unioni sporadiche.
Secondo gli autori, questa “resilienza” culturale e genetica delle antiche popolazioni del Maghreb orientale potrebbe essere legata a un calo delle temperature che, in quel periodo, rese la regione meno adatta alle coltivazioni agricole rispetto al Maghreb occidentale, e quindi meno appetibile per i migranti europei. Questa ipotesi potrebbe anche spiegare perché le tracce di dna europeo sono più “diluite” nel patrimonio genetico delle comunità neolitiche del Maghreb orientale, rispetto a quelle delle regioni più a ovest.
Gli autori hanno inoltre rilevato nel dna degli antichi abitanti del Maghreb orientale tracce genetiche riconducibili a popolazioni levantine, giunte nella regione circa 6.800 anni fa, alcuni secoli dopo gli agricoltori europei. Questo nuovo flusso genetico è dovuto, probabilmente, all’arrivo di gruppi umani provenienti dall’Asia sudoccidentale, che introdussero in Nord Africa animali da allevamento come pecore e capre. Le popolazioni locali adottarono quindi la pastorizia, ma continuarono a praticare la raccolta di vegetali spontanei e la caccia alla selvaggina.
Tracce di un incontro precedente
Ma il dna di alcuni di questi antichi individui del Maghreb orientale racconta anche un’altra storia: quella di un contatto con popolazioni europee avvenuto in epoche più remote. I ricercatori hanno scoperto che un uomo in particolare, rinvenuto nel sito archeologico di Djebba, conservava tracce genetiche riconducibili a gruppi di cacciatori-raccoglitori europei, con i quali i suoi antenati dovevano essersi incrociati circa 8.500 anni fa. Dunque, sebbene i contatti con i primi agricoltori arrivati dall’Europa siano stati limitati, i maghrebini orientali potrebbero aver incontrato popolazioni provenienti dal continente già molto tempo prima, probabilmente giunte via mare dalla Sicilia.
Sfortunatamente, non sono stati trovati resti di imbarcazioni in Nord Africa risalenti a questo periodo. Le prime tracce di natanti ritrovate nel Mediterraneo sono alcune canoe scavate risalenti a 7000 anni scoperte nel lago di Bracciano.
In conclusione, i risultati di Lipson e coautori dimostrano che la transizione dalle economie di caccia e raccolta a quelle di produzione non avvenne uniformemente e contemporaneamente in tutte le aree del Mediterraneo e che la storia delle relazioni tra questi popoli durante il Neolitico è più complessa di quanto si credesse. Per questo, gli autori sperano di approfondire ulteriormente le dinamiche di trasformazione economica e culturale nel Nord Africa durante il Neolitico, attraverso il confronto di dati archeologici, antropologici e genetici.