CULTURA

La storia di Neil Armstrong inaugura la Mostra del cinema di Venezia

È iniziata la Mostra del Cinema di Venezia, la numero 75 dalla fondazione, con alcune proiezioni d’anteprima riservate alla stampa. L’inaugurazione ufficiale è in programma alle 19 di oggi, con la consegna del Leone d’Oro alla carriera a Vanessa Redgrave in Sala Grande di Palazzo del Casinò e seguita dalla proiezione ufficiale del film d’apertura, l’attesissimo First Man (Il primo uomo) diretto da Damien Chazelle.

Lo stesso direttore della Mostra Alberto Barbera ha dichiarato che "è un autentico privilegio poter presentare questo film in anteprima mondiale", e dopo averlo visto, non si fatica a capire il vero significato di queste parole. Al di là della trama che aderisce fedelmente ai vari progressi che hanno portato al primo allunaggio della nostra storia, è importante sottolineare il “come” sia stato reso sul grande schermo questo evento così importante per l'umanità.

Neil Armstrong è un nome che troviamo sui libri di storia

Partiamo da un semplice dato di fatto: tutti sappiamo che l’uomo, il 20 luglio 1969, ha messo piede sulla Luna, una conquista leggendaria per l’umanità che è stata trasmessa in diretta televisiva mondiale. Analizzando il tema in profondità però, a detta dello stesso regista Chazelle, si rimane sbalorditi di fronte alla follia e al pericolo dell’impresa. Per questo motivo ha deciso di girare il film come si farebbe con un reportage, con tanto di macchina da presa alla mano, focalizzandosi sulla vita della famiglia Armstrong. Dalla sua parte strumenti importantissimi come la biografia su Neil, i ricordi dei figli e della ex moglie Janet, e le testimonianze dei colleghi.

Neil Armstrong è un nome che troviamo sui libri di storia, ma si conosce meno il suo aspetto umano, si sa solo che l’impronta, la prima stampata sul suolo lunare, è la sua. Questo film, invece, segue come un testimone invisibile proprio questo umile ingegnere aerospaziale tanto geniale quanto tormentato. E ci è riuscito, attraverso una magistrale interpretazione di Ryan Gosling (al suo secondo lavoro insieme a Chazelle dopo La La Land), un lavoro certosino per realizzare inquadrature molto intime ed emotive, e la ricostruzione piuttosto fedele di ambientazioni e di strumentazioni.

A questo riguardo, stupisce non poco la differenza di strumentazione, e soprattutto di spazi, tra quella che viene usata in questo film (che riflette fedelmente quella che è stata utilizzata nella realtà) e quella che è stata immaginata e creata per altri film che, nel periodo storico dell’allunaggio, sono stati prodotti, come 2001: Odissea nello spazio, o la saga (sebbene leggermente più giovane) di Guerre Stellari. Le navicelle, quelle vere, sono piccole, strette e claustrofobiche. Non si tratta solo di strumentazioni, ma anche di mostrare la fatica delle preparazioni tecniche, della ricerca delle soluzioni ai problemi, della preparazione fisica che è rimasta celata dietro a una data su e un nome scritti sui libri di storia.

L’impianto musicale, e più in generale del sonoro, è ben riuscito: musica ed effetti puntuali, mai invadenti

Inoltre il film non perde l’occasione per evidenziare qual è stato il costo, sia per Armstrong che per gli Stati Uniti, di una delle missioni più pericolose della storia. Non solo economico, ma soprattutto in termini di vite umane. Mentre la questione economica viene solo brevemente accennata (“io non mi occupo di politica” dice a un certo punto Armstrong/Gosling nel film), la questione delle morti viene affrontata di petto e, anzi, è una sorta di tappeto rosso che accompagna il film, fin dalle prime scene. La perdita della figlia Karen per un tumore spingerà Neil sempre di più verso il lavoro, fino a consacrarsi a esso. In un certo senso, si sentirà pronto lasciare andare l’amata figlia solo di fronte al cratere lunare: un gesto che profuma un po’ di dedica, un po’ da estremo saluto. In evidenza anche il rapporto con gli altri due figli, con la moglie, con i colleghi, in un misto di silenzi e di emozioni taciute che rende palpabile il dolore e l'incapacità di parlare di certe emozioni.

Infine, una nota tecnica che potrebbe far valere al film qualche soddisfazione (e magari una statuetta dorata) riguarda il sonoro. L’impianto musicale, e più in generale del sonoro, è ben riuscito: musica ed effetti puntuali, mai invadenti, e il silenzio “lunare” che colpisce e fa molto più “rumore” di qualsiasi brano. Alcuni suoni, come ha rivelato il regista, sono stati presi in prestito dalla realtà (come il respiro all’interno della tuta spaziale), dalla storia (il discorso di Kennedy).

Il primo uomo di Chazelle ha dato, quindi, il via alla kermesse veneziana sotto il segno del progresso e della ricerca, la stessa che è stata necessaria per portare l’uomo sulla Luna 50 anni fa, e quella che continua a essere importante, sebbene spesso nascosta e silenziosa, per portare l'umanità verso il futuro.

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