CULTURA

Achille Castiglioni, una storia di famiglia e design

Cenni di un'antropologia famigliare alla Castiglioni recita il sottotitolo del bel libro giallo di oltre quattrocento pagine pubblicato all'inizio dell'anno da Corraini. E proprio quel “alla Castiglioni” è la chiave. Affetti e oggetti svela la vita e le visioni creative di un genio del design, Achille Castiglioni, mettendolo in relazione con la famiglia e gli amici. Nato a Milano il 16 febbraio 1918 e scomparso il 2 dicembre 2002, a vent'anni dalla sua morte, il figlio Carlo e la nipote Livia tornano a parlare di lui, raccontandolo da un punto di vista inedito, intimo, ironico e commosso, esplorandone non solo gli spazi professionali, ma anche e soprattutto le stanze private, ritrovandone le tracce nei pensieri, nei gesti, nei gusti, nelle fragilità, nei momenti di gioco, nelle conversazioni, senza dimenticare di raccontarlo come designer, innamoratissimo del proprio mestiere, autore di vere e proprie icone senza tempo - dalle lampade Parentesi e Arco alle sedute Mezzadro e Sella, passando per il cucchiaino da caffè Dry - e oggetti anonimi, che talvolta rappresentano caratteristiche formali che vengono ricordate, "quasi un’ombra evanescente, utile per completare il processo ideativo". 

Da tempo Corraini si occupa della storia del designer e architetto milanese e a lui ha già dedicato diversi volumi, tra cui Castiglioni in 2 sec, una serie di flip-book scritti dalla figlia Giovanna Castiglioni e Sara Vivan con i migliori progetti, dal radiofonografo RR16 a Parentesi, la lampada che scorre su un filo di metallo e si arresta dove più ci piace, e ancora La voce del maestro (2014) di Eugenio Bettinelli che si concentra sull'attività di Castiglioni come insegnante.

Architetto, designer, genio creativo, docente, fondatore dell’ADI nel 1956, a Castiglioni sono stati assegnati 9 Compassi d’oro, 14 delle sue opere sono al Moma di New York e molte altre nei più importanti musei del mondo, dalla Triennale di Milano al Prado di Madrid, dal Centre Georges Pompidou di Parigi al Victoria and Albert Museum di Londra. La bellezza di questo racconto risiede, prima di tutto, nel punto di vista, quello del figlio Carlo (che ha lavorato a quattro mani con la figlia Livia, nipote di Achille): entriamo in casa e in studio per osservare da vicino la quotidianità di un uomo e dei suoi affetti, i riti e le abitudini, tasselli che compongono un grande puzzle di relazioni, anticipando o accompagnando lo straordinario e più noto percorso creativo e professionale. Sbirciando dal buco della serratura si possono scoprire storie inedite, passioni "castiglionesche" e aneddoti. 

"Ho cercato di dipingere, con quanta più precisione possibile, il ritratto di un uomo, mio padre, e di una famiglia, la mia. Una specie di archivio consultabile delle nostre vite, delle nostre storie, delle nostre anime". È un viaggio nella memoria, costellato di alcuni insoliti atti teatrali. Vengono riportati ‘in scena’ pranzi ("e la tavola dei nonni diveniva il luogo dove testare le nuove proposte di oggetti"), incontri e conversazioni, vengono condivisi i ricordi di gite ed estati infinite, rintracciati i dolori di lutti e fatiche, spesso motori di svolte. Carlo ricorda il nonno scultore Giannino e la nonna Livia, gli zii Livio e Pier Giacomo, detto Popo, la madre scomparsa nel novembre 1961 Anna Maria Peraldo Matton, l'incontro del padre con Irma Barni, seconda moglie di Achille; e ancora, la piccola Piera, sorella di Achille, Livio e Pier Giacomo, morta a soli tre anni. Persone e fatti a cui si aggiungono ‘personaggi’ minori degni di nota, dalla signora Rachele, detta da tutti "la balia del Livio", passando per i designer colleghi, gli imprenditori, i professori, gli artisti e i tanti animali adottati, gatti soprattutto, ma anche cani, un cercopiteco e un cucciolo di alligatore. Un cast di vita vera formato da irresistibili protagonisti e comparse eccellenti che potrebbero animare la sceneggiatura di un film corale dove a ognuno è assegnato un preciso ruolo, essenziale per il buon sviluppo dell’intera trama. Scrive Carlo: "Tutte le storie famigliari sono costellate di eventi, morti, nascite, partenze, rivoluzioni interne ed esterne, matrimoni, crisi, guerre, riappacificazioni, evoluzioni. Personalmente ho assistito a tutte le vicende della mia famiglia con grande coinvolgimento, a volte con ansia, a volte con commozione, a volte con sorpresa, ma sempre con lo spirito positivo e costruttivo che caratterizza noi Castiglioni".

Non di rado Achille trascorreva intere giornate blindato in studio, chino su qualche progetto che lo costringeva a sacrificare il tempo con i suoi cari. Al punto che spesso le poche ore che riuscivo a passare con lui erano proprio lì, in studio Carlo Castiglioni

Partendo necessariamente da un blocco iniziale di preziose introduzioni (con indicazioni utili per poter continuare ad approfondire anche dopo aver riposto il volume tra le biografie o i cataloghi d’arte e design della nostra libreria), è possibile scegliere un approccio di lettura lineare e ordinato o procedere ‘a salti’, perché ogni capitolo è un tuffo ben eseguito e in sé compiuto nel ricco universo Castiglioni: custodisce un aneddoto, una breve storia o un ricordo con un inizio e una fine, da gustare anche singolarmente. Di seguito riportiamo alcuni passaggi rivelatori dell’anima vivace, giocosa, irresistibile di Achille Castiglioni, con il proposito di stimolare la curiosità dei futuri lettori. 

I gatti

Indipendenti, enigmatici. "Ai Castiglioni piacciono i gatti! Il gatto è l’animale simbolo, è l’archetipo ‘non umano’ inconscio, lo spirito guida, il totem, la figurazione sciamanica, insomma… è lui! L’animale Castiglioni. La piccola tigre domestica con il suo incedere silenzioso ed elegante accompagna da sempre, da generazioni, la nostra saga famigliare". Un intero capitolo del libro è dedicato proprio ai felini e agli altri animali adottati dalla famiglia, tra i quali spunta anche un cucciolo di alligatore di nome Giorgio, protagonista di una fuga rocambolesca. 

Affetti e oggetti

"Le persone che mi stanno vicine si arrabbiano un po’ perché… c’è una mia passione per l’oggetto… mi fa dimenticare un pochino la famiglia, perché potrei dedicare molto più tempo alla famiglia invece tante volte son troppo occupato… è diventata un po’ una mania penso, vista da loro fuori, per me sembra che sia giustissimo", racconta Achille Castiglioni durante una intervista e con tutti questi puntini di sospensione, con queste frasi lasciate a metà, sembra ammettere le sue “colpe” quasi balbettando, presentando le scuse sincere di un marito e di un padre, sempre diviso tra la passione per il proprio lavoro e l’amore per i propri cari. 

I giochi

Perché un adulto non dovrebbe giocare? Ci si chiede. "Achille amava i giochi. Credo che per lui fossero soprattutto degli espedienti per superare la sua timidezza intrinseca - scrive il figlio Carlo -. Se ti conosceva poco, per entrare in comunicazione con te, per cercare una via meno convenzionale, che riportasse tutto su un piano più semplice, immediato, tirava fuori un gioco. E cercava di coinvolgerti. Come un bambino. Cercava di stupire, ma con artifici elementari e sinceri, come lo sono i giochi". 

I regali

"I regali di Achille erano tendenzialmente ‘ambigui’. Cerco di spiegarmi. Erano regali, certo, erano per te, ovvio!, ma quando te li porgeva, belli impacchettati e infiocchettati, li accompagnava con una premessa, che ammantava i doni di un’aura strana. Suonava più o meno così: Ecco, questo è per te, auguri, buon compleanno/onomastico/Natale/Befana, spero ti piaccia, divertiti, però… attento… potrei averne bisogno anch’io!. Eccola, l’ambiguità! Capite? Il regalo era per te, ma anche un po’ per lui".

Lo stile Castiglioni

Esiste uno stile Castiglioni, una eredità di ‘gusto’ capace di esaltare ognuna delle ben definite personalità dei membri della famiglia. Con dovizia di particolari, Carlo ricorda l’eleganza del nonno Giannino e il "marchio distintivo" del padre Achille. "Il nonno Giannino non aveva mai un colletto fuori posto, una camicia sgualcita, era sempre impeccabile, sul balcone di casa come nelle foto ufficiali. Difficile credere che si approntasse un vestiario così ricercato ogni volta, apposta per lo scatto. Era evidentemente il suo modo di essere, di presentarsi. Era a suo agio in quei panni. E da lui deve aver avuto origine quel gusto, quello stile, che ha poi pervaso i figli come un travaso genetico".

"Mio padre (Achille, ndr) - scrive Carlo Castiglioni - ha sempre portato vestiti con i risvolti ai pantaloni. Un po’ un vezzo, un po’ un marchio distintivo. Pantaloni che fino alla fine degli anni Settanta si faceva confezionare su misura da un sarto. Sarto di famiglia, ovviamente, che aveva vestito con dedizione sia il nonno sia gli zii: il signor Guasto (in casa era chiamato alla lombarda: “il Guasto”). La sua bottega si trovava in un interno di via Fiori Chiari, nel centro storico di Milano, a pochi passi dall’Accademia di Brera".

I rumori

La musica jazz, i rumori della natura e delle città, i suoni della casa, il fischio come richiamo per attirare l'attenzione di qualcuno di famiglia. Un intero capitolo è dedicato ai rumori e i codici sonori dei Castiglioni. "Erano attratti dal jazz e dal fervore con cui i futuristi si approcciavano ai rumori [...] dai rumori della natura, della città, delle macchine [...] i suoni erano anche un modo di comunicare [...] Non so come, non so perché, ma nella mia famiglia fin da quando ero piccolissimo ho appreso che i Castiglioni utilizzavano un fischio modulato come richiamo. Ovunque ci trovassimo, udire quel fischio presupponeva la presenza più o meno vicina di un Castiglioni. Senza entrare nella complessità dell’etologia castiglionesca, quel fischio aveva un effetto emotivo potente: anche se si stava facendo altro o si parlava con altri, il fischio si insinuava attraverso l’orecchio e ci allertava, c’era qualcuno di noi!".

Achille e lo studio dei figli

Carlo parla di Achille sempre con grande affetto e ammirazione, pur ammettendo di averlo sempre dovuto rincorrere ("spesso le poche ore che riuscivo a passare con lui erano proprio lì, in studio"). Forse anche per questo "Achille non è mai stato un padre che seguiva ossessivamente i figli in fase di studio. Almeno per quanto riguarda me. Ha sempre delegato la supervisione sul mio operato scolastico ad altri: madre, nonna, nonno… In quanto architetto e designer, però, non ha potuto farla franca e sottrarsi all’unica materia che in qualche modo lo chiamava in causa senza possibilità di scampo: il disegno".

Fotografie, disegni, planimetrie, documenti e video

Oltre ai contenuti del volume, il lettore potrà trovare altri materiali nel sito Affetti & Oggetti – Carlo Castiglioni (affettieoggetti.it): "Fotografie, disegni, planimetrie, documenti e video che vi proponiamo a completamento degli episodi qui raccontati e che permettono di approfondire il contesto in cui si è sviluppata la storia della famiglia Castiglioni. Tra i “contenuti speciali” ospitati nel sito, troverete alcuni piccoli filmati che illustrano il funzionamento dei “giochi semplici” di casa Castiglioni; una lista, con relative immagini, degli oggetti legati al cibo progettati dai Castiglioni; un elenco dei “personaggi” citati nel testo (animali compresi), che potete consultare anche in fondo al libro".

1962, blocchi di marmo, manici di scopa e altre storie

Nel 1962 apre lo Studio Castiglioni in Piazza Castello 27 a Milano (il secondo, dopo quello di Corso Porta Nuova), oggi sede dalla Fondazione Achille Castiglioni. A questo annus mirabilis è dedicata la mostra 1962, blocchi di marmo, manici di scopa e altre storie, progettata e allestita da Marco Marzini, negli spazi dell’ex studio ((in corso, fino al 26 dicembre). Nel 1962 i fratelli Castiglioni progettano le lampade Arco, Relemme, Taccia, Toio e Ventosa, inoltre realizzano l’interruttore a pedale, il cucchiaino Sleek, la poltrona Giro e la macchina del caffè Pitagora (Compasso d’Oro 1962).

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012