SOCIETÀ

L'editoriale. Certe pubblicità e il senso del pudore

La pubblicità è l’anima del commercio. Siamo nel mezzo di una crisi economica e sociale terribile ed è giusto aiutare le aziende con i nostri consumi. Ma ho la sensazione – occupandomi anche di comunicazione – che la creatività di chi si occupa di pubblicità sia andata un po’ in crisi in questo 2020.

Abbiamo visto diverse pubblicità che utilizzano il lockdown come tema di sfondo o come elemento motivante. È rischioso: perché vengono mostrate scene di lockdown per così dire idilliache con case stupende e momenti di spensieratezza. Si fa leva sull’idea di stare insieme e del rispetto delle regole in modo tale da diventare quasi retorica. Ne abbiamo viste altre in cui si vede Albert Einstein come icona “pop”. Sono perplesso: non gli abbiamo chiesto il permesso e mi sembra eccessivo farlo diventare un’icona del ridicolo.

Infine ci sono altre pubblicità in cui per tutto l’anno o prodotti sono sempre in svendita, in saldo. Ma non sapendo mai il prezzo di base, le persone non capiscono quanto sia il reale vantaggio. 

Insomma, le pubblicità spesso veicolano stereotipi sessisti, perché veicolano messaggi fuorvianti o ingannevoli. Sono però certo che si debba stare attenti al fatto che il settore dovrebbe rinnovare il suo linguaggio. Il mercato pubblicitario certamente è in calo in questo anno difficile. Nell’era post-Covid bisognerà pensare non solo a nuovi modelli di business ma anche a nuovi modelli di comunicazione che sia all’altezza del sentimento e del sentire anche dei consumatori dopo il trauma che abbiamo, tutti, vissuto quest’anno.

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