SCIENZA E RICERCA

L'impatto sociale dei cambiamenti climatici dell'Olocene inferiore

La prospettiva da cui oggi si guarda il rapporto tra l'uomo e il clima è giustamente quello dell'impatto antropico che accelera il riscaldamento globale: il legame tra l'aumento della concentrazione di gas serra in atmosfera e le variazioni climatiche a cui stiamo assistendo è ormai accertato ed è condiviso dalla quasi totalità degli scienziati. Un ulteriore punto fermo è stato messo dall'ultimo rapporto dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) che ha parlato di correlazione quasi diretta tra le emissioni antropogeniche e l'aumento delle temperature a livello globale.

Naturalmente sappiamo anche che nei suoi 4 miliardi e mezzo di vita la Terra ha conosciuto fasi climatiche molto diverse, dovute in questo caso non alla mano dell'uomo ma a eventi geologici ed astronomici. Se restringiamo lo sguardo a una piccola fetta della storia del nostro pianeta, quella caratterizzata dalla comparsa di homo sapiens, il Periodo caldo medievale e la Piccola era glaciale, sono due tra gli esempi più noti.

Ma se andiamo indietro fino al primo Olocene scopriamo che circa 8.200 anni fa si verificò la più grande recessione climatica dell'epoca geologica in cui ci troviamo: durò da uno a due secoli e condizionò pesantemente la vita dei cacciatori-raccoglitori che occupavano la maggior parte dell'Europa in questo momento. Uno studio, recentemente pubblicato su Nature Ecology & Evolution si è concentrato su quanto accaduto in un’area che si trova nell’attuale Russia settentrionale e ha scoperto che lo stress climatico portò a dei profondi cambiamenti sociali che mostrarono anche una elevata capacità di adattabilità da parte delle comunità.

Queste popolazioni, in precedenza nomadi o semi-nomadi, svilupparono infatti sistemi sociali più complessi e di questi cambiamenti fece parte anche la creazione di un cimitero insolitamente grande per l'epoca, collocato sulle sponde del lago Onega che si trova a circa 500 miglia a nord di Mosca ed è il secondo più grande d'Europa.

Secondo il team internazionale di ricercatori, guidato dal professor Rick Schulting dell'università di Oxford, le popolazioni di cacciatori-raccoglitori scelsero di stabilirsi intorno alle rive del lago Onega non solo perché un proprio microclima più favorevole a livello di temperature ma anche perché maggiori garanzie in termini di risorse: grazie alle sue dimensioni non rischiava di ghiacciare e i pesci che lo abitavano trovavano le condizioni per sopravvivere. Inoltre durante l'evento di raffreddamento, ricordano i ricercatori, "i dati paleoambientali documentano la diffusione del pino a discapito delle latifoglie e questo cambiamento nella vegetazione regionale potrebbe aver causato una concentrazione di selvaggina grossa, come l'alce, più vicina al microambiente creato dal Lago Onega". 

La creazione del cimitero, osservano gli studiosi, avrebbe contribuito a definire l'appartenenza al gruppo per quelle che sarebbero state bande di cacciatori-raccoglitori precedentemente disperse, mitigando il potenziale conflitto sull'accesso alle risorse del lago.

Ma cosa sappiamo su quel cimitero? Il suo nome è Yuzhniy Oleniy Ostrov, è posizionato sulla piccola isola di Karelia ed è uno dei maggiori cimiteri del primo Olocene nell'Eurasia settentrionale. Gli scavi effettuati negli anni '30 del secolo scorso da un team di archeologi russi hanno permesso di recuperare 177 sepolture ma si ritiene che in origine potessero essere oltre 400. Il numero di sepolture ritrovate unito alla forte variabilità delle offerte funerarie di accompagnamento (alcune molto ricche di corredi, altre del tutto prive) hanno portato questo sito a ricoprire una posizione importante negli studi mesolitici europei.

In passato si pensava che il cimitero fosse stato usato per molti secoli ma le nuove datazioni effettuate con il metodo del radiocarbonio hanno permesso di scoprire che in realtà il suo impiego è durato meno di 300 anni, in una finestra temporale che coincide coincide molto strettamente con l'evento di raffreddamento di 8.200 anni fa.

I ricercatori hanno quindi scoperto che appena le condizioni climatiche iniziarono ad essere più favorevoli il cimitero di Yuzhniy Oleniy Ostrov smise di essere utilizzato, probabilmente perché le comunità tornarono a uno stile di vita più mobile e il lago divenne meno centrale.

Abbiamo parlato di questo studio insieme a Claudia Agnini, professoressa del dipartimento di Geoscienze dell'università di Padova ed esperta di paleoclimatologia, per approfondire quali sono i risultati più rilevanti e quali interpretazioni possono essere date rispetto alle decisioni con cui le comunità nomadi o semi-nomadi di quell'area dell'Europa settentrionale affrontarono i cambiamenti climatici provocati dall'evento di raffreddamento.

La professoressa Claudia Agnini, docente del dipartimento di Geoscienze dell'università di Padova, illustra lo studio che ha indagato i risvolti sociali del cambiamenti climatici nel primo Olocene. Servizio, riprese e montaggio di Barbara Paknazar

"Il periodo temporale intorno al quale si focalizza questo studio - introduce la professoressa Claudia Agnini - è un momento molto importante dal punto di vista dell’evoluzione climatica. Negli ultimi 10 mila anni siamo entrati in un regime climatico che è considerato caldo, una fase interglaciale, ma in quel particolare momento, circa 8.200 anni fa, si verificò una temporanea inversione del clima".

L'ultima era glaciale era terminata da alcune migliaia di anni ma lo scioglimento della calotta glaciale Laurentide, che copriva quasi tutto il Canada e un'ampia porzione degli Stati Uniti settentrionali, provocò la circolazione di un massiccio impulso di acqua di disgelo e portò al crollo della corrente che portava acqua calda a nord dal Golfo del Messico.

"Lo scopo era individuare le ripercussioni che questa diminuzione delle temperature ha prodotto a livello sociale. Le nostre conoscenze sull’Olocene ci dicono che i periodi caldi sono in coincidenza con fasi di evoluzione in senso positivo delle comunità perché consentono tutta una serie di azioni che invece durante i periodi freddi sono inibite. Gli autori di questo lavoro di ricerca sono riusciti a definire con precisione che il dataset utilizzato poteva essere collocato con precisione intorno a 8.200 anni fa. Questo non è un aspetto banale perché ci sono una serie di filtri e di analisi statistiche che si devono sviluppare in modo tale da avere la sicurezza che il dataset che andiamo a individuare sia di quel particolare intervallo temporale e considerato che l’evento freddo è molto breve la cronologia deve essere molto precisa", spiega la docente del dipartimento di Geoscienze dell'università di Padova.

"Il secondo risultato ottenuto da questo lavoro è che attraverso lo studio di un cimitero, in cui sono state ritrovate 177 sepolture, anche se la stima è che ce ne fossero molte di più, si è cercato di capire perché queste sepolture abbiano un’età che ha una finestra temporale di breve durata. Inizialmente si pensava che questo cimitero fosse stato utilizzato molto più a lungo nel tempo e invece analisi isotopiche basate sul carbonio 14 hanno evidenziato un'esatta concomitanza con questa fase fredda", prosegue Agnini.


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L’interpretazione, sottolinea la docente è duplice. "Da una parte l'elemento centrale può consistere proprio nella variazione climatica: fasi più fredde avrebbero spinto comunità che di solito erano nomadi o semi-nomadi ad avvicinarsi al lago sulle cui sponde si trova questo cimitero perché c’era un microclima favorevole e di fatto siccome il lago è molto espanso c’era anche una sorgente di risorse e quindi di cibo. Questo è sicuramente vero".

Quanto ai motivi che hanno spinto popolazioni che solitamente non facevano questo tipo di sepolture rituali ad iniziare a praticarle "gli autori propongono che sia stato un modo per presidiare il territorio: siccome erano comunità nomadi, che anche in questa fase fredda passavano solo la parte della stagione estiva sulle sponde del lago, dovevano presidiare il territorio per l’anno successivo. Le sepolture garantivano così un imprimatur legato alle stagioni precedenti", approfondisce la docente.

Un altro aspetto interessante è anche che queste sepolture mettono in evidenza che queste comunità venissero da luoghi diversi, a supporto del fatto che non erano stanziali ma si sono ritrovate lì per qualche centinaio di anni durante questa fase fredda, proprio perché sulle sponde del lago c’erano condizioni favorevoli.

"Ma oltre a esserci una variabilità sociale orizzontale, nel senso che le comunità provengono da vari posti, c’è anche una variabilità sociale verticale: alcune sepolture hanno infatti delle caratteristiche particolarmente importanti e sono quindi più ricche, mentre altre sono più povere. Questo, secondo gli autori, avrebbe significato che alcune famiglie avevano un ruolo preponderante e che nelle stagioni successive avrebbero dovuto mantenere lo stesso ruolo di governo", continua Agnini.

In conclusione il risultato più rilevante a cui è arrivato questo studio è stato scoprire che le sepolture nel cimitero di Yuzhniy Oleniy Ostrov sono avvenute in una finestra temporale molto ristretta che coincide con un intervallo molto particolare, cioè l'evento di raffreddamento di 8.200 anni fa. "Improvvisamente quando le temperature cominciano ad aumentare il numero di sepolture decresce notevolmente. Anche in questo caso l’interpretazione può essere duplice: la prima è sicuramente legata al clima, perché le comunità non avevano più bisogno di soggiornare sulle sponde del lago durante la stazione estiva in quanto c’erano più risorse nelle aree circostanti. La seconda ipotesi, più legata all’ambito sociale, è che una volta istituita la ritualità non era più necessario ribadirla perché i ruoli erano già affermati e i presidi del territorio erano già stati decisi", osserva la professoressa Agnini.

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