CULTURA

La gigante nana dell'Orto botanico

Tra i gioielli custoditi da secoli all’interno delle mura dell’Hortus cintus padovano, c’è anche una palma nana che poi così piccola non è. Infatti la “star” dell’Orto botanico spicca, oltre che per vetustà, anche per l’altezza e per la sua storia particolare.
Chamaerops humilis L., detta più comunemente Palma nana o anche Palma di san Pietro (dal nome dell’isola sarda in cui è molto diffusa), è stata messa a dimora nel 1585 e ancora oggi gode di splendida salute all’interno della sua serra. Dal 1984 la Palma ha guadagnato il titolo di pianta più antica dell’Orto padovano, infatti in quell’anno è morto l’agnocasto che probabilmente era già presente nei possedimenti benedettini dove nel 1545 è stato fondato l’Hortus cintus.

Facendo qualche cenno botanico su questa particolare pianta e partendo proprio dal suo nome, possiamo scoprire che significa letteralmente “piccolo” (dal greco khamai) “cespuglio” (rhops)”, e humilis conferma nuovamente le sue dimensioni ridotte. La palma nana è una sorta eredità della flora italiana del Terziario (circa 65 milioni di anni fa), e attualmente è l’unica specie di palma autoctona a essere sopravvissuta alle glaciazioni che hanno colpito l’Europa fino a 12.000 anni fa.

Oltre che essere antica, la palma nana dell’orto padovano è anche particolarmente alta: attualmente svetta a 12 metri di altezza, mentre in genere gli esemplari non coltivati raramente superano i due/tre metri. Protetta nella sua crescita dalla serra ottagonale che la contiene e che da sempre la difende dai venti freddi della pianura padana, la palma è finita sotto i riflettori di un grande pubblico di appassionati, di botanici e scienziati europei e non solo, dal 1786, quando venne notata da Johann Wolfgang Goethe.

Il grande umanista, letterato e filosofo tedesco visitò l’Italia tra il 1786 e il 1788 e non mancò di dedicare una tappa al Veneto, in particolare Padova e Venezia. Nel suo diario di viaggio, il 27 settembre del 1786, più che di Padova scrive attentamente del suo Orto botanico, che lo colpisce molto di più anche della sede universitaria, infatti lo definì “tanto più grazioso ed allegro”. Per lui il giardino dei semplici fu un luogo di grande ispirazione: proprio qui iniziò ad elaborare quel concetto che poi ampliò in vari saggi sulla metamorfosi delle piante. Egli scrisse: “Qui, tra tanta varietà di piante che vedo per la prima volta, mi si fa sempre più chiara e viva l’ipotesi che in conclusione tutte le forme delle piante si possano far derivare da una pianta sola”.

Pare che sia stata proprio la già bicentenaria palma nana a colpire l’attenzione di Goethe. Egli la descrisse abbondantemente nel suo taccuino: “Le foglie che sorgevano dal suolo erano semplici e fatte a lancia; poi andavano dividendosi sempre più, finché apparivano spartite come le dita di una mano spiegata”. Ciò che descrive Goethe corrisponde al vero, infatti la pianta durante il suo ciclo vitale assume diverse forme, nel fusto e, soprattutto, nelle foglie. L’osservazione del polimorfismo porterà Goethe a porre le basi della moderna fisiologia vegetale e a precedere, in un certo senso, le ipotesi di evoluzione dello stesso Charles Darwin. Attraverso il trattato La metamorfosi delle piante, pubblicato nel 1790, Goethe trasformò perciò ”l'umile” palma in una star mondiale.

Dal 1786 quindi, l’esemplare di palma nana conservata nella serra ottagonale dell’orto botanico è universalmente nota come la Palma di Goethe e lo sarà fino alla fine dei suoi giorni, malgrado tutte le classificazioni botaniche passate, presenti e future.

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