CULTURA

Paesaggi sonori. Nuove sinfonie delle Alpi

I monti sono davvero “maestri muti”, come afferma il naturalista Jarno nel Wilhelm Meister di Goethe? Quello che associa il silenzio alle Alpi è un luogo letterario e comune inestinguibile. Un archetipo che fa la sua comparsa a quel punto della storia in cui il silenzio diviene un valore antitetico al rumore della modernità e la montagna uno spazio di bellezza in cui rifugiarsi per evadere dalla confusione metropolitana. Prima di quel giorno non v’era (o almeno non è mai stata raccontata) la sensazione di trovarsi in un luogo di pace meditabonda: le Alpi, montagnes maudites, risuonavano al pari delle altre macro-regioni, brulicando di rumori vivi.

Suoni che non sono stati certo tacitati d’improvviso dalla conquista scientifica e culturale di questo territorio, ma che iniziavano a sembrare - e ancora oggi risultano - più semplici e dilatati, se comparati al complesso spettro acustico delle aree più urbanizzate. È indubbio, infatti, che le montagne sembrino costituire un riparo parziale dall’inquinamento materiale delle tecnologie industriali e meccaniche e dall’ “inquinamento immaginifico” del linguaggio e dell’informazione, essendone, per morfologia e demografia, più difficilmente pervadibili. Si tratterebbe apparentemente, per usare le categorie care a R.M. Schafer, di un ambiente hi-fi, ad alta fedeltà, in cui è ancora possibile distinguere il singolo segnale acustico e ricondurlo alla sua sorgente. L’incontaminato immaginario da cui sono avvolte le Alpi non è però rarefatto e levissimo quanto potrebbe apparire.

Da cima a valle, il “silenzio sacro della montagna” pulsa di stimoli acustici e di interferenze. Il territorio muta insieme con essi, assimilando attraverso migrazioni spontanee e politiche programmatiche i caratteri della città e della città i suoni, smettendo così di essere un’iperbolica utopia acustica e diventando più simile a un’eterofonia, un altrove sonoro in cui riconoscersi e insieme straniarsi. Nuovi suoni investono il territorio alpino - poco attraenti per l’orecchio romantico e più consueti per quello contemporaneo - e rendono meno nette le distinzioni categoriche tra urbano/rurale, silenzio/rumore, naturale/artificiale.

Il suono, traccia impermanente e astratta, che muove verso il significato e proprio per questo non ne è una rappresentazione plasmabile, potrebbe diventare allora uno strumento utile a tracciare questo cambiamento, a registrarlo come dato sensibile. Potrebbe configurarsi come un paradigma nuovo al servizio di una comunicazione territoriale più profonda, che adotta un punto di ascolto immersivo, dal basso.

Proprio il suono è, infatti, una componente fondamentale nella relazione tra gli abitanti delle Alpi e l’ambiente peculiare che li circonda; è stato ed è fondamentale nella costruzione identitaria, nella definizione delle mappe di orientamento e nell’esperienza del quotidiano. Laddove, infatti, il territorio verticale ostacola la vista con la sua morfologia imprevedibile e maestosa, il suono valica le rupi e permette la comunicazione, la conoscenza, la rappresentazione.

Alpi (2011) è un progetto del regista Armin Linke e dell’antropologo Piero Zanini, frutto di una ricerca di sette anni. Racconta la percezione contemporanea del paesaggio alpino, un ecosistema che attraversa le trasformazioni globali. Il documentario si nutre del sound design di Renato Rinaldi.

Sempre nell’ambito audiovisivo, Riafn! (2018) è un documentario musicale del regista austriaco Hannes Lang che esplora il paesaggio sonoro delle voci alpine, attraversando dialetti, canti, richiami dei pastori, in un’opera che mescola l’ideale artistico al realismo del documentario.

Binaural Views of Switzerland è un progetto dell’artista Alan Alpenfelt che in un viaggio di tre mesi ha ripercorso le tracce del fotografo pioniere William England, interrogando con registrazioni binaurali e materiale audiovisivo i 150 luoghi svizzeri da lui immortalati nel 1863 in altrettante stampe stereoscopiche. L’esperimento è un espediente per riflettere sui cambiamenti ambientali e sugli effetti dell’attività umana sul paesaggio.

Sempre sul territorio svizzero si sviluppa la ricerca di ecologia acustica del sound artist australiano Philip Samartzis, professore associato alla RMIT University di Melbourne, che ha raccolto 150 ore di registrazioni attorno al laboratorio scientifico della Jungfraujoch e ne ha tratto una composizione dal titolo Atmospheres and Disturbance, con la finalità di sensibilizzare l’ascoltatore rispetto al tema del climate change.

All’interno del progetto Alpiphonia (www.alpsatlas.me) si è invece cercato di raccontare piccole storie acustiche connesse ad alcuni luoghi sull’arco delle Alpi Occidentali. In questo frammento un’abitante di Rimella - comune valsesiano fondato nel XIII secolo dal popolo walser, in cui si parla un dialetto peculiare chiamato tittschu rimellese - ci fa ascoltare un vecchio vinile in cui la sua voce giovane esegue lo juzzu, un tipico canto di inizio estate, utilizzato per comunicare tra gli alpeggi.

Questa simbolica rassegna, che potrebbe arricchirsi di molti altri spunti, è utile a mostrare quanti siano i progetti che hanno recentemente esplorato la dimensione acustica delle Alpi, cercando di intercettare e raccontare i principali mutamenti in corso: il cambiamento climatico, i nuovi flussi turistici, la costruzione di infrastrutture, l’abbandono degli edifici, le nuove economie e le nuove forme dell’abitare. Moderne Alpensinfonie che invece di raccontare epiche scalate di waldganger romantici, intendono indagare in modo contemporaneo lo spazio delle montagne, cercando di scardinare gli stereotipi, l’immaginario e i simboli di cui l’alpino si nutre, proponendo un punto di accesso nuovo al territorio: quello dell’ascolto.

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