SOCIETÀ

Pandemia, la nuova sfida della mobilità

Mentre il virus SARS-CoV-2 responsabile della pandemia COVID-19 si muove velocemente da un continente all’altro, gran parte della popolazione mondiale è costretta all’immobilità, confinata nelle proprie abitazioni, sperimentando una situazione difficilmente immaginabile solo fino a poche settimane fa. Niente più voli per partecipare a conferenze, niente più pendolarismo per assistere alle lezioni a scuola, niente più uscite per recarsi a cinema e musei. Solo qualche tempo fa, la nota sociologa Mimi Sheller della Drexel University di Filadelfia, ospite del dipartimento di Scienze Storiche, Geografiche e dell’Antichità dell'università di Padova, aveva sottolineato come al centro dell’agenda globale stesse il tema della mobilità, oggetto di studi in ambito sociale già da un quindicennio, rifocalizzato più recentemente attraverso le lenti della sostenibilità e della giustizia sociale (la libera mobilità “mordi e fuggi” dei turisti e delle kinetic elites con i suoi impatti ambientali, la mobilità forzata e contestata dei migranti). Nel giro di pochi mesi, le nostre vite mobili si sono completamente ribaltate: ci ritroviamo in una dimensione di immobilità forzata che ci obbliga nostro malgrado a ripensare la nostra quotidianità. Inevitabilmente, questa nuova condizione materiale ed esistenziale ci spinge a interrogarci sul senso dell’essere im/mobili da molteplici prospettive: quella nostra e degli altri, quella personale e collettiva, quella del Nord e del Sud del mondo, tra le altre. La coppia di opposti “mobilità-immobilità”, già interrogata dai mobility studies, si ripropone dunque in questo momento come tema caldo dell’agenda globale secondo nuove e inattese declinazioni

A fronte di un vivace dibattito sul concetto plurale di im/imobilities nelle scienze sociali, è da rilevare in ambito internazionale il recentissimo emergere di una specifica linea di riflessione che prende invece le mosse dalle humanities. Come spiega Tim Cresswell, autore di alcuni lavori fondamentali sulla mobilità, il movimento diventa mobility nel momento in cui non è solo fatto, ma anche pratica e discorso, esperienza e significato. Secondo quanto suggerito più recentemente da Peter Merriman e Lynne Pearce, due studiosi di riferimento del settore, i saperi umanistici sono in grado di esplorare l’“esperienza della mobilità” ancor prima che il “fenomeno del movimento” di persone, cose, informazioni; esse introducono la prospettiva storica, ponendo l’accento sulla dimensione diacronica dei processi e delle pratiche di mobilità. Le humanities lavorano su testi e rappresentazioni e sono particolarmente adatte a generare possibilità teoriche per l’interpretazione della mobilità nelle sue inedite declinazioni. Esse infine aiutano a riscoprire le genealogie alternative che hanno prodotto precoci, ancorché implicite, teorie della mobilità nella tradizione umanistica. Entrati prepotentemente nel dibattito attuale, i fenomeni di gestione della mobilità e dell’immobilità caratterizzano in realtà da sempre le società e i diversi momenti storici, dal Medioevo all’età contemporanea. Dare spessore storico a questi fenomeni, interrogandosi su attori, linguaggi e retoriche, può quindi aiutarci a non essere prigionieri del presente e a guardare in una prospettiva più ampia le sfide che ci attendono, ma che ci attendevano già prima della pandemia, dalla sostenibilità ambientale al molteplice ruolo della tecnologia. 

È altresì importante rilevare che nel frangente della crisi pandemica, l’interrogazione sul ruolo delle humanities si sta facendo particolarmente vivace e pressante, con una molteplicità di iniziative che vanno anche nella direzione di condividere con pubblici variegati la peculiare capacità delle discipline umanistiche di rielaborare criticamente, contestualizzare storicamente e riflettere in maniera costruttiva attorno alle urgenti questioni culturali sollevate dalla condizione pandemica e post-pandemica. Quale può essere, insomma, il contributo che viene dalle humanitiesper comprendere il complesso fenomeno delle mobilità e delle immobilità al centro delle agende globali? Tentare di rispondere a questa domanda è una sfida, ma quel che è certo è che negli ultimi anni, a livello internazionale, sono sorti numerosi centri di ricerca dedicati a questi temi, oltre che riviste specializzate, rigorosamente interdisciplinari, come Mobilities Transfers, nonché piattaforme di ricerca e discussione, come il Mobile Lives Forum. Anche a Padova si è iniziato a riflettere su questi temi, grazie al Centre for Advanced Studies in Mobility and the humanities (MoHuospitato presso il DiSSGeA. Avviato prima dello scoppio della pandemia nell’ambito del progetto di eccellenza Mobility&Humanities, il Centro intende offrire il proprio contributo a questo dibattito attraverso le sue attività scientifiche dedicate ai temi delle im/mobilities, stimolando un ripensamento di queste categorie alla luce dello scenario globale. Il tema delle nuove im/mobilità in epoca pandemica può quindi essere affrontato, nel quadro di una partnership globale (che include Europa, UK, Stati Uniti e Asia), attraverso uno sguardo che si proietta retrospettivamente fino all’antichità, e che include molteplici scale, da quella intima a quella planetaria: uno sguardo da cui partire per poter pensare il presente ma anche i nuovi futuri più o meno immediati che ci attendono.

Per cercare di capire meglio i nuovi scenari che stiamo vivendo, nell’ambito delle sue attività, il Centro organizza per il 28 aprile 2020, alle 10.30, un seminario online dal titolo “Immobility: towards a positive interpretation of a negatively defined concept” tenuto dall’antropologo Noel B. Salazar dell’Università KU Leuven. Alcune delle questioni più problematiche del nostro tempo sono legate alla mobilità e all’immobilità di persone, cose, idee, testi e immagini: le migrazioni, i trasporti, il turismo di massa, il mercato globale, il cambiamento climatico, la circolazione delle conoscenze e dei dati digitalizzati. Era così, in epoca pre-COVID-19, quando potevamo spostarci a nostro piacimento con un volo aereo low-cost. È così anche adesso, in tempi di forzata immobilità, e continuerà a esserlo nel prossimo futuro a mobilità ridotta che ci attende.

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