SOCIETÀ

La porta d’ingresso delle mafie a Nordest: false fatturazioni e prezzi al ribasso

Falsa fatturazione, appalti vinti con prezzi al ribasso e poca prevenzione: ecco da dove si infiltrano le mafie nel Nordest. Trattandosi di un fenomeno illegale, è difficile definire con precisione quanto l’economia del territorio sia influenzata dalla mafia: ciò che emerge, confrontando i dati e le statistiche elaborati dal dipartimento di Scienze economiche e aziendali “Marco Fanno” dell’Università di Padova insieme a quelli degli organismi governativi e di vigilanza, è che in Italia tra il 7 e il 10% di aziende di società di capitali sono in qualche modo condizionate dalle mafie. In Veneto si attesta che il commissionamento sia tra il 5 e 7%, quindi più o meno in linea alla media nazionale.

A offrire uno spaccato della criminalità organizzata nelle imprese del nordest è Antonio Parbonetti, prorettore all’Organizzazione e bilancio dell’Università di Padova, che ha presentato un excursus sull’attività di ricerca sulle mafie in Italia, e soprattutto in Veneto, durante l’incontro “La presenza delle mafie nel territorio del Nordest”, di venerdì 5 aprile nell’Aula Magna dell’ateneo padovano.

In Lombardia, Emilia Romagna e Veneto c’è una presenza superiore, rispetto alle altre aree del centronord Italia, di aziende colluse con le mafie, che reputano il nordest un ottimo territorio per riciclare capitali. Questo dato non deve stupire: la presenza delle mafie è tipicamente riconducibile, al di fuori del territorio di origine, alla possibilità di reinvestimento di capitali e quindi è tendenzialmente legata alla ricchezza di un’area geografica, anche se – è bene ricordarlo – le mafie operano a livello mondiale in tutti i paesi sviluppati, senza nessuna esclusione.

Le aziende legate alle mafie si presentano offrendo servizi di varia natura, alcuni del tutto legali, spesso a prezzi molto bassi. Questo ha ovviamente un effetto negativo sulla concorrenza: per ogni azienda che applica dei prezzi particolarmente bassi ce n’è una sana che rischia di andare fuori mercato. Un altro elemento distintivo delle mafie è che operano in filiera: dalle oltre 200 operazioni analizzate è emerso che l’80% delle aziende coinvolte sono collocate all’interno della filiera fornitore-cliente; ciò significa che a partire da poche aziende legate alle mafie si alimenta tutta la filiera criminale. Questo metodo è particolarmente efficace perché si inserisce in meccanismi apparentemente leciti da un punto di vista commerciale: è qui che si possono nascondere operazioni di falsa fatturazione e riciclaggio.

Non dobbiamo immaginare che le aziende legate alle mafie siano solamente le piccole attività commerciali: sono aziende tipicamente molto indebitate o con poca liquidità, alcune del tutto simili ad aziende pulite.

Grazie a un modello elaborato dall’intelligenza artificiale sulla base dei dati e delle analisi, è emersa una mappa di rischio riguardante il Veneto in termini relativi (quindi non confrontabile con il resto d’Italia), che evidenzia una presenza importante lungo la costa, luogo che si presta a una contaminazione maggiore per via del contante legato al turismo e per la presenza di un porto significativo, e nel veronese.

Questa mappa cattura inoltre il rischio potenziale di fallimento delle imprese nei prossimi due anni: le mafie, infatti, possono entrare in ambito economico anche offrendo il “salvataggio” ad aziende che fino a quel momento erano sane.

Quali sarebbero gli effetti economici della rimozione di un’azienda legata alle mafie per quelle operanti nello stesso settore e comune?

  • Incremento della perfomance del 15%;
  • Aumento del costo del lavoro del 4,6%: quando si eliminano le mafie da un territorio, le aziende sane assumono più persone e le pagano meglio;
  • Riduzione del costo delle materie prime del 5,6% (per via della logica della filiera di cui sopra);
  • Aumento dell’efficienza del 5,7% e una maggiore fedeltà fiscale (+1,02%, 4.3 miliardi all’anno).

Questi dati indicano che rimuovendo un’azienda legata alla mafia, le altre hanno una maggiore redditività nell’anno successivo e per almeno tre anni, ottengono più investimenti, pagano meglio il lavoro, riducono sulle materie prime e pagano più imposte: di conseguenza, aumenta il benessere complessivo legato alla collettività.

A proposito di mafie a nordest si sono interrogati anche rappresentanti delle istituzioni politiche, delle associazioni di categoria e degli enti del terzo settore.

Francesco Messina, prefetto di Padova, sostiene che in Veneto l’agire mafioso non si manifesti militarmente, come invece accade in altre zone d’Italia. Qui la repressione profonda non è necessaria: servono piuttosto azioni di prevenzione ed è in questo ambito che si inseriscono le interdittive antimafia che hanno l’obiettivo di colpire realtà imprenditoriali che svolgono i propri interessi altrove, ma hanno stabilito le loro attività in Veneto. Le interdittive sono strumenti essenziali per la valutazione della presenza di organizzazioni mafiose e per capire come queste si manifestano e agiscono nel nostro territorio. Alessandro Gerotto, presidente Ance Veneto, ha spostato il focus sul settore edile ponendo l’accento su un fenomeno sempre più frequente e preoccupante, ossia la vittoria di appalti da parte di ditte che vengono da fuori regione e propongono prezzi insostenibili per le imprese sane. Gianluca Cavion, vice presidente Confartigianato Imprese Veneto, ha aggiunto che le infiltrazioni mafiose si inseriscono più facilmente dove circola una quantità importante di denaro e tra le aziende in difficoltà o con poca liquidità, ecco perché è fondamentale far crescere la cultura finanziaria e mantenere contatti continui con le imprese, raccomandando alle aziende di affidarsi alle associazioni di categoria in caso di difficoltà. Su prevenzione e cultura della legalità si è invece focalizzata Tiziana Boggian, presidente del Forum Terzo Settore Veneto, che lavora da un lato in un’ottica di prevenzione, affinché ci sia una cultura della legalità diffusa nella cittadinanza e nessuno si senta escluso da questa responsabilità, dall’altro sulla gestione a fini sociali dei beni confiscati alle mafie. Di rischi connessi alla mafia nell’agricoltura ha parlato Carlo Salvan, presidente Coldiretti Venetoconfermando che il Veneto non è indenne a questo fenomeno, che si manifesta soprattutto attraverso la concorrenza sleale e il problema della manodopera. Michele Dalla Costa, magistrato e già procuratore della Repubblica di Trieste e di Treviso, sostiene che il segreto della vittoria sulle organizzazioni criminali sia mettere a patrimonio comune le informazioni raccolte dalle associazioni di categoria, dagli artigiani, dagli imprenditori, dagli enti del terzo settore. Le informazioni devono circolare e arrivare alla polizia giudiziaria: questo è stato anche il segreto della sconfitta della mafia del Brenta. Ha inoltre post l’accento sulle nuove frontiere dell’attività mafiosa, dal momento che il mercato illegale si sta spostando dalle attività tradizionali (armi, stupefacenti, tratta di persone), all’attività economica online come riciclaggio e gioco d’azzardo. A portare esempi concreti è stato Marco Lombardo, portavoce di Libera Veneto, che ha spiegato che in Veneto sono attualmente in corso 7 maxiprocessi per mafia con circa 600 imputati: una situazione stratificata che va da usura, estorsione, spaccio di sostanze stupefacenti, reati fiscali, fallimenti, emissioni di fatture false fino ad attività criminali di altissimo livello. Un messaggio di speranza è arrivato infine da Andrea Ostellari, sottosegretario di Stato alla Giustizia, che si dice sicuro che prima o poi questo fenomeno verrà sconfitto. In che modo? Agendo senza paura, facendo squadra e condividendo tutte le informazioni grazie anche alle esperienze e ai suggerimenti di tutti i settori dell’economia.

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