SCIENZA E RICERCA

Rischio asteroidi: no, la Terra non è in pericolo

Su più di 600.000 asteroidi noti nel nostro sistema solare, circa 20.000 orbitano vicino alla Terra. E, stando ai dati dell’Agenzia spaziale europea (Esa), ogni mese se ne individuano 150 di nuovi. Tra questi però, sono poco più di 800 quelli a rischio di impatto sul nostro pianeta, da qui a 100 anni. “Stiamo parlando di oggetti che nella peggiore delle ipotesi hanno una probabilità di cadere sulla Terra inferiore a una su 1.000. Perché questo accada infatti, l’orbita intorno al Sole dell’asteroide deve intersecare quella della Terra e i due oggetti devono trovarsi nello stesso punto allo stesso momento: è evidente che dal punto di vista probabilistico la possibilità è molto bassa”. A parlare è Luca Conversi, scienziato dell’Esa, che all’European Space Research Institute (Esrin) di Frascati guida il Near-Earth Object Coordination Centre (Neocc).

Esistono asteroidi di grandi dimensioni, che si stima tuttavia siano poco numerosi. Stando ai dati dell’Esa, si ritiene che oltre il 90% di questi sia stato identificato e che nessuno rappresenti un pericolo. Altri sono molto piccoli, sotto i 10 metri di diametro: ne è stata scoperta solo una piccola parte, ma qualsiasi eventuale impatto sulla Terra sarebbe innocuo. Non sono ancora stati individuati invece molti degli oggetti di medie dimensioni, che vanno da decine a centinaia di metri di diametro. L’impatto con uno di questi corpi potrebbe arrecare danni significativi a una città o un'area popolata. Ma se venissero scoperti in tempo, il loro punto di impatto potrebbe essere stimato con un certa accuratezza e potrebbero essere prese misure per proteggere le persone.

L'European Space Research Institute (Esrin) di Frascati. Video Esa

A questo lavora il Centro di Frascati. “Oggi – spiega Conversi – la maggior parte degli asteroidi viene scoperta da telescopi americani, situati in Arizona e nelle Hawaii, che osservano il cielo con cadenza regolare. Quando, attraverso questi strumenti, si identifica un oggetto in movimento, se ne calcola posizione, velocità e direzione  e si inviano i dati a un unico database negli Stati Uniti, il Minor Planetary Centre”. Il gruppo di Frascati interroga quotidianamente questa banca dati e, nel caso in cui vengano rilevati nuovi oggetti, ne calcola l’orbita attraverso un apposito software, facendone una proiezione per un periodo di 100 anni. Se si rileva una probabilità di impatto con la Terra, l’asteroide viene inserito in una “risk list” e monitorato attraverso una serie di telescopi distribuiti sul pianeta.

Oltre a quello italiano, solo un altro centro al mondo,  il Centre for Near Earth Object Studies della Nasa, è in grado di individuare asteroidi a rischio di impatto con la Terra. “Ciò che ci manca, in questo momento, è la capacità di identificare nuovi oggetti, ma in futuro il telescopio Flyeye saprà rispondere a questa nostra esigenza”. Il nuovo strumento, in fase di ultimazione, è stato presentato nei mesi scorsi dall'Esa e dall'Agenzia spaziale italiana (Asi) e sarà installato in Sicilia, sul monte Mufara. È dotato di un “occhio composito”, simile a quello di una mosca (da cui il nome), formato da uno specchio principale sferico con altri 16 piccoli specchietti secondari intorno. Questo particolare tipo di ottica è il più adatto a osservare un’ampia porzione di cielo e accorgersi immediatamente se qualche oggetto la attraversa con estrema rapidità, spiega Roberto Ragazzoni, direttore di Inaf-Osservatorio astronomico di Padova, che con Marco Chiarini e Loren Cibin di Ohb Italia ha brevettato l’ottica del telescopio.

Il telescopio Flyeye. Video Esa

E nel caso venisse individuato un asteroide pericoloso per il nostro pianeta? Europa e Stati Uniti hanno deciso di unire le forze e le scorse settimane, durante un convegno organizzato dall’Esa, hanno presentato il programma Aida (Asteroid Impact Deflection Assessment), una sorta di “prova generale” per deviare un asteroide a rischio di impatto sulla Terra. Del programma fa parte la missione Dart (Double Asteroid Redirection Test) della Nasa, fissata per il 2021, che prevede di far schiantare un veicolo spaziale sull’asteroide più piccolo del sistema binario Didimo, modificandone l’orbita attorno al corpo principale. Il piccolo satellite Licia dell’Asi registrerà l’impatto. L’Esa invece contribuirà con Hera, una navicella spaziale che nel 2026 giungerà nell’orbita di Didimo per raccogliere nuovi dati e misurare l’entità della deviazione dovuta all’impatto. Anche il gruppo di Frascati contribuirà alle misure che si effettueranno da Terra nel momento in cui la sonda Dart impatterà l’asteroide.

“Grazie a questo coordinamento – ha dichiarato Ian Carnelli, responsabile della missione Hera per l'Esa – potremo ottenere risultati combinati molto maggiori rispetto a quelli che potrebbero dare le singole missioni indipendenti. La missione Hera sarà anche sul tavolo della conferenza ministeriale dell'Esa prevista in novembre a Siviglia, con la richiesta di 140 milioni di euro per la fase di costruzione del satellite; nella ministeriale successiva dovranno invece essere assegnati i finanziamenti per il lancio, per un costo complessivo della missione di 290 milioni”.

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