SCIENZA E RICERCA

Nuove analisi su vecchi fossili rivelano la presenza di ominidi in Romania 1,95 milioni di anni fa

Uno studio pubblicato su Nature communications retrodata di circa 200.000 anni la presenza dei primi ominidi in Eurasia. Un team internazionale di ricercatori – coordinato dall’antropologa Sabrina Curran dell’università dell’Ohio – ha effettuato nuove approfondite analisi su alcuni resti archeologici raccolti negli anni Sessanta nella località di Grăunceanu, in Romania.

Qui erano state ritrovate all’epoca alcune ossa di animali su cui Curran e coautori hanno ora rilevato delle antichissime tracce di taglio e lavorazione che hanno tutta l’aria di essere state praticate dalle prime specie del genere Homo attraverso l’utilizzo di strumenti in pietra. Questi fossili risalgono a 1,95 milioni di anni fa e rappresentano alcune delle più antiche prove dell'impiego di utensili litici e della lavorazione della carne in Eurasia.

Non sappiamo con esattezza in quale periodo i primi ominidi iniziarono a espandersi nel vecchio continente dopo aver lasciato l’Africa. Tanto per chiarire: non stiamo parlando di Homo Sapiens – la specie a cui apparteniamo noi, che comparve in Africa molto tempo dopo, (circa 200.000 anni fa) e giunse in Eurasia intorno ai 60.000 anni fa – ma dei suoi antenati più remoti, sempre appartenenti al genere Homo, che si trovano più vicini alla base dell’intricato “cespuglio” dell’evoluzione umana.

La prima diaspora umana fuori dall’Africa rappresenta un evento ancora dibattuto e non facilmente databile, ma si ritiene che sia avvenuta più di due milioni di anni fa. Esistono infatti alcune tracce che suggeriscono la presenza di ominidi in Asia sudoccidentale e nell’Europa orientale durante il Pleistocene inferiore. Le prime prove significative della presenza del genere Homo fuori dall’Africa sono state infatti rinvenute nel sito di Dmanisi, in Georgia. Qui è stato ritrovato un cranio appartenente a un individuo ominide adulto risalente a circa 1,8 milioni di anni fa. Anche in Medio Oriente, Russia occidentale, Asia centrale e Cina sono state rinvenute altre tracce risalenti allo stesso periodo (se non addirittura ad epoche antecedenti), ma la loro associazione con la presenza umana, secondo Curran e coautori, è in alcuni casi piuttosto incerta.

Il principale ostacolo alla ricerca riguarda proprio la scarsità di resti umani risalenti a periodi così remoti. La maggior parte dei ritrovamenti consiste infatti in manufatti o in segni presenti su ossa e altri materiali riconducibili all’attività umana. Si tratta di tracce preziose che offrono indizi sul comportamento dei primi ominidi.

Tornando quindi alla ricerca di Curran e del suo team, gli autori non sanno esattamente a quale (o a quali) specie umane sia associato il sito di Grăunceanu, perché nel periodo in questione in Africa convivevano specie diverse e non è chiaro quale sia stata la prima a uscire dal continente o quale percorso abbia seguito (se attraverso Gibilterra o dal Medio Oriente, ad esempio) per arrivare in Eurasia. Dall’analisi dei fossili, gli autori ipotizzano che si tratti di Homo erectus / ergaster, che viveva in Africa circa due milioni di anni fa.

Il sito di Grăunceanu, in Romania, si trova nella valle del fiume Olteţ, a sud dei Carpazi, in un’area che all’epoca ospitava diversi mammiferi, tra cui specie antiche di bovini, cervi, giraffe, roditori e persino mammut e tigri dai denti a sciabola. Nelle vicinanze, all’interno della valle, si trovano altri siti archeologici minori che presentano caratteristiche faunistiche e ambientali analoghe.

Gli scavi a Grăunceanu, come anticipato in apertura, avvennero principalmente tra gli anni Sessanta e Ottanta del secolo scorso. Fu allora che vennero raccolti i quasi 5000 reperti ossei analizzati dal team di Curran con tecniche di datazione altamente sofisticate. Su una ventina di esse i ricercatori hanno rilevato dei tagli compatibili con l’utilizzo di strumenti litici e distinguibili quindi dai segni lasciati dai morsi o da altri tipi di aggressioni da parte di animali.

Naturalmente, come segnalano gli stessi autori, esiste pur sempre un margine di incertezza nell’analisi di compatibilità che riconduce i tagli in questione all’azione umana. Ciononostante, gli studiosi ritengono che tale margine sia abbastanza sottile per concludere che in quest’area della Romania fossero presenti alcuni gruppi di ominidi poco meno di due milioni di anni fa.

Gli autori hanno anche provato a ricostruire le condizioni meteorologiche e ambientali della regione durante il Pleistocene inferiore, concludendo che l’area fosse caratterizzata da un ambiente arido ma con fonti d’acqua nelle vicinanze. Ritengono che le temperature in quest’area della Romania fossero tendenzialmente miti ma piuttosto variabili a seconda del periodo dell’anno, con inverni umidi, estati secche e precipitazioni stagionali.

I fossili in questione forniscono informazioni preziose anche riguardo all’ambiente in cui vivevano i primi esseri umani. Il fatto che in questi luoghi abitassero tanti animali diversi suggerisce che la regione di Grăunceanu fosse caratterizzata da un alto livello di biodiversità, con ecosistemi complessi e compositi. Per questo motivo gli autori ritengono che già questi primi ominidi fossero piuttosto resilienti e capaci di adattarsi a un’ampia varietà di climi e ambienti differenti, un tratto ritenuto cruciale per la sopravvivenza e la diffusione del genere Homo.

I risultati di Curran e coautori offrono quindi nuovi dati di cui tenere conto nei futuri studi di paleoantropologia che cercano di riconoscere, mappare e classificare le prime tracce lasciate dagli ominidi in Eurasia per ricostruire questo capitolo così remoto della storia umana.

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012