SCIENZA E RICERCA

Non solo Pompei. Archeologia, DNA e altri scenari di indagine

Partiamo dalla notizia fresca, rilanciata dalla stampa nei giorni scorsi, in particolare da un articolo di Nature. Lo studio Ancient DNA challenges prevailing interpretations of the Pompeii plaster casts, pubblicato su Current Biology, ha preso in esame il materiale scheletrico presente nei calchi di cinque individui, vittime a Pompei dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., per caratterizzarne le relazioni di parentela e il sesso, utilizzando dati isotopici di stronzio e DNA antico a livello del genoma. “Dimostriamo che i sessi e le relazioni familiari degli individui non corrispondono alle interpretazioni tradizionali”, si legge nello studio. Nella coppia descritta precedentemente come madre e figlio, l’individuo adulto, che indossa un braccialetto d'oro e tiene il bambino in grembo, risulta essere un maschio adulto biologicamente non imparentato con il piccolo. Allo stesso modo, la coppia unita in un abbraccio, che si pensava formata da due sorelle, includerebbe almeno un maschio. Dallo studio emergono, poi, alcune considerazioni relative alle migrazioni: "I pompeiani derivano in gran parte da immigrati dal Mediterraneo orientale, come è stato anche visto nei genomi antichi della città di Roma, un dato che sottolinea la natura cosmopolita dell'Impero romano in quel periodo". Questo aspetto risulta interessante perché introduce una riflessione sugli spostamenti dei popoli antichi in relazione ai sistemi che favorivano mobilità e scambi culturali.

Tramite il DNA antico individuale e il sequenziamento del genoma dei patogeni in campioni scheletrici antichi possiamo ottenere informazioni di larghissimo spettro ed estremamente interessanti dal punto di vista storico e sociale

Partendo dalla richiesta di un commento allo studio, una conversazione più ampia con Jacopo Bonetto, archeologo e docente all'Università di Padova ci ha permesso di approfondire e considerare altri scenari di indagine. "Si tratta di un ottimo contributo, che si concentra però sull'aspetto quasi folcloristico della vicenda - esordisce Bonetto riferendosi alla ricerca presa in esame -, l'analisi del DNA è perfetta, però sembra che il gran risultato ottenuto sia relativo alla scoperta che ad abbracciare il bambino al momento dell'eruzione fosse un uomo - non una donna, ovvero la madre, come si credeva -, e per la precisione, un individuo che non ha legami di consanguineità con l'infante. Usare il DNA in questo modo significa sottovalutarne le potenzialità: da qui emerge quel che fa più notizia ma l'interesse vero sta altrove. Intendiamoci, è giusto informare, perciò anche questa notizia va bene, però mi ha colpito che già l'articolo pubblicato su Current Biology abbia messo in luce soprattutto questo aspetto, puntando a dimostrare che l'abbraccio fosse avvenuto non tra una madre e un figlio, ma tra un uomo e un bambino non imparentati. Non è una informazione così sorprendente perché, pensiamoci, si tratta di due persone unite in un momento tragico: è un episodio legato a un evento, ma storicamente e socialmente è poco significativo".

Dunque il DNA può dirci molto di più.

"Il DNA fornisce informazioni straordinarie sulle popolazioni antiche che vanno ben al di là di chi abbraccia chi. Può permetterci di capire, per esempio, tra tutti gli abitanti di Pompei, quante persone fossero legate da rapporti familiari e in quali contesti abitativi della città antica vivessero e, quindi, cercare di rispondere ad altre domande: tutte le abitazioni appartenevano a familiari ed eredi? Gli immigrati o gli individui di ascendenza non locale possedevano case? E, prima ancora, da dove e verso dove immigravano o emigravano gli abitanti di Pompei? Quali malattie li colpivano? Tramite il DNA antico individuale e il sequenziamento del genoma dei patogeni in campioni scheletrici antichi possiamo ottenere informazioni di larghissimo spettro ed estremamente interessanti dal punto di vista storico e sociale. La storia è fatta di migrazioni, economie, malattie, società che evolvono, città che crescono: la profondità storico-sociale e antropologica è tutta da esplorare".

La storia è fatta di migrazioni, economie, malattie, società che evolvono, città che crescono: la profondità storico-sociale e antropologica è tutta da esplorare

Quali sono gli aspetti più interessanti che potrebbero emergere in futuro?

"Con il mio gruppo di ricerca facciamo parte di una una rete mediterranea di ricercatori che va dalla Sardegna al Nordafrica, dalla Spagna al Libano. In ognuno di questi grandi siti stiamo recuperando DNA dagli individui che popolano le necropoli antiche, per costruire una grande banca dati DNA antico nel Mediterraneo, così da ottenere informazioni approfondite su mobilità, scambi e interazioni bio-culturali. Ci chiediamo, per esempio, se esista un movimento di interi gruppi familiari o di singoli individui. Quella della migrazione e della mobilità antica nel Mediterraneo diventa una storia contemporanea: dentro, ci siamo tutti. Da dove vieni? Dove vai? Perché ti respingo? Sono domande di oggi, su temi attualissimi. Inoltre, al di là del quadro Mediterraneo complessivo, si possono far ragionamenti anche in relazione a una singola necropoli: si può fare cioè l'analisi del genoma di alcune sepolture e vedere di questi morti quanti erano legati da rapporti di parentela per capire se esistono nuclei funerari dove si continuavano a seppellire le stesse famiglie, e ancora, se esistevano gruppi familiari dominanti che si riproducevano con maggiore frequenza e benessere della prole garantendo il controllo e il mantenimento del potere sociale all'interno di una stessa comunità".

Per ottenere informazioni di questo tipo, il DNA è l'unica via?

"È solo una delle possibili analisi bio-archeologiche: in parallelo si può procede con l'analisi del rapporto tra gli isotopi 87 e 86 dello stronzio su campioni mineralizzati di ossa e denti attraverso cui ottenere ulteriori informazioni sugli spostamenti avvenuti durante la vita di un individuo. In tal senso, DNA e isotopi raccontano storie non uguali ma complementari. Tra i casi su cui stiamo lavorando, vi è una sepoltura di grande interesse in Sardegna in cui il materiale di corredo della defunta era tutto di carattere etrusco: una collana, alcuni vasi, una piccola statua di babbuino. Analizzando gli isotopi dello stronzio ci siamo accorti che i valori di riferimento sono molto simili a quelli dell'Italia centrale, così abbiamo cominciato a connettere il dato materiale archeologico con quello biologico e biogeochimico per riuscire a comprendere chi fosse sepolto lì, da dove venisse, perché avesse con sé degli oggetti, favorendo una riflessione ampia di tipo storico, commerciale, etnico-culturale".

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