SOCIETÀ

Mattarella e la lezione di Monaco 1938

Il 5 febbraio 2025 a Marsiglia, mentre riceveva un dottorato honoris causa, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha tenuto un discorso che ha suscitato reazioni fin troppo eccitate, soprattutto a Mosca. Le sue parole, dense di riferimenti storici e di richiami all'attualità, hanno ripercorso i rischi di una politica europea priva di coraggio, evocando il drammatico precedente di Monaco 1938.

Anche in Italia l’analisi del capo dello Stato ha acceso il dibattito, in particolare tra chi da un lato ha apprezzato la sua riflessione e chi invece ha ritenuto inadeguato il confronto tra la Russia di oggi e la Germania nazista. "No, il presidente della Repubblica non ha paragonato il Putin di oggi a Hitler – spiega Marco Mondini, docente di storia contemporanea presso l'Università di Padova, nel suo intervento per Il Bo Live –. Il suo è stato un discorso molto più acuto, lucido e analitico".

Riprese e montaggio di Massimo Pistore

Il presidente ha portato l’attenzione sulla politica di appeasement che spinse le potenze liberali ad abbandonare la Cecoslovacchia alle mire espansionistiche del führer: "Inglesi e francesi ebbero paura", osserva Mondini, sottolineando che la riluttanza a contrastare il nazismo non fu frutto di una valutazione strategica accorta, bensì di una politica dettata dal timore della guerra.

A distanza di quasi un secolo, Mattarella ha evidenziato l’attualità della lezione di Monaco: ancora una volta infatti l'Europa si trova davanti al dilemma tra l'illusione di una pace facile e la difesa attiva dei valori democratici. "Gli storici discutono da decenni su quanto francesi e inglesi avessero torto o ragione. La verità è che furono vittime di un bluff: la Germania del 1938 non era ancora pronta a una guerra su larga scala", continua Mondini.

No, il presidente della Repubblica non ha paragonato il Putin di oggi a Hitler Marco Mondini

La storia non si ripete meccanicamente, ma spesso offre spunti che sarebbe meglio non ignorare: per questo il riferimento all’isolazionismo americano degli anni '30 e al rischio che l’Europa venga lasciata sola di fronte a nuove minacce risuona oggi con forza. "I dittatori, con i loro eserciti che spesso non sono poi così invincibili, possono vincere solo se spaventano chi dovrebbe tenere alla protezione delle liberaldemocrazie", conclude Mondini.

Il discorso di Mattarella non è solo una riflessione storica, ma un appello alla responsabilità collettiva dell’Europa: la difesa della pace resta un valore fondamentale, ma la resa ai regimi autoritari ha sempre un prezzo da pagare, che spesso prima o poi diventa insostenibile. La paura e l’inazione possono avere conseguenze disastrose.

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