CULTURA

Usciamo dall'idea hollywoodiana dell'eroe solitario

Sarà Andrea Pennacchi ad aprire il ciclo di workshops online organizzati da Maps - Itinerari artistici per comprendere il futuro.  Lunedì 20 aprile alle 17 l’attore padovano, noto per i suoi monologhi del venerdì sera su La7 ma anche per lo spettacolo “Da qui alla luna”, sulla tempesta che ha colpito le Dolomiti nel 2018, sarà in dialogo con gli studenti dell’Università di Padova che si collegheranno. Parlerà di teatro, di Prosperità e di Partnership, due delle cinque P utilizzate dall’Onu per riassumere alcuni degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, che saranno oggetto di questa serie di incontri online. 

“In generale - racconta Pennacchi, anticipando alcune riflessioni - la divulgazione scientifica può avere grandi benefici dal rapporto con il racconto. Infatti, il contributo che questa arte antica ha sempre dato, è di lavorare sull’empatia, sulla condivisione delle emozioni, sul far sentire il gruppo che ascolta un gruppo, quindi un noi, che può agire assieme anche per risolvere le cose. Il lavoro però è faticoso e questo rapporto va curato con attenzione. Ci sono infatti tantissimi scienziati ben intenzionati, ma sapere le cose non basta a strutturarle in maniera da condividerle. Si trascura spesso la parte emotiva ed empatica. E questo non fa un buon servizio alla divulgazione scientifica. In questo gli anglosassoni sono molto più avanti. Perché noi purtroppo abbiamo questa idea che è necessario che scienza e cultura siano noiose, altrimenti non sono veramente cultura.”

Per l’attore invece, gli argomenti più complessi e tecnici riescono a trovare uno spazio nella vita delle persone, quando “fanno battere il cuore” e appassionano. E il teatro in questo può dare il suo contributo, anche per avvicinare a temi difficili o scomodi.

“È una formula antica come il mondo - riprende - il teatro è sempre riuscito a raccontare anche storie terribili e a permettere così alle comunità di avere una catarsi, di spurgare il veleno che hanno dentro. Mettendo i malanni in una cornice più vasta, quasi cosmica, alla fine le persone stanno meglio, si rendono conto di essere circondate da forze enormemente superiori e che gli unici veri antidoti sono le relazioni con gli altri esseri umani e il riconoscimento di essere in balia di cose più grandi. Purtroppo, questi ultimi aspetti mancano alla nostra società, perché abbiamo sostituito la bella sensibilità tragica con quella hollywoodiana, in cui l’eroe arriva e risolve tutto. Non tutto però si può risolvere e quello che si può fare lo si fa assieme, cooperando e discutendo, pagando pure un prezzo in dolore, anche se per la nostra società è sempre stato molto difficile affrontare la sofferenza.” 

Per Pennacchi questo è il motivo per cui quando, ad esempio, le persone leggono o ascoltano notizie sul cambiamento climatico passano oltre, perché non sopportano di dover attraversare la sensazione di essere in balia di forze più grandi e di dover affrontare difficoltà anche considerevoli.

“Io non ho ricette magiche - sottolinea - ma quando assisti ad uno spettacolo, il teatro ti dice: questa non è una cosa che succede solo agli altri e non è che se non guardi, a te non succede. Quindi ti aiuta a metterti nei panni di chi hai di fronte. Ed è proprio quello che abbiamo cercato di fare lavorando a “Da qui alla luna”. Nello spettacolo si riflette sugli effetti del cambiamento climatico da un punto di vista locale e si racconta, senza piagnistei, un’epica di un popolo, quello delle Dolomiti, che sta subendo delle cose, che però sono anche fonte e motivo di fratellanza.”

Il teatro infatti per Andrea Pennacchi serve anche come monito, per mantenere il pubblico consapevole e sveglio, per ricordare che se è successo, risuccederà. Lo chiama binomio tra affratellamento e consapevolezza lucidata, che va tenuta in esercizio e va “oliata” dalla pratica. Perché la consapevolezza può offuscarsi e la si può perdere nella quotidianità, che può far emergere parti diverse di noi, come ci ricorda Poiana, il personaggio che ogni venerdì sera cattura l’attenzione degli spettatori de La7 con i suoi monologhi. 

“Poiana è una maschera - conclude l’attore - non esiste nella realtà. Attraverso Poiana parla una pancia. Non tutti i veneti e non sempre si esprimono così. Magari accade in un momento di sfogo, però il giorno dopo sono contenti di avere la badante moldava o l’operaio del Bangladesh. Poiana non esiste sempre, è una figura che a volte emerge, come le maschere demoniache del teatro. Ora sta sputando fuori del veleno e causando delle reazioni, dal mio punto di vista univoche. La maggior parte delle persone infatti, secondo me, percepisce che Poiana sta dando voce ad una cosa che né la destra né la sinistra dicono: in questo periodo non va tutto bene e non si può negare che ci siano dei lati oscuri.”

Per partecipare al workshop on line è necessario iscriversi inviando una mail maps@associazionedirittiumani.it

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