SCIENZA E RICERCA

Vaccini anti Covid-19: Garattini, è necessario avere i dati per pianificare il miglior utilizzo possibile

La più grande campagna di vaccinazione mai eseguita al mondo ha preso il via anche nell'area occidentale del continente europeo. Dopo la fuga in avanti di Cina e Russia dove, nonostante l’assenza di dati trasparenti e conclusivi sulla sicurezza e sull’efficacia, è già partita la distribuzione da un lato dei tre vaccini sviluppati dal colosso nazionale Sinopharm e dall'azienda Sinovac, autorizzati sin dal mese di luglio dal governo cinese per un’azione di emergenza rivolta alle categorie a rischio e ora estesi a fette molto più ampie di popolazione, e dall’altro dello Sputnik V, con il presidente Putin che ha fatto del siero russo registrato ad agosto un simbolo politico e ha annunciato che nei prossimi giorni inizierà la vaccinazione di massa, adesso è la volta del Regno Unito.

La prima persona ad aver ricevuto il vaccino, in questo caso parliamo di quello della Pfizer, è stata Margaret Keenan, una signora inglese che compirà 91 anni la prossima settimana e che ha definito l'iniezione "il più bel regalo di compleanno anticipato". A lei è stata somministrata una delle 800 mila dosi che saranno distribuite nelle prossime settimane e l'obiettivo è arrivare a quattro milioni entro la fine dell'anno. 

A rendere possibile l’avvio delle vaccinazioni è stato il via libera con cui il 2 dicembre l’ente regolatore del Regno Unito, la Medicines and Healthcare Products Regulatory Agency (Mrha), ha autorizzato l’uso del vaccino a Rna messaggero sviluppato dalla casa farmaceutica statunitense Pfizer, in collaborazione con la tedesca BioNTech, attraverso un processo che ha bypassato la decisione dell'autorità regolatoria europea per i medicinali non come conseguenza della Brexit, ma in virtù della scelta di affidarsi a un'autorizzazione in chiave emergenziale. 

Negli Stati Uniti la decisione della Food and Drug Administration è ormai in dirittura d'arrivo e il presidente eletto Joe Biden ha fissato l'obiettivo di 100 milioni di vaccinazioni nei suoi primi 100 giorni in carica e ha esortato gli americani ad utilizzare le mascherine per lo stesso lasso di tempo.

Tornando in Europa, Emer Cook, farmacologa irlandese che dal 16 novembre ha sostituito Guido Rasi alla guida dell'Ema, in un'intervista su Repubblica ha anticipato che "la visione preliminare dei dati che abbiamo ricevuto il primo dicembre è positiva per quanto riguarda efficacia e sicurezza" sia per il vaccino della Pfizer che per quello di Moderna e ha spiegato che l'Agenzia dell'Ue si esprimerà sulle due autorizzazioni rispettivamente il 29 dicembre e il 12 gennaio. Proprio in queste ore l'Ema è stato vittima di un cyber-attacco che ha portato alla sottrazione di alcuni documenti sul vaccino Pfizer/BioNTech. L'agenzia regolatoria dell'Ue ha dichiarato che le indagini sono già in corso ma non ha fornito dettagli sull'entità del danno. In una nota pubblicata sul sito di BioNTech si legge che l'Ema "ci ha assicurato che l'attacco informatico non avrà alcun impatto sulla tempistica della sua revisione". 

Intanto, per quanto riguarda il nostro Paese, nei giorni scorsi il commissario straordinario per l'emergenza Covid 19 Domenico Arcuri ha garantito che entro settembre sarà possibile vaccinare tutta la popolazione e ha illustrato un piano articolato in due diversi modelli di distribuzione e somministrazione: il primo, più complesso, è proprio quello che riguarda i vaccini Pfizer che, come ormai noto, vanno conservati a -70°C. Il secondo è invece pensato per i sieri che si possono mantenere tra i 2 e gli 8 gradi. 

L'obiettivo è partire con le vaccinazioni il 15 gennaio, un paio di settimane in anticipo rispetto a quanto inizialmente previsto, e l'Italia dovrebbe poter contare su circa 27 milioni di dosi entro marzo, il 13,51% della prima fornitura da 202 milioni di dosi (più un'opzione per altri 100milioni), che è frutto del contratto firmato dall'Ue per il vaccino Pfizer-Biontec, con una ripartizione basata sulla popolazione di ciascun Stato membro rispetto al totale degli abitanti dell'Ue. A questa dotazione, ha spiegato il ministro per la Salute Roberto Speranza, vanno aggiunti i quantitativi legati agli accordi con le altre aziende farmaceutiche che lavorano allo sviluppo dei vaccini anti Covid-19. 

Inizialmente però le dosi non saranno sufficienti a coprire tutto il fabbisogno nazionale e bisogna anche considerare che il vaccino Pfizer necessita di una dose di richiamo a distanza di tre settimane dalla prima. Per questo motivo alcuni scienziati si sono domandati se fosse il caso di vaccinare prima i giovani dal momento che, essendo spesso asintomatici, possono diffondere inconsapevolmente il virus nella comunità. Al riguardo va però precisato che al momento non si sa ancora con certezza se il vaccino, oltre a proteggere dallo sviluppo di sintomi gravi, sarà capace anche di impedire che una persona che entri in contatto con il virus possa diffonderlo ad altri.

C'è poi un elemento su cui la comunità scientifica ha posto l'attenzione ed è la tendenza delle diverse aziende che hanno partecipato alla corsa al vaccino a diffondere le informazioni sull'efficacia dei loro prodotti tramite comunicati stampa, senza pubblicare i dati in modo trasparente e approfondito. E proprio questo è uno degli aspetti di cui abbiamo voluto parlare con Silvio Garattini, scienziato e farmacologo, presidente dell'Istituto Mario Negri di Milano che ha sottolineato la necessità di un monitoraggio continuo che prosegua anche una volta che la campagna di vaccinazione sarà partita.

"Per produrre un vaccino in un tempo relativamente breve è stato fatto un lavoro straordinario" ha affermato Garattini, aggiungendo che la velocità con cui si è arrivati al risultato non deve essere fonte di preoccupazione, a patto che i dati vengano pubblicati. "Ci vuole trasparenza e i governi che hanno contribuito alle spese hanno il diritto di pretendere che ci siano le pubblicazioni scientifiche e che l’approvazione da parte delle autorità regolatorie sia accompagnata da dati precisi che consentano di valutare le migliori condizioni di utilizzo". 

L'intervista completa al farmacologo Silvio Garattini sui vaccini anti Covid-19. Servizio e montaggio di Barbara Paknazar

"Ci auguriamo che i dati arrivino il più presto possibile perché è soltanto valutando i dati che possiamo avere un’idea di quale sia l’efficacia", introduce il professor Garattini che si concentra sul vaccino della Pfizer, sul quale sono emerse maggiori informazioni. "Fortunatamente per questo vaccino possiamo basarci sul foglietto illustrativo approvato dall’autorità inglese e questo ci consente di avere un po’ più di dati su cui possiamo parlare. Intanto sappiamo che è preparato in confezioni da 195 flaconi e ad ognuno dovrà essere aggiunta una soluzione fisiologica. E’ di colore bianco e quando viene diluito potrà essere utilizzato per 5 somministrazioni. Questo vuol dire che con ogni confezione si potrà fare l’iniezione a circa 1000 persone. C’è anche la necessità di rivoltare il boccettino per dieci volte, in modo gentile e senza scuoterlo. Insomma, abbiamo alcune indicazioni per il suo utilizzo che si vanno a sommare al fatto che deve essere conservato a una temperatura compresa tra i - 60°C e i - 80°C, che la durata del mantenimento non è superiore a sei mesi e che, una volta scongelato, deve essere usato nell’arco di poche ore".

"Sottolineo tutto questo - prosegue il fondatore e presidente dell'Istituto Mario Negri - per far capire che occorre un’organizzazione complessa perché sarebbe inutile iniettare un vaccino che ha perso la sua efficacia. Sappiamo anche che si sono alcune controindicazioni. Per esempio non è utilizzabile tra le donne in gravidanza o in allattamento e tra i ragazzi con meno di 16 anni, perché non è stato studiato in quelle popolazioni. Non si sa se può essere somministrato a chi si sta sottoponendo a trattamenti immuno-depressivi per tumori o trapianti di organo, e alle donne in età fertile deve essere somministrato solo purché si impegnino a non avere una gravidanza nell'arco di due mesi".

"Queste indicazioni - spiega il professor Garattini - adesso sono note perché sono state valutate dall’autorità inglese. Sappiamo anche qualcosa sull’efficacia: i dati globali saranno su 44 mila persone ma quelle su cui è stata stabilita l’efficacia sono circa 4500 e, in presenza di sintomi compatibili con Covid-19, sono stati registrati 8 casi di positività al test molecolare, a fronte di 162 tra i soggetti trattati con placebo. Questa è una differenza molto importante, valutata entro due mesi dalla somministrazione. Gli effetti collaterali sono quelli che spesso si sono osservati anche con altri vaccini, come il dolore nel luogo dell’iniezione, il senso di nausea, affaticamento, dolori muscolari e ossei, qualche linea di febbre. Sembrerebbe quindi che i benefici siano superiori ai danni che questi vaccini possono indurre. Occorre inoltre ricordare che l’approvazione data dall’ente regolatorio inglese è di tipo temporaneo, secondo quella che viene definita temporary approval: vuol dire che si è in attesa di altri dati e soprattutto c’è una forte raccomandazione ai medici a riportare qualsiasi risposta di tossicità che si dovesse osservare dopo la somministrazione del vaccino".

A proposito di effetti collaterali all'indomani dell'avvio della campagna di vaccinazione l'autorità britannica di controllo sui farmaci ha raccomandato di non sottoporre al trattamento chi abbia alle spalle una storia di "significative" reazioni allergiche. L'avvertenza è legata al fatto che due persone, entrambi operatori sanitari che avevano riportato problemi simili anche in passato, hanno manifestato una reazione dopo aver ricevuto il vaccino Pfizer. I due "sono già sulla via del recupero", ha sottolineato Stephen Powis, capo della Nhs, la sanità  pubblica britannica. E considerato che si tratta di un vaccino prodotto con una metodologia nuova "c’è l’impegno ad effettuare un'attività di monitoraggio che vada avanti per almeno 24 mesi, proprio per poter osservare eventuali effetti tossici", osserva Garattini.

L'Italia adesso ha davanti a sé il compito di organizzare il piano vaccini nel modo migliore possibile, considerando non solo gli aspetti logistici ma anche la necessità di avere un numero sufficiente di personale sanitario da dedicare a questa importante sfida. Il professor Garattini, da questo punto di vista, non nasconde una certa preoccupazione. "Quello che abbiamo visto finora, inclusa la vaccinazione contro l’influenza, non mi lascia essere molto ottimista" e la sua è una dichiarazione che parte dall'esperienza personale vissuta recentemente, essendo riuscito a ottenere il vaccino contro l'influenza solo dopo una lunga attesa, nonostante i suoi 92 anni, portati splendidamente, lo facessero rientrare tra le categorie di persone che avrebbero dovuto avere la precedenza. 

Ma da chi occorrerà partire quando il vaccino anti Covid-19 arriverà in Italia? "A livello di priorità - afferma Silvio Garattini - credo che tutti siano d’accordo nel sostenere che vadano effettuate sugli operatori sanitari, perché non solo devono essere in buone condizioni per curare gli altri ma devono anche evitare di contagiare, e poi verranno altre categorie come chi ha molti rapporti con il pubblico, le persone anziane e così via. Dipende dalla quantità di vaccini che saranno disponibili. Certamente all’inizio non ce ne saranno molti perché è chiaro che avranno la precedenza i Paesi che hanno pagato per primi e bisognerà quindi vedere che quota di quella europea verrà riferita all’Italia. Certamente bisogna prepararsi bene e non prendere questo impegno alla leggera. Ci vuole una notevole organizzazione, soprattutto nel caso di questo primo vaccino per il freddo e le altre condizioni che implicano la presenza di più persone, oltre a fiale, aghi e tutto quello che serve. Inoltre dobbiamo anche tener conto del fatto che se nel tempo aumenteranno le dosi disponibili bisogna avere anche i medici, gli infermieri e tutto il personale necessario". 

Quanto alla discussione se fare o meno il vaccino alle persone che hanno già avuto la malattia "nelle sperimentazioni finora effettuate questi soggetti non sono stati inclusi. Però è molto probabile che non ci siano controindicazioni e possa quindi funzionare come una specie di richiamo". I punti su cui c'è ancora incertezza sono diversi: non abbiamo ancora dati sull'intercambiabilità o meno dei vaccini e non sappiamo quanto dura nel tempo la protezione. Inoltre al momento non esiste una risposta definitiva alla domanda se il vaccino, oltre a proteggere dallo sviluppo dei sintomi, possa anche evitare che la persona trasmetta il virus. Al riguardo Garattini sottolinea che "sulla base delle informazioni che sono state rese disponibili sappiamo che nei primi sette giorni successivi alla vaccinazione c’è ancora la possibilità di essere contagiosi". La buona notizia è che il siero sembra capace di offrire una forte protezione già dopo la prima dose: il New York Times, partendo da documento pubblicato dalla Food and Drug Administration, spiega che il vaccino sviluppato da Pfizer e BioNTech è in grado di garantire una forte protezione contro Covid-19 entro circa 10 giorni dalla prima dose. La scoperta, riporta il quotidiano statunitense, è uno dei numerosi nuovi risultati significativi presenti nei materiali informativi, che includono più di 100 pagine di analisi dei dati di Fda e di Pfizer. Il mese scorso la casa produttrice aveva annunciato un tasso di efficacia del 95% dopo due dosi somministrate a tre settimane di distanza. Le nuove analisi mostrano che la protezione inizia a farsi sentire molto prima.

L'arrivo del vaccino contro Covid-19 è un momento di svolta nella lotta alla pandemia e il professor Garattini è stato sin da subito tra gli scienziati più ottimisti: in primavera, quando in molti non ritenevano possibile arrivare a questo risultato prima di anni, lui si era detto convinto che entro il 2020 la scienza sarebbe riuscita in questa impresa. "Per produrre un vaccino in un tempo relativamente breve è stato fatto un lavoro straordinario. Ci sono molti fattori determinanti e bisogna che il rigore scientifico venga mantenuto, però ci sono delle ragioni per le quali si è riusciti a fare in fretta. In primo luogo una minore burocrazia perché le approvazioni sono arrivate subito mentre normalmente bisogna aspettare molti mesi prima di avere il via libera sia alla sperimentazione animale, sia a quella clinica. Poi il fatto che le industrie abbiano avuto notevoli aiuti economici ha permesso di accorciare i tempi ed è la ragione per cui per la prima volta nella storia si è prodotto il vaccino man mano che lo si studiava. Bisogna anche considerare che per alcuni vaccini si è usato un metodo diverso rispetto a quelli tradizionali e gli sviluppi tecnologici che abbiamo oggi hanno consentito di abbreviare i tempi. La stessa Ema normalmente si prende 270 giorni per valutare un farmaco: evidentemente in questo caso ha ricevuto i dossier man mano che erano pronti e ha cominciato a valutarli, quindi i tempi si riducono", spiega il farmacologo aggiungendo che "la preoccupazione per l’accelerazione non è particolarmente fondata, ma quello che è importante è che i dati vengano pubblicati". 

Il contrasto al virus SARS-CoV-2 deve avvenire su scala globale ma il rischio è che gli abitanti delle aree più povere del mondo vengano lasciati indietro, acuendo così le disuguaglianze. Secondo la People’s Vaccine Alliance, di cui fanno parte organizzazioni come Oxfam e Global Justice Now e Amnesty International, in quasi 70 Paesi solo una persona su dieci potrà ricevere il vaccino anti Covid-19 nel corso del prossimo anno. Al contrario, le nazioni più ricche hanno acquistato dosi sufficienti per vaccinare l'intera popolazione quasi tre volte entro la fine del 2021 se tutti i vaccini attualmente in sperimentazione clinica saranno approvati per l'uso.

Una preoccupazione condivisa anche dal professor Garattini. "Come comitato nazionale di bioetica abbiamo redatto un documento che è stato pubblicato la settimana scorsa in cui riaffermiamo la necessità che anche i Paesi a basso reddito abbiano la disponibilità del vaccino. Questo è anche nel nostro interesse perché se lasciamo trascorrere troppo tempo c’è sempre il rischio che il virus possa andare incontro a una mutazione. E se almeno il 70% della popolazione sarà vaccinata sarebbe già un buon risultato perché meno sono le persone che possono contagiarsi, meno il virus ha la possibilità di circolare. Avere questa percentuale sarebbe sicuramente un buon punto di partenza".

E per concludere Silvio Garattini fa un appello affinché la prospettiva dell'imminente arrivo del vaccino non induca a un rilasamento dei comportamenti, soprattutto in vista delle prossime festività natalizie. "Per molti mesi dobbiamo ancora avere grandi precauzioni: la mascherina, sempre e dappertutto, la distanza, evitare di partecipare a gruppi numerosi, il lavaggio frequente delle mani per adesso sono le sole cose che contano. Dobbiamo stare molto attenti perché sebbene sia vero che tutti, e soprattutto le famiglie numerose, soffriamo il non poterci riunire in tanti durante le festività di Natale, non dobbiamo dimenticare che questo disagio è ampiamente compensato dal fatto di non correre dei rischi, per sè e per gli altri. Si tratta di una protezione che non è solo individuale, ma diventa anche una forma di solidarietà nei confronti delle persone che hanno minori difese. E’ un messaggio che rivolgo ai giovani perché devono essere persuasi che loro possono essere gli incauti diffusori del contagio ai loro genitori e ai loro nonni e quindi è necessario che siano particolarmente attenti".

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