SOCIETÀ

Tra welfare e immigrazione: la Danimarca dopo il voto

È stato più volte eletto “Paese più contento del mondo” all’interno del Rapporto mondiale della felicità: stiamo parlando della Danimarca, nazione in cui benessere, salute e studio sono sempre stati aspetti fondamentali, dei veri valori da tutelare giorno dopo giorno. Per riuscire a mantenere questi investimenti pubblici, i danesi hanno però continuamente avuto a che fare con una pressione fiscale tra le più alte in Europa, necessaria per coprire i sussidi e il funzionamento efficiente dello “stato sociale”.

Proprio in riferimento al welfare si è incentrata gran parte della campagna elettorale per le elezioni parlamentari del 2019. Le votazioni del 5 giugno hanno visto la vittoria dei partiti di sinistra, in particolare modo dei socialdemocratici, dati per favoriti nei sondaggi. Alla guida, troviamo una donna di 41 anni, Mette Frederiksen. Ciò che stupisce non è il rilancio dello "stato sociale" da parte del gruppo vincitore dopo il precedente governo di centrodestra, ma la linea politica degli stessi socialdemocratici in materia di immigrazione. È emersa infatti una posizione più dura e restrittiva in tema di accoglienza tanto da ricevere numerosi commenti di critica che accusano lo stesso partito di aver avviato una lenta trasformazione dei propri principi, aprendo la porta a idee appartenenti tipicamente allo schieramento di destra.

Una mossa operata al fine di ricevere più voti? Il declino dell’identità di questo gruppo politico? O semplicemente un ridimensionamento dello stesso alla luce di una società che sta cambiando profondamente negli ultimi anni? Abbiamo provato a fare chiarezza chiedendo un parere a Paolo Roberto Graziano - docente di Scienza politica dell’università di Padova – cercando, inoltre, di avere una panoramica generale della società danese ed europea del presente.

Professore, si può veramente parlare di crisi della socialdemocrazia al giorno d’oggi?

Sono circa vent’anni che si tende a parlare di crisi della socialdemocrazia, non è decisamente un fenomeno nuovo. Si può dire che queste elezioni abbiano in qualche modo cristallizzato la crisi, cioè abbiano reso ancora più evidenti le contraddizioni che la socialdemocrazia europea sta vivendo negli ultimi anni. Le elezioni in Danimarca sono una manifestazione locale di una difficoltà continentale, se non globale, che si viene a creare nel momento in cui si cerca di ridefinire politiche socialdemocratiche –  più propriamente di centrosinistra - in un contesto di globalizzazione. Questo fa sì che avvengano delle rimodulazioni sul fronte dei diritti, in particolare sul fronte dei diritti ai migranti: ciò produce una visione che sembra ritrarre una riduzione o un intaccamento del patrimonio e dell’identità della socialdemocrazia. Non si deve però dimenticare che la nascita della socialdemocrazia - e soprattutto del welfare sostenuto dalla socialdemocrazia – è avvenuta in contesti in cui la mobilità dei cittadini era limitata. Con l’inizio del terzo millennio, la globalizzazione ha aumentato gli spostamenti e i flussi migratori: ciò ha sicuramente determinato una nuova sfida per tutti i partiti socialdemocratici europei.

A tal proposito, si pensa spesso che la società danese sia chiusa e poco propensa all’immigrazione. Cosa c’è di vero in questo?

Gli ultimi quattro anni di governo - di centrodestra - hanno accentuato questa caratteristica di isolamento danese, bloccando anche alcuni migranti alle frontiere in maniera abbastanza dura. La Danimarca, peraltro, si presenta lontana dai punti di accesso più importanti d’Europa per i migranti, una collocazione geografica ben diversa da quella italiana. Questa ‘chiusura’ potrebbe quindi derivare anche dalla lontananza geografica. È importante ribadire nuovamente che il tema dell’immigrazione oramai è sempre più trasversale: il centrosinistra - come quello danese che si appresta a governare - si sta quindi riposizionando, ma questo riposizionamento non è una mera parodia della posizione di centrodestra, che prevede una chiusura totale. È più una rivisitazione delle posizioni tradizionalmente attribuite al centrosinistra – rivisitazione che si verifica alla luce di tensioni che sono sempre più forti nella società odierna.

Che rapporto ha avuto lo stato danese con il welfare negli ultimi anni?

In Danimarca così come negli altri paesi scandinavi, il welfare è un elemento rilevante non solo dal punto di vista politico, ma anche dal punto di vista dell’identità sociale. Negli ultimi anni sono sorte alcune crisi intorno all’eccessivo costo del cosiddetto “stato sociale” che, seppur efficiente, necessita di un continuo finanziamento per garantire la copertura di beni e servizi sociali. La ‘ricalibratura’ danese del welfare è stata portata avanti soprattutto da governi liberali o di centro-destra, tipicamente contrari all’intervento dello stato nel mercato del lavoro. I risultati delle elezioni mostrano che questa politica anti-welfare non sempre paga. All’interno della società danese vi è infatti uno stretto attaccamento al concetto di “stato sociale”: schierandosi contro di esso è impensabile continuare a vincere le elezioni e le votazioni del 5 giugno ne sono la prova. L’elemento più importante del successo del centrosinistra è stato proprio il rilancio del welfare.

In che modo è stato rilanciato il welfare dalla socialdemocrazia?

La vittoria della socialdemocrazia si spiega in una re-definizione, in una proposta di rilancio del welfare che è stato visto come un rilancio universalistico non nell’accezione ‘pura’ del termine, ma in quella ‘nazionalistica’: l’idea è che ci sia un universalismo per i cittadini danesi e non un universalismo per tutti i cittadini del mondo che si trasferiscono in Danimarca. Una questione che all’inizio non esisteva: la società danese, infatti, non si era mai posta il problema di chi dovesse beneficiare dello “stato sociale” perché la mobilità delle persone tra gli stati era limitata. Per usare un paradosso, la socialdemocrazia danese propone ora un welfare che si ispira ad una sorta di universalismo selettivo. Il rilancio del welfare in quest’ottica costituisce certamente un’evoluzione o comunque un ridimensionamento della Sinistra a cui siamo più abituati, ovvero una Sinistra maggiormente improntata all’inclusione. Non si deve però dimenticare che un cambiamento è avvenuto anche all’interno della stessa società, un cambiamento che ha sicuramente sollevato nuove sfide non solo per la Danimarca, ma per l’Europa intera.

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012