SCIENZA E RICERCA

Scienza e guerra, dalle atomiche ai droni

In tutta la storia dell’umanità si trova una stretta connessione fra guerra e conoscenza, raramente messa in discussione fino a tempi recentissimi. Scienza, tecnica e tecnologia hanno portato ad armi sempre più letali e permesso di estendere via via la guerra su tutta la terra, il mare, lo spazio aereo (attualizzando il disegno perverso della guerra totale) e quello esterno all’atmosfera, fino allo stesso spazio artificiale della cibernetica. 

Tutte le scienze hanno dato e continuano a dare il loro contributo allo sviluppo di armi e di metodi bellici fino al caso recentissimo (luglio scorso) della Società americana di psicologia, che ha modificato il proprio codice etico per permettere la partecipazione di psicologi a “interrogatori speciali” da parte di militari e della CIA.

Dopo un’attenuazione della folle corsa agli armamenti negli anni Ottanta e Novanta, abbiamo ora nuovi sviluppi negativi, con un significativo aumento delle spese militari, e intensi programmi tecnologici in tutti i campi di potenziale interesse bellico. 

Nuove gravi preoccupazioni riserva il settore delle armi nucleari, eclissato nell’attenzione della pubblica opinione da altre problematiche, più presenti nei media, e dalla diffusa sensazione che tali armi fossero divenute irrilevanti nei conflitti attuali. Invece questi ordigni sono ancora in numero eccessivo (circa 16.400), presenti in tutte le maggiori aree di crisi, inclusa l’Europa, molti (circa 1800) mantenuti in stato di brevissima allerta, con il rischio che interpretazioni errate o falsi allarmi in situazioni di crisi acute portino a decisioni irreparabili; sono in corso programmi di sviluppo e si rafforza il pericolo di terrorismo nucleare, mentre è in crisi il processo negoziale verso il disarmo o per forme di controllo degli armamenti nucleari. 

Tutte le potenze nucleari (in primis USA e Russia) hanno intrapreso massicci programmi di modernizzazione di tutte le loro forze nucleari, sia con basi a terra, che forze navali e aeree, puntando ad aumentare l’efficacia e la precisione dei sistemi esistenti e a crearne di nuovi,  potenziando così le loro caratteristiche di armi di attacco, anziché coerenti con una dottrina puramente di dissuasione.  Continua e aumenta inoltre la produzione di materiale fissile esplosivo in Pakistan, India e Corea del nord. 

La continua importanza data dalle potenze nucleari ai loro arsenali e alla loro resistenza al disarmo è un potente incentivo alla proliferazione di tali armi in altri paesi, vista anche l’attuale crisi del trattato di non proliferazione. 

Le enormi quantità attuali di materiale fissile esplosivo, non tutto debitamente protetto da furti, rapine o vendite illegali, dà adito anche al pericolo del terrorismo nucleare da parte di gruppi, che sembrano non esitare di fronte a stragi di massa. 

Lasciando il settore nucleare, troviamo laboratori, centri di ricerca  e industrie impegnati a trovare soluzioni ai problemi militari posti dalla nuova forma dei conflitti armati, che vedono la diffusa partecipazione di forze irregolari in azioni di guerriglia, senza chiara distinzione fra combattenti e civili. 

A questi problemi si aggiunge l’altissimo costo politico e sociale, almeno nei paesi occidentali, dei propri caduti in combattimento, per cui si richiedono tecnologie che minimizzino le proprie perdite pur massimizzando l’incisività dell’azione militare. Per far fronte a questi problemi si stanno sviluppando piattaforme robotiche comandate a distanza e con crescente autonomia di azione, sia terrestri che marine e aeree. Lo sviluppo di sensori estremamente sensibili, motori compatti e potenti, computer di altissime prestazioni e sistemi di comunicazione integrata stanno permettendo una completa integrazione delle forze nel campo di battaglia (a terra e in volo e nello spazio) e il  loro continuo collegamento con i centri di comando. A tal fine si cerca il controllo e la supremazia nello spazio extra-atmosferico per raccolta di informazioni, controllo remoto, telecomunicazioni e sistemi di posizionamento, con le enormi possibilità garantite da stuoli di satelliti specializzati, che contribuiscono anche alla penetrazione militare nello spazio cibernetico.

L’infrastruttura digitale informativo-comunicativa globalmente interconnessa (“cyberspace”)  è un substrato fondamentale per le società industriali e la loro sicurezza; pertanto il suo  controllo e la possibilità di azioni di interferenza sono un nuovo campo d’interesse militare. Nell’estate del 2010 si è avuta la prova definitiva dell’esistenza di armi cibernetiche con l’attacco del segmento di codice autoreplicativo (“worm”) Stuxnet, che ha danneggiato il sistema di controllo dell’impianto iraniano di arricchimento dell’uranio. Gli sviluppi militari in questo nuovo spazio sono intensissimi in tutti i paesi e coperti dal massimo segreto e non si sono ancora concepiti approcci per una disciplina internazionale in proposito.

Sia per le armi chimiche che per quelle biologiche si sta rivelando delicata e difficile la prevenzione certa di nuovi armamenti, dato il continuo progresso scientifico nei due campi (in particolare delle nanotecnologie e dell’ingegneria genetica) che permette la creazione di agenti integrati e nuovi metodi di diffusione, estremamente potenti e in grado di superare le limitazioni operative alla base del presente limitato interesse dei militari per questi armamenti.

Il pericolo che legittime ricerche per applicazioni civili finiscano per un rilancio delle armi biologiche è particolarmente alto nel contesto dei programmi di bio-difesa, bio-sicurezza e anti-bioterrorismo che si stanno intensificando in vari paesi, sia in seguito alle recenti pandemie che come reazione agli attacchi terroristici. Infatti se si vogliono predisporre difese contro tutti i possibili sviluppi aperti dalle nuove biotecnologie può apparire necessario produrre effettivamente i nuovi agenti e le nuove armi per poter studiare come neutralizzarli; in questo modi si vengono a rendere concreti agenti e armi puramente ipotetici e ad acquisire capacità militari in vari settori della guerra biologica.

A fronte di questo imponente sviluppo militare globale abbiamo scarsissimi e lentissimi progressi  per il controllo degli armamenti, per non dire del disarmo, e stiamo tornando a un approccio alla sicurezza delle nazioni basato sulle forze armate anziché sulla prospettiva delineata nella Carta delle Nazioni Unite.

Alessandro Pascolini

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