CULTURA

Terremoti, scienza e politica

Negli ultimi 40 anni si stima che i danni economici ammontino a 135 miliardi di euro, la maggior parte dei quali spesi in opere di ristrutturazione. A ciò va aggiunta la perdita di migliaia di vite umane. Sono le conseguenze dei terremoti in Italia, uno dei Paesi a maggior rischio sismico dell’area mediterranea. A parlarne sono Marco Massa e Romano Camassi, ricercatori all’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, nel libro I terremoti (Il Mulino, 2013) uno dei cinque finalisti del Premio letterario Galileo edizione 2015. Dalle cause che li determinano, ai sistemi di monitoraggio fino alla normativa sismica, gli autori descrivono un fenomeno su cui non sempre scienziati e politici si trovano d’accordo.   

Pericolosità sismica, vulnerabilità, esposizione, rischio sismico: aspetti diversi dello stesso problema. Qual è la differenza?

Pericolosità sismica e rischio sono due concetti molto differenti uno dall’altro, spesso confusi o utilizzati in modo inadeguato. Pericolosità sismica, vulnerabilità ed esposizione sono i tre ingredienti che determinano il rischio sismico. La pericolosità è legata al fenomeno naturale. Il suo valore dipende unicamente dal fatto che in una determinata area siano presenti o meno sorgenti sismogenetiche attive. La vulnerabilità è la predisposizione di un manufatto a essere danneggiato a seguito di un terremoto: un’inadeguata progettazione, materiali di qualità scadente e la scarsa manutenzione rappresentano fattori di vulnerabilità. La maggiore o minore presenza di beni che possono essere colpiti da un terremoto viene definita esposizione, sia essa in termini di vite umane o beni materiali. La vulnerabilità e l’esposizione, essendo variabili legate all’azione dell’uomo, sono gli unici fattori sui quali è possibile agire concretamente per ridurre i danni in caso di futuri terremoti.  

L’Italia è considerata un Paese ad elevata sismicità. Quali sono le zone più a rischio?

Il territorio italiano è indiscutibilmente un’area a pericolosità sismica medio-alta. In Italia i terremoti maggiormente distruttivi sono distribuiti lungo la catena appenninica centrale e meridionale, nell’arco calabro, nella Sicilia sud-orientale, oltre che in Friuli. Tra i forti terremoti degli ultimi anni, ricordiamo L’Aquila nel 2009 di magnitudo 6,3, Umbria-Marche nel 1997 di magnitudo 6 e Irpinia nel 1980 di magnitudo 6,8. Indietro nel tempo, si ricordano ancora i terremoti di Avezzano in Abruzzo nel 1915 di magnitudo 7 e di Messina-Reggio Calabria nel 1908 di magnitudo 7,1. Questo terremoto raggiunse l’XI grado della scala Mercalli e provocò circa 100.000 vittime. Come abbiamo visto, il rischio non dipende solo dalla possibilità che si verifichino forti terremoti, ma soprattutto dal valore dell'esposizione e dalla vulnerabilità: non sempre zone a pericolosità moderata sono a basso rischio. Un esempio è l’area emiliana colpita dai terremoti del 2012, che hanno prodotto vittime e danni ingenti. 

È possibile prevedere l’arrivo di un terremoto? Nel libro parlate di precursori, cioè di tutti quei fenomeni che precedono il sisma…

Il terremoto è la fase finale di un lungo processo di accumulo di energia all’interno della Terra, solitamente accompagnato da fenomeni correlati detti precursori. Esempi sono le variazione delle falde acquifere, della velocità  delle onde sismiche all’interno della terra, dei campi elettrici e magnetici al suolo e delle emissioni di gas radon. Tuttavia in campo scientifico la correlazione tra fenomeni di varia natura, che non hanno una precisa relazione di causa-effetto, è assai pericolosa. Si possono generare infatti problemi di allarme o falso allarme e stati di preallerta assolutamente infondati. Nonostante il terremoto provochi presumibilmente alterazioni riscontrabili in diversi ambiti, ad oggi anche se si osservano tali variazioni è impossibile affermare che un terremoto accadrà certamente entro un dato intervallo di tempo in un determinato luogo. 

Lo studio dei terremoti è di tipo interdisciplinare. Quali campi del sapere hanno portato alle conoscenze attuali e continuano a dare il proprio contributo ?

Il terremoto viene studiato utilizzando differenti approcci che nel complesso contribuiscono alla comprensione dei processi fisici e geologici che lo determinano. Le reti sismiche forniscono ad esempio informazioni sul punto in cui si origina un terremoto all’interno della terra, sull'energia liberata e sul tipo di meccanismo che lo ha originato. La sismicità registrata durante una sequenza aiuta a comprendere alcune peculiarità geometriche della faglia che ha generato il terremoto. Le faglie vengono inoltre studiate con approcci puramente geologici, ad esempio, tramite osservazioni dirette di scavi di 'trincee' per riconoscerne i movimenti avvenuti nel passato e stimarne il potenziale sismogenetico. Promettenti per il futuro sono i dati registrati delle reti geodetiche che evidenziano velocità e direzione di spostamento della crosta terrestre. L'ingegneria sismica utilizza i dati delle reti accelerometriche per studi finalizzati alla normativa antisismica. Le ricerche storiche, infine, sono essenziali per ricostruire le caratteristiche dei terremoti passati, dato di partenza per studi di pericolosità sismica a lungo termine su cui basare politiche di prevenzione futura. 

Che ruolo assume la comunicazione pubblica e la sensibilizzazione al rischio?

La riduzione del rischio – che si tratti di terremoto o un altro rischio non fa una grande differenza – passa attraverso tutte le azioni che una comunità e il singolo cittadino mettono in atto quotidianamente. E non si tratta del semplice comportamento corretto in emergenza, che pure ha una sua importanza. Ma si tratta anche di una serie di azioni per la riduzione del rischio non strutturale (ancorare alle pareti di casa i mobili alti, rimuovere oggetti che posso cadere) e più in generale delle scelte ben più rilevanti che facciamo sulle strutture (il rispetto delle norme sismiche, la possibilità di migliorare dal punto di vista sismico gli edifici esistenti). Tutto questo è possibile se le persone sono consapevoli della pericolosità sismica del territorio in cui vivono e delle azioni che possono fare per ridurre il rischio. Iniziative di comunicazione e sensibilizzazione al rischio sono quindi di enorme importanza. Proprio per questo il sistema nazionale di protezione civile sta investendo molte energie nella campagna nazionale Io non rischio

Scienza e politica nella prevenzione del rischio sismico: due mondi separati o collaborativi?

Il contributo della ricerca è stato quasi sempre ignorato dalla politica o accolto in grave ritardo. Tutta la storia della classificazione sismica, a partire da inizio Novecento, è una ininterrotta sequenza di interventi normativi solo dopo forti terremoti, e pure con qualche passo indietro (pressioni di politici per liberare interi territori dall’osservanza di norme sismiche): questa è una delle ragioni per cui il rischio sismico in Italia è così elevato.

È successo anche di recente: l'estensione a tutto il territorio nazionale della classificazione sismica è arrivata solo dopo il terremoto di San Giuliano di Puglia del 2002, recuperando una proposta della comunità scientifica del 1997, rimasta nei cassetti, e l'obbligatorietà di applicazione delle nuove norme sismiche è arrivata solo dopo il terremoto dell'Aquila del 2009. Per questo per alcuni anni in Emilia è stato possibile costruire capannoni industriali con la tecnica del semplice appoggio trave-pilastro. Solo un dialogo aperto e trasparente fra comunità scientifica e cittadini può garantire che le scelte politiche tengano conto di ciò che è davvero bene comune, la sicurezza di tutti. 

 

 

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