SCIENZA E RICERCA

L'essenzialità del tatto

L’importanza del tatto è spesso sottovalutata, ma si tratta di un senso fondamentale che, in realtà, gioca un ruolo primario e cruciale per la nostra stessa sopravvivenza: è quanto mette in luce Storia naturale del tatto di Laura Crucianelli (Utet, 2025), uno dei libri finalisti del premio Galileo.

“Tutta la nostra conoscenza inizia con i sensi”: lo ha dichiarato Kant nella sua Critica della ragion pura, e lo ricorda Crucianelli nella sua opera. I sensi sono il canale primario che ci consentono di rapportarci con il mondo e con tutto ciò che lo costituisce. Tra tutti, il tatto è quello che più ci ancora alla realtà. Se la vista spesso può ingannare – spiega l’autrice nel libro – il tatto difficilmente fornisce informazioni non veritiere. È il senso della concretezza e dell’evidenza; ci mette in relazione con gli altri in modo più profondo e viscerale di un semplice sguardo; permette lo sviluppo della propriocezione, che ci rende consapevoli di chi siamo, di dove finisce il nostro corpo e dove inizia quello degli altri.

Per dimostrare l’enorme importanza di questo senso così trascurato, Crucianelli descrive com’è fatta e quali funzioni svolge la pelle, un organo molto grande – circa nove metri -, che media e veicola il tatto. L’autrice la definisce una “muta magica”: ricopre il nostro corpo, e svolge un ruolo essenziale di protezione e di mediazione tra interno ed esterno. Quando ci procuriamo un’ustione, ad esempio, la pelle ha una straordinaria capacità di guarire e rigenerarsi; allo stesso tempo, quando entriamo in contatto con qualcosa che ci provoca dolore, sono i recettori del tatto situati sulla pelle che, comunicando con il cervello, ci fanno provare una sensazione di fastidio tale da indurci a spostarci ed evitare ciò che ci sta danneggiando. Quest’organo ha, inoltre, la fondamentale funzione di regolare la temperatura del corpo, il che è di vitale importanza per la nostra salute: il sudore – che raffredda l’organismo in risposta al caldo – e la restrizione dei vasi sanguigni – che si verifica per reazione al freddo - sono processi che servono a rendere la temperatura corporea accettabile per noi, in base a ciò che sentiamo sulla nostra pelle.

L’autrice si sofferma anche sull’impatto del nostro umore su quest’organo: uno stato ansioso o un qualsiasi altro tipo di malessere di tipo psicologico possono provocare problemi di natura dermatologica e malattie della pelle.  Quest’ultima è un vero e proprio biglietto da visita, la prima cosa che gli altri vedono quando ci guardano: è per questo che ci si può sentire estremamente a disagio se compaiono brufoli e acne, per esempio in età adolescenziale. È proprio perché la pelle è la prima caratteristica che gli altri notano di noi che si trascorre tanto tempo a curarla: la skincare è ormai molto diffusa, e, oltre che tra le donne, sta diventando sempre più comune anche tra gli uomini.

Dopo aver approfondito nel dettaglio le funzioni e le caratteristiche della pelle, l’opera descrive lo specifico ruolo del tatto sull’uomo: è sorprendente costatare la grande quantità di effetti positivi che traiamo da questo senso e che spesso diamo per scontati. In qualità di neurologa e psicologa cognitiva, l’autrice riporta una serie di studi che dimostrano quanto sia benefico in ogni tappa della vita: come lei stessa afferma, si tratta del senso che si sviluppa per primo negli esseri umani – già durante la gravidanza -, e quello che ci abbandona per ultimo in vecchiaia.   Il tatto, infatti, non serve solo a conoscere ed esplorare il mondo, ma è anche un potente strumento di comunicazione non verbale: per esempio, serve ad esprimere affetto. È stato rilevato che il cervello riconosce un tocco lento e delicato come un contatto affettuoso e amorevole attraverso l’insula, una componente cerebrale legata al senso di sé e alla percezione del proprio corpo. Questo tipo di tocco risulta benefico già durante la gravidanza: Crucianelli cita alcuni studi che dimostrano come il feto reagisca alle carezze della madre sulla pancia. Appena nato, poi, il bambino non è autosufficiente: ha bisogno del genitore per nutrirsi, vestirsi o dormire. Tutte le azioni che un adulto compie per prendersi cura del proprio neonato vedono il contatto fisico come una componente fondamentale: si è notato che un tocco affettuoso, delicato e lento porta importanti effetti benefici nel bambino, per esempio incrementa la sua capacità di riconoscere i volti e la sua consapevolezza di sé e del proprio corpo. Il tatto non perde la sua centralità anche in adolescenza: è fondamentale, infatti, per conoscere il proprio corpo e quello dell’altro, anche da un punto di vista sessuale. D’altra parte, Crucianelli sottolinea anche come la necessità di contatto sia alterata in ragazzi che presentano disturbi mentali quali, per esempio, l’anoressia nervosa: è stato dimostrato che chi ne è affetto riscontra meno benefici da un tocco lento, delicato e tipicamente amorevole. Tenersi per mano tra amanti o abbracciarsi tra amici resta di fondamentale importanza anche per gli adulti: il contatto fisico riduce lo stress, la pressione sanguigna e il dolore fisico. Toccarsi con affetto può aumentare la produzione di ossitocina, l’ormone che favorisce calma, tranquillità e benessere, perciò anche l’adulto ricerca vicinanza, abbracci o carezze. Per gli anziani, invece, il tatto spesso resta l’unico modo per comunicare con il mondo: si può non vedere o non sentire, ma difficilmente non si percepisce un tocco affettuoso. Un contatto umano potrebbe alleviare l’isolamento delle tante persone lasciate sole a vivere i propri giorni: anche per questo si stanno progettando applicazioni per cellulare, robot o particolari coperte che possano far sentire agli anziani soli una vicinanza, seppur virtuale.

Dunque, attraverso il tatto è possibile instaurare una comunicazione diretta e profonda, più di quanto, molto spesso, riescano a fare le parole e gli sguardi: Crucianelli definisce questo strumento un vero e proprio linguaggio, che è importante imparare a utilizzare nel modo corretto. È essenziale comprendere il momento, il contesto e il grado di confidenza che abbiamo con una persona prima di cercare un contatto fisico. Non si può negare, però, che attraverso il tatto si possano esprimere le emozioni più disparate: dall’affetto alla gioia, dalla tristezza alla paura. Parlare attraverso il linguaggio tattile diventa ancor più fondamentale quando uno o più sensi vengono a mancare: una persona sordocieca, per esempio, usa la LIS tattile per comunicare. Quest’ultima consiste nel fare dei segni sulla mano dell’altro, così da fargli comprendere, toccandolo, cosa si sta dicendo. Allo stesso modo, una persona cieca utilizza il braille per leggere e scrivere: si tratta di varie combinazioni di puntini, ognuna delle quali corrisponde ad una lettera, che si distinguono attraverso il tatto. Crucianelli fa riferimento ad uno studio che dimostra che chi non vede non solo presenta un maggiore sviluppo del tatto cosiddetto discriminante – che gli consente di leggere il braille -, ma anche di quello affettivo; percepisce infatti in modo più incisivo il tocco lento e delicato tipico di una carezza.

Come linguaggio, anche la comunicazione tattile è soggetta a variazioni tra le diverse parti del mondo, dovute a differenze geografiche, culturali, sociali o religiose. Nella sua opera, l’autrice riporta una serie di studi che dimostrano come nei paesi del nord ci sia una maggiore abitudine al contatto fisico rispetto a quelli del sud del mondo. Questa tendenza ha varie motivazioni: in primis la posizione geografica, il clima e la distanza dall’equatore. Un altro motivo potrebbe essere il sistema neuroendocrino. È stato dimostrato che il Sole può favorire uno stato di felicità e benessere: questo perché la ghiandola pineale – situata nel cervello e responsabile della produzione di alcuni ormoni -, è sensibile alla luce, dunque una maggiore esposizione alla luce solare può incrementare la presenza di melatonina e ossitocina, fondamentali per preservare il buonumore. Infine chi vive in paesi più freddi e meno soleggiati ha dovuto creare società più complesse e strutturate per poter sopravvivere al rigido inverno, mentre chi risiede in paesi caldI – abitando in ambienti meno difficili -, ha più tempo per coltivare contatti e relazioni umane. Ecco perché, come afferma Crucianelli, in paesi come Italia, Francia, Spagna e nell’America del sud c’è più tendenza al contatto fisico rispetto a ciò che si rileva in Germania, Regno Unito e America del nord. È ovviamente importante conoscere e riconoscere queste e tante altre differenze culturali e personali per utilizzare il linguaggio tattile nel modo corretto. Nonostante i numerosi aspetti positivi, infatti, l’autrice non manca di sottolineare anche i numerosi danni che toccare qualcuno può provocare: la violenza fisica sui bambini può causare danni indicibili e un malessere psicologico che spesso accompagna la persona per tutta la durata della sua vita. Inoltre, Crucianelli ribadisce con forza l’importanza di un contatto fisico voluto e cercato da entrambe le parti, sia da chi tocca sia da chi è toccato. Alcuni uomini, infatti, ritengono di non aver bisogno del consenso e tendono a imporre il proprio potere sulle donne: nel libro si fa riferimento al movimento di denuncia #metoo, che evidenzia come spesso le donne siano costrette a subire violenza fisica per mano degli uomini per accedere a determinate posizioni lavorative. In questo caso, il contatto fisico diventa un’arma, uno strumento per affermare la propria autorità su qualcun altro.

L’opera fornisce diversi altri spunti che consentono di comprendere la centralità del tatto: il ruolo calmante del toccarsi da soli – self touch -, l’importanza del contatto fisico per gli animali e la fame tattile che ha contrassegnato il periodo della pandemia di Covid. Spesso lo diamo per scontato, e questo libro è un invito a rivalutare la sua importanza nelle nostre vite: il tatto è, in realtà, il senso che ci mette più profondamente e radicalmente in comunicazione con il mondo.

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