UNIVERSITÀ E SCUOLA

Abbandono degli studi: in Italia fenomeno in calo

L’abbandono scolastico precoce dice molto sullo stato di salute di un Paese. Quello degli early school leavers è un fenomeno diffuso sul quale, da tempo, si concentrano le attenzioni delle politiche educative nazionali ed europee: uno degli obiettivi principali della strategia Europa 2020 è quello di abbassare al di sotto del 10% la percentuale di giovani tra i 18 e i 24 anni che abbandona prematuramente gli studi o la formazione. Nello studio La lotta all’abbandono precoce dei percorsi di istruzione e formazione: strategie, politiche e misure,recentemente pubblicato e curato da Eurydice Italia (versione italiana di un precedente studio realizzato dalla rete europea nata nel 1980 su iniziativa della Commissione europea), vengono analizzate la situazione attuale e le strategie di prevenzione e intervento adottate e da adottare per contrastare e ridurre il problema, partendo da dati statistici di fonte Eurostat e Ocse, rintracciabili anche nel rapporto Istat 2016 Noi Italia. “I rapporti europei hanno mostrato che, a livello individuale, l’abbandono precoce dei percorsi di istruzione e formazione porta un maggior rischio di disoccupazione, impieghi con minori garanzie, maggiore occorrenza di lavori part-time e guadagni inferiori (Nesse, 2010; Commissione europea, 2011)”.

Prima le buone notizie: in Italia, per quanto riguarda il tasso di abbandono precoce, si sono registrati miglioramenti. La percentuale dei giovani tra i 18 e i 24 anni che abbandonano la scuola troppo presto, non conseguendo né diplomi di secondo grado né attestati di formazione professionale, è scesa dal 19,2% nel 2009 al 15% nel 2014. Un risultato incoraggiante che ha permesso all’Italia di raggiungere il suo obiettivo nazionale fissato al 16%, pur rimanendo ancora distante dall’obiettivo europeo del 10% entro il 2020. Pur abbassandosi la percentuale di chi abbandona, restano tuttavia evidenti disparità sociali, economiche e di genere. I giovani che abbandonano precocemente i percorsi di istruzione e formazione sono spesso svantaggiati sia dal punto di vista sociale che da quello economico rispetto a coloro che continuano a studiare. Le cause primarie dell’abbandono scolastico precoce sono da ricercare in contesti sociali e politici più ampi. L’abbandono scolastico precoce, si legge nello studio, “è il risultato di fattori che discendono da due categorie principali e interrelate: i fattori relativi alla scuola e quelli che riguardano il contesto individuale, familiare e sociale (Thibert, 2013). Sebbene l’abbandono precoce si basi spesso su una decisione individuale, è comunque possibile identificare alcuni fattori comuni che possono avere un impatto sui risultati scolastici degli studenti e di conseguenza sulla loro decisione di abbandonare precocemente la scuola. La situazione socioeconomica, il fatto di provenire da una famiglia migrante così come il genere di appartenenza sono stati spesso considerati fattori che influenzano l’abbandono precoce”. In molti Paesi europei gli studenti nati all’estero che abbandonano precocemente i percorsi di istruzione e formazione costituiscono la maggioranza di chi lascia: l’unica eccezione a questa tendenza è rappresentata dal Regno Unito. I tassi sono alti in Grecia, Spagna e in Italia, dove la percentuale di abbandono degli stranieri è più del doppio rispetto a quello degli italiani: il 34,4% degli studenti che non consegue diplomi di secondaria superiore o di formazione professionale è nato all’estero, mentre tra gli studenti nativi la percentuale scende al 14,8%. I dati sono entrambi superiori alla media europea che è rispettivamente del 22,7% e 11%. E non è tutto, perché l’Italia risulta anche tra i Paesi con le maggiori disparità tra tassi di abbandono maschili e femminili, con una percentuale del 20,2% per i maschi e del 13,7% per le femmine. Si tratta di un dato negativo rispetto alla media europea del 13,6% per i maschi, 10,2% per le femmine (situazioni analoghe a Cipro, Estonia, Spagna, Lettonia, Portogallo e Islanda) con una propensione all’abbandono scolastico da parte degli studenti di sesso maschile che è più evidente nelle aree disagiate.

“In Italia, le politiche per affrontare l’abbandono precoce non sono ancora inserite in una strategia globale, anche se sono stati intrapresi alcuni passi per rafforzare la cooperazione intergovernativa e per riunire tutte le misure strutturali e sistemiche già finora implementate, in collaborazione con altri soggetti interessati: famiglia, alcuni ministeri, enti locali e associazioni del terzo settore - si legge nella sintesi fornita da Indire, Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa del Miur -. Importanti sono le misure sistemiche che ruotano attorno all’obiettivo dell’inclusione”. Tre i punti fondamentali su cui fondare le politiche contro l’abbandono precoce: la prevenzione, attraverso azioni di miglioramento dell’accesso e della qualità (partendo dalla cura della prima infanzia), la riduzione della ripetenza, l’orientamento scolastico e professionale. Il secondo punto mette in campo strategie di intervento - con offerta di sostegno per gli studenti con scarsi rendimenti scolastici, sostegno linguistico per gli studenti di altra madrelingua e, ancora, gestione dell’assenteismo e creazione di una rete con i genitori e altri attori esterni alla scuola –, infine, la compensazione, partendo dalla riforma del sistema della seconda opportunità, l’identificazione dei giovani che abbandonano precocemente e la conseguente creazione di misure per aiutarli a reinserirsi nell’istruzione e formazione.

F.Boc.

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