SCIENZA E RICERCA

Il 2019: l’anno delle pecore elettriche

Il 2019 è l’anno in cui Philip K. Dick,il celebre scrittore di romanzi di fantascienza, aveva ambientato il suo romanzo Ma gli androidi sognano pecore elettriche? Scritto nei primi anni Sessanta, questo romanzo ha dato origine, nel 1984, ad un indiscusso capolavoro del genere fantascienza, Blade Runner, in cui la caccia agli androidi si colloca sullo sfondo di un’era postmoderna, in cui tutto è andato perduto. Nel film, il tema legato al trattamento degli animali non è in primo piano come nel romanzo, tuttavia sue tracce compaiono sin dalle prime battute, quando lo scenario evocato dal maltrattamento di una testuggine inchioda uno dei replicanti sottoposti al test di riconoscimento.  

Nel romanzo, Dick disegna un mondo devastato dalla radioattività a seguito di una nuova guerra mondiale, in cui le persone sopravvissute e rimaste sulla Terra non hanno altra scelta se non ‘emigrare’ su di un altro pianeta o ‘degenerare’ geneticamente. Ma c’è chi rimane e disperatamente cerca di entrare in possesso di uno degli ultimi animali viventi rimasti, per “seguire l’Ascesa” nella propria vita individuale. 

In un mondo in cui la polvere radioattiva è ovunque e per avventurarsi all’esterno è necessario indossare schermi protettivi di piombo, l’unica possibilità di 'salvezza’ sembra essere quella di possedere un animale ‘vero’, come simbolo di rinascita spirituale. Chi non ci riesce cerca di nasconderlo, procurandosi un simulacro, un animale ‘elettrico’, nell’attesa di riuscire ad averne uno vero, perché, “da un punto di vista sociale, è una scelta obbligata se manca l’animale vero”. Così, anche il protagonista, Deckard, “pregava il cielo che gli concedesse un animale qualsiasi, purché vero. Il possederne e il mantenerne uno fraudolento – infatti – riusciva, pian piano, a demoralizzare chiunque”.

Nel tempo della distruzione, il rapporto con gli animali resta uno dei modi più autentici per riconnettersi con la propria identità, al punto che può andare bene anche un simulacro, una pecora elettrica, pur di mantenere la rispettabilità sociale. Anticipando temi che diverranno celebri negli anni a seguire, Dick lanciava un monito alle generazioni future, richiamando l’attenzione sull’importanza di preservare il pianeta e il contatto con gli animali e con la natura per non smarrire il proprio senso. Edward Wilson, illustre entomologo americano e padre della sociobiologia, nel suo celebre Biophilia del 1984, ribadirà che una componente essenziale della natura umana, determinata dai nostri stessi geni, è la biofilia, ‘l’amore per la natura e per le altre forme di vita’, riprendendo un concetto affermato da Eric Seligmann Fromm, famoso sociologo e psicologo tedesco, nell’ambito degli studi psicologici. E Richard Louv, giornalista e scrittore americano, nel 2005, nel suo L’ultimo bambino nei boschi, parlerà di un vero e proprio ‘disturbo da deficit di natura’ per indicare un insieme di manifestazioni comportamentali tipiche dei giovani che hanno perso il contatto con la natura e con l’ambiente circostante. Quando siamo a contatto con la natura e con gli animali ‘qualcosa’ è in grado di acquietarci e rasserenarci, riconnettendoci al nostro io profondo e ai modi in cui il nostro cervello è programmato. 

Nel tempo della ‘sesta estinzione di massa’, in cui le specie animali si estinguono più velocemente che mai a causa dell’azione dell’uomo, prendere coscienza del profondo legame che ci unisce al resto del vivente e dell’importanza della salvaguardia dell’ambiente e del rispetto degli animali diviene una questione urgente ed imprescindibile. In gioco c’è la nostra stessa sopravvivenza, oltre che la nostra reputazione sociale.

Deckard, infatti, una volta possedeva una pecora vera, che un giorno, però, si ammalò e morì. Allora, dopo averci pensato un po’ su, decise di chiamare una di quelle ditte che producono animali artificiali e procurarsi una pecora elettrica. E, alla fine, quelle ditte “hanno fatto un gran bel lavoro. E io ci ho messo tempo e attenzione per accudirla”, perché, si sa “cosa ne pensa la gente di chi non si prende cura di un animale; lo considerano immorale e anti-empatico”. 

Il trattamento degli animali è divenuta indiscutibilmente una questione al centro dell’attenzione sociale, al punto che è possibile parlare di una nuova etica sociale per gli animali: come ha scritto Bernard Rollin, docente di etica animale alla Colorado State University, negli Stati Uniti, e paladino nel mondo di una nuova etica sociale per gli animali, “un interesse sociale generalizzato per la giustizia e per l’equità e un’enfasi sugli obblighi hanno condotto ad una nuova visione sociale del trattamento degli animali. La maggior parte delle persone ritiene che gli animali siano esseri coscienti, che quello che facciamo loro abbia importanza per loro e che essi siano capaci di avere un’ampia gamma di esperienze moralmente rilevanti”. 

Insomma, quello che Dick ci ha lasciato è estremamente attuale: al centro delle sue riflessioni, infatti, si colloca direttamente la ‘moralità’ dei nostri rapporti con gli animali. Come trattiamo gli animali determina chi siamo. Non molto diversamente da quel che ci ha detto Mahatma Ghandi: “La grandezza di una nazione e il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali”.Oggi siamo tutti responsabili, nessuno escluso, della tutela dell’ambiente in cui viviamo e del trattamento che riserviamo agli animali: dobbiamo prenderci cura degli animali, anche di quelli finti(!), pena essere considerati immorali e anti-empatici.

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BARBARA DE MORI

Laureata a Padova in filosofia morale nel 1996, e con un dottorato di ricerca in Etica, Barbara de Mori lavora presso il dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione e insegna bioetica animale ed etica del benessere animale nei corsi di laurea in Medicina Veterinaria, Animal Care e Biotecnologie dell’università di Padova. Si occupa di questioni etiche nell’ambito del benessere e della gestione degli animali nella conservazione, nella sperimentazione, nell’allevamento intensivo, nella pet therapy. È responsabile di accordi di cooperazione internazionale e collabora con Università statunitensi ed europee, con Enti e Università in Sudafrica e in Cina. E’ Direttore dell’Ethics Laboratory for Veterinary Medicine, Conservation and Animal Welfare dell’Università di Padova e della rivista Internazionale Journal of Applied Animal Ethics Research. È membro di Comitati etici per la sperimentazione e per le attività assistite con gli animali e dirige i Corsi Post Lauream in Conservation e Animal Welfare Ethics. È responsabile della collana editoriale Etica e Bioscienza per l’editore Mimesis e membro di comitati scientifici di riviste e di organizzazioni scientifiche.

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