CULTURA
Il calamaro leggendario e reale
Come in un sogno o in un incubo di mezza estate gli abissi del mare sono stati mappati e uno dei mostri che popola da sempre oltre che gli oceani anche le umane paure (aree che spesso coincidono per vastità) è stato localizzato con una buona approssimazione: parliamo dell'Architeuthis Dux meglio noto come calamaro gigante. Chi non vuole incontrarlo durante le ferie, eviti immersioni in mari molto vasti, le elevate profondità (tra i 450 e 1.000 metri), le temperature molto basse (attorno a 1°). La prima mappa del calamarone, pubblicata sulla rivista Ecological Modelling con la timeline che ne racconta la storia, si deve alle indagini dell'Istituto di scienze e tecnologie dell'informazione "A. Faedo" del consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa.
Da questo lavoro apprendiamo che il cefalopode è di stanza soprattutto nell'Atlantico del Nord e nel Pacifico del Sud Est; avvistato vivo ufficialmente l'ultima volta un paio di anni fa in Giappone, ha bazzicato anche tra il 2009 e il 2010 Golfo del Messico e le coste della Florida e si presenta non dissimile dalle descrizioni che di lui fanno da sempre anche la letteratura, il cinema e la cultura popolare in genere: da Verne alle saghe nordiche e i racconti di fantascienza di Arthur C. Clarke fino alle avventure dei pirati dei Caraibi, il calamaro gigante (da non confondersi con quello colossale di cui si è appresa l'esistenza solo nel Novecento) compare nell'immaginario collettivo praticamente da sempre.
Ne fanno menzione persino Aristotele e Plinio il Vecchio, anche se nessuno dei due lo include tra gli animali mitologici, mentre al Nord prende le sembianze del Kraken, mostro marino che deve il suo nome forse all'assonanza con il termine norvegese che indica l'albero rinsecchito (questo evocano i suoi spaventosi tentacoli ritorti quando emergono dall'acqua). Oltre che ad una pianta spettrale il calamaro gigante è stato assimilato, nei racconti scambiati a bassa voce tra i marinai in preda a timore superstizioso, anche al mostro isola o mostro montagna, con rifermento alla testa mastodontica, o confuso con una moltitudine di serpenti marini quando a manifestarsi sono state soprattutto le temibili estremità che, estese, possono far raggiungere all'Architeuthis la ragguardevole misura di 18 o anche 20 metri.
Il calamaro leggendario e reale batte in dimensioni e fama il suo predatore numero uno: il capodoglio (nel cui stomaco è capitato ai pescatori scandinavi di rinvenire lunghissimi tentacoli) con cui si contende anche la capacità evocativa romantica poi riversata nelle grandi storie di mare. Dal Leviatano a Pinocchio a Melleville piovre giganti e balene bianche portano a spasso nei secoli quanto di più misterioso ribolle nella ricerca umana di sé, nella sfida alla natura e a Dio. Si inserisce in questo filone marino-esistenziale un testo del norvegese Morten Stroksnes appena pubblicato da Iperborea, Il libro del mare, che unisce al tema della caccia al mostro una riflessione sulla storia naturale dell'uomo dotata, oltre che di accuratezza scientifica, poesia e un'ombra di mito che non guasta mai, anche di una inaspettata dose di humor.
Due uomini in barca (un gommone per l'esattezza) dei nostri tempi: la bestia marina a cui si sono realmente dedicati l'autore (scrittore, storico, giornalista e fotografo) e il suo compagno d'avventura (pittore discendente da una stirpe di pescatori) è lo squalo della Groenlandia, che sale con il calamaro gigante e il capodoglio sul podio dei miti abissali dell'estate 2017. Calamaro e squalo sono stati accomunati anche dalle attenzioni dello scrittore Peter Benchley, autore di Jaws (da cui ha preso il via la saga cinematografica anni Ottanta) e del meno noto Beast, dedicato al calamaro gigante: nessuno dei due libri ha contribuito alla popolarità dei suoi protagonisti, descritti come feroci e determinati ad attaccare l'uomo.
Una botta di popolarità il nostro squalo nordico l'aveva ottenuta un anno fa, quando era di moda scambiarsi la notizia, vera e fresca di divulgazione, della sua stupefacente longevità: infatti l'Eqalussuaq, come lo chiamano gli Inuit, può arrivare a spegnere, idealmente, 400 candeline. Sì, insomma, lo squalo groenlandese che va a spasso oggi per i fiordi delle Lofoten poteva essere già nato quando in Islanda sono stati trovati i primi resti mai analizzati prima di calamaro gigante: era il 1639.
Oltre alla veneranda età (superata solo dai coralli e certe vongole) lo squalo si caratterizza per considerevole stazza (anche cinque metri per 600 chilogrammi), occhi bioluminescenti da cui pendono parassiti vermiformi che consentono ai suoi bulbi oculari di brillare al buio, labbra a risucchio, contropelo affilato come lamette di rasoio, una mascella non incardinata come la nostra ma capace di scorrere come l'otturatore di un fucile, carni tossiche. Non dunque l'animale domestico ideale ma nondimeno oggetto dell'accanito interesse di Stroksnes e del suo amico Hugo, che ne hanno seguito le tracce attorno al Vestfjorden, da Steigen a Skrova, cercando di attirarlo con i resti di un bue scozzese delle Highlands attaccato a 400 metri di lenza. E mentre il lettore aspetta con loro che la bestia abbocchi, l'aspirante pescatore e narratore lo intrattiene con poesie di Rimbaud e Poe, divagazioni su camini vulcanici sottomarini e tecniche di pesca, racconti su astronomi presentati come archeologi alla ricerca di fossili di luce; nel Libro del Mare il cielo occupa infatti una parte importante: quanta dell'acqua terrestre proviene dallo spazio e come? Tra le teorie riferite da Stroksens anche quella del bombardamento del nostro pianeta, rimasto per un certo periodo senza atmosfera, da parte di comete piene d'acqua.
L'incomprensibile e smisurata vita del predatore affetto dalla solitudine di chi sta in cima alla catena alimentare - gli unici esseri viventi con cui entra in contatto sono quelli che mangia - è spunto anche per riflessioni ecologiche: la vita del mare preesiste a quasi tutto ed è ora notoriamente in pericolo. Anche le mappe digitali per 406 specie marine realizzate dall'Isti-Cnr in collaborazione con la FAO (partner dello studio per produrre la mappa del calamaro gigante) ha lo scopo di monitorare i cambiamenti degli habitat da qui al 2050, legati alle anomalie climatiche in corso.
Molte delle specie indagate, il 67% pesci, il 19% mammiferi, il restante coralli, rettili e molluschi, vedranno infatti perdere gran parte del loro habitat a causa dei rialzi di temperatura dei mari, serbatoi di liquido amniotico della vita che conosciamo e teatro dell'instancabile danza dell'idrogeno che si lega con le molecole d'acqua: “Le molecole si combinano a un ritmo vertiginoso in varianti sempre nuove come le lettere si legano l'una all'altra in nuove parole, che diventano frasi, interi libri. Se si pensa alle molecole d'acqua come a lettere si può affermare che il mare contiene tutti i libri mai scritti, in lingue conosciute e non". Libro del mare e mare di libri, in pratica.
Silvia Veroli