SCIENZA E RICERCA

Cancro, un cocktail di sostanze aumenta il rischio

Pensate a quante volte in un giorno bevete dell’acqua da una bottiglia di plastica e moltiplicate quel numero per i 365 giorni che compongono un anno e di nuovo per 75, considerando l’età media di un individuo. O ancora, se avete poco tempo per cucinare e siete degli estimatori dei cibi preconfezionati, calcolate quanto questi fanno parte della vostra dieta. Ebbene, su quei cibi e su quell’acqua può venir rilasciato bisfenolo, un policarbonato utilizzato per produrre la plastica. Fin qui niente di nuovo, se non fosse che un progetto di ricerca internazionale avviato nel 2013 che vede coinvolta anche l’università di Padova, Halifax Project, individua proprio il bisfenolo tra le quattro sostanze chimiche che maggiormente possono influenzare i processi di sviluppo tumorale anche a bassi dosaggi, cioè a livelli ambientali di esposizione. Accanto al bisfenolo, tre pesticidi: il Ddt, l’atrazina, un erbicida, e il folpet, un fungicida usato in particolare nei vigneti. In uno studio pubblicato su Carcinogenesis gli scienziati, oltre a queste, hanno illustrato altre 46 sostanze chimiche che pur a bassi dosaggi possono giocare un ruolo nell’insorgenza della patologia, specie se si considera la loro azione combinata. 

Per evitare facili allarmismi va detto tuttavia che nessuna delle sostanze chimiche che sono state esaminate nel corso dell’indagine è stata individuata come singolo agente cancerogeno di per sé. “Abbiamo semplicemente esaminato l’ipotesi – spiega Sofia Pavanello, biologa dell’università di Padova e membro del gruppo di ricerca del progetto Halifax – che molte sostanze chimiche non cancerogene, onnipresenti nell’ambiente, siano in grado di esercitare effetti a basse dosi su meccanismi e processi importanti per la cancerogenesi”. Basse concentrazioni e miscele complesse di sostanze chimiche sono state dunque le due direttrici dello studio.

Il cancro è tra le principali cause di mortalità a livello mondiale, con 14 milioni di nuovi casi e 8,2 milioni di decessi nel 2012. Nell’insorgere della malattia influiscono sia fattori genetici che ambientali ed è questa la ragione per cui da tempo si insiste sull’importanza di adottare stili di vita sani e si focalizza l’attenzione sull’esposizione ad agenti chimici di varia natura. Nel 2005 Christopher Wild conia addirittura un nuovo termine, “esposoma”, proprio per definire le interazioni tra l’uomo e l’ambiente esterno ed interno, dal momento del concepimento alla morte: dagli agenti patogeni, chimici e fisici presenti nell’aria e nell’acqua allo stile di vita. Finora tuttavia l’influenza ambientale è stata sottostimata: le sostanze chimiche alle quali siamo quotidianamente esposti sono numerose e non sono state adeguatamente esaminate, sostengono i ricercatori.

“Esiste un ampio gap nei dati tossicologici – argomenta David Christiani, docente all’università di Harvard – anche nel caso di sostanze chimiche sintetiche ampiamente utilizzate”. E continua: “Solo il 50% delle sostanze chimiche che l’Environmental Protection Agency definisce ‘ad elevato volume di produzione’ sono state sottoposte a test anche minimi di cancerogenicità”. 

Halifax Project parte da queste premesse. Ma anche dall’osservazione che limitare lo studio alle singole sostanze chimiche potenzialmente cancerogene risulta essere un approccio incompleto, dato che pochissimi agenti chimici sono in grado da soli di portare all’insorgenza del cancro. Ciò che è necessario considerare è la miscela di sostanze cui siamo esposti ogni giorno e gli effetti dovuti alle basse concentrazioni, aspetto che fino a questo momento la ricerca non ha considerato. 

Negli ultimi anni si sono acquisite molte nuove conoscenze sui meccanismi di sviluppo del cancro. È stato dimostrato ad esempio che le cellule tumorali hanno particolari proprietà biologiche (dette “hallmarks”): sono in grado di proliferare e svilupparsi in modo incontrollato, resistono all’apoptosi, si distinguono per l’“immortalità cellulare”, bloccano i geni oncosoppressori. E ancora inibiscono le difese immunitarie, producono metastasi, infiammazione, instabilità genomica e inducono l’angiogenesi

“Queste nuove conoscenze tuttavia – precisa Pavanello – non sono state accompagnate da cambiamenti sostanziali nelle procedure di valutazione dell’esposizione a cancerogeni ambientali e del rischio che ne consegue”. 

Ebbene, i ricercatori si sono concentrati su ognuno di questi dieci aspetti, oltre che sul microambiente tumorale nel suo insieme, e hanno individuato quali fossero le sostanze chimiche a influire maggiormente su di essi, tra le migliaia presenti anche a basse dosi nell’ambiente. Sono stati selezionati 85 prototipi di agenti chimici, considerati non cancerogeni per l'uomo, e sono stati esaminati i loro effetti nello sviluppo del cancro. L’indagine ha portato a identificarne infine 50 che agiscono simultaneamente su più di uno dei dieci meccanismi considerati che caratterizzano le cellule tumorali. Tra queste sostanze, il bisfenolo e il Ddt incidono sul numero maggiore di hallmarks, seguiti da atrazina e folpet. L’elenco tuttavia è lungo e a influire sui processi di insorgenza tumorale, pure a dosaggi bassi, possono essere anche metalli come il rame, il cobalto, il ferro e il piombo o sostanze come l’acrilamide, che si forma durante la frittura del cibo o la cottura al forno quando le temperature sono molto elevate.

“L’indagine – sottolinea Sofia Pavanello – suggerisce l'idea che le sostanze chimiche siano in grado di agire in concerto tra loro per causare il cancro, anche ad esposizioni basse come quelle ambientali. Certamente una ricerca  di base supplementare sulla carcinogenesi incentrata sugli effetti a basse dosi di miscele chimiche deve essere perseguita vigorosamente per avvalorare  questa ipotesi”. Pavanello spiega che tutte le agenzie che si occupano di analisi del rischio tossicologico si avvalgono di metodi e procedure che utilizzano valori di soglia molto elevati. Ciò che invece ora si propone è un approccio al rischio tossicologico che si fondi su studi a bassi dosaggi degli agenti chimici per riprodurre nel modo più fedele possibile i livelli ambientali di esposizione. E adottare, di conseguenza, opportune misure di prevenzione delle patologie tumorali. 

M.Pa.

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