UNIVERSITÀ E SCUOLA

Città "verdi"? Non in Italia

Per il 2016 Lubiana, capitale della Slovenia. Essen, in Germania, per il 2017. Per il 2018 invece la partita si sta giocando tra le olandesi ‘s-Hertogenbosch e Nijmegen e la svedese Umeå. Sono le città che la Commissione europea ha nominato (o sta nominando) capitali verdi (European Green Capital) per “premiare le amministrazioni comunali in grado di raggiungere standard ambientali elevati e fungere da modello per altre città”. Giunta alla sua settima edizione, l’iniziativa negli anni precedenti ha visto salire sul podio Stoccolma, Amburgo, Vitoria Gasteiz, Nantes, Copenaghen e Bristol. Italia grande assente.

Lubiana, per soffermarci sulla città che si è guadagnata il titolo per quest’anno, ha puntato su un deciso potenziamento delle aree verdi e dei parchi urbani, sullo sviluppo di un piano di mobilità sostenibile e su un modello di gestione dei rifiuti che insiste sulla raccolta differenziata e sulla riduzione dei prodotti di scarto attraverso il riciclo. 

Nel 2012 sono state raccolte circa 100.000 tonnellate di rifiuti e il 47% di questi sono stati riciclati. Nel 2013 si è saliti al 53% con l’obiettivo di raggiungere quest’anno il 60%. I rifiuti biodegradabili che finiscono in discarica sono passati dal 60% nel 2006 al 32% nel 2012. È stata potenziata la raccolta di oggetti usati come vestiti, scarpe, tessili di vario tipo e giocattoli e ora, in collaborazione con le scuole e i cittadini, anche di utensili da cucina e materiale scolastico che vengono dati ai centri per ragazze madri e senzatetto. 

Non manca l’impegno a utilizzare le fonti di energia rinnovabile soprattutto negli edifici di nuova costruzione e a incrementare l’uso dei trasporti pubblici e degli spostamenti in bici o a piedi. Favoriti, questi ultimi, da chilometri e chilometri di piste ciclabili, dall’estensione delle aree pedonali e da un continuo potenziamento della rete di trasporto urbano e interurbano. Nel 2011 il 20% delle persone si spostava a piedi o in bicicletta, il 67% in macchina e il 13% con i mezzi pubblici. Già nel 2013 è aumentato il numero dei primi e diminuito quello dei secondi. L’obiettivo, entro il 2020, è di arrivare al 33% di trasporto pubblico, al 33% di auto private e al 34% di traffico non motorizzato. Non va dimenticata nemmeno la creazione in centro città nel 2007 di una “zona ecologica” completamente chiusa al traffico che copre una superficie di circa 91.300 metri quadrati e la presenza di parchi, giardini pubblici e spazi verdi tra gli edifici residenziali, per un totale di circa 180 ettari di verde (di questi 40 creati negli ultimi anni). Ai parchi più antichi, come il Tivoli Park e il Path of Memories and Comradeship con oltre 7.000 alberi, ne sono stati aggiunti altri cinque negli ultimi anni.   

Tutto questo, tradotto in due parole, equivale a “città sostenibile”. “Nello spazio urbano – commenta Lucia Bortolini docente del dipartimento di Territorio e sistemi agroforestali dell’università di Padova – l’attenzione per l’ambiente e per le risorse che questo offre è molto importante, anche per il risparmio energetico e idrico che una gestione urbanistica di un certo tipo può consentire. E qui mi riferisco alla presenza di vegetazione, al recupero e riutilizzo delle acque reflue che permettono di contrastare fenomeni come l’isola di calore, di filtrare polveri e sostanze inquinanti creando in questo modo un ambiente più salubre per l’uomo”. La progressiva urbanizzazione e cementificazione dei territori agricoli ha inciso notevolmente sulla biodiversità genetica, sulla conservazione dei territori palustri e sul naturale ecosistema idrico: è diminuita la quantità d’acqua che si infiltra nel terreno o che da questo passa nell’aria come vapore e, di conseguenza, è aumentato il deflusso superficiale, cioè l’acqua che scorre in superficie. Questo, a cascata, genera una serie di conseguenze che vanno dalla riduzione delle falde acquifere al sovraccarico delle fognature, dalla sedimentazione di detriti nei fiumi e nei laghi al peggioramento del microclima urbano, fino all’aumento dei costi necessari per smaltire le acque meteoriche. 

“Possiamo dire che in Italia – osserva la docente – città come Bolzano e Trento riservino un’attenzione maggiore rispetto ad altre agli aspetti ambientali. Esistono ad esempio programmazioni urbanistiche che prevedono la presenza di strutture vegetate e il recupero dei reflui”. Proprio la vegetazione si configura come un elemento importante per la gestione sostenibile dei deflussi di pioggia che negli ultimi anni hanno creato più di qualche problema nel nostro Paese. Ai “sistemi urbani di drenaggio sostenibile” il gruppo di Lucia Bortolini e Vincenzo D’Agostino lavora ormai da anni all’università di Padova. In pratica si tratta di sistemare degli elementi naturali o artificiali in prossimità di strade, marciapiedi e altre zone poco permeabili per ridurre la velocità dell’acqua, favorirne l’infiltrazione nel terreno o trattenerne una certa quantità filtrandola dagli agenti inquinanti. Oggi, al contrario, si tende a convogliare velocemente le acque nelle fognature, creando sovraccarichi, o nei fiumi i cui alvei però a un certo punto non riescono più a contenere gli elevati volumi idrici. 

Nel campus universitario di Agripolis a Legnaro, sono state avviate alcune sperimentazioni con la costruzione di “tetti verdi”; di uno stagno permanente che raccoglie le acque da una superficie pavimentata, dotato di piante che crescono su elementi galleggianti; di un “rain garden” cioè un’aiuola su una superficie depressa che riceve l’acqua dalle grondaie di un tetto. Dal punto di vista urbanistico  le soluzioni possibili sono però anche altre. Si pensi ai contenitori alberati filtranti, strutture contenitive interrate coperte da grate metalliche calpestabili, al cui interno vengono collocati piccoli alberi o arbusti. Altra possibilità sono i lastricati permeabili contenenti spazi vuoti che lasciano filtrare l’acqua o ancora le fasce tampone, strisce di vegetazione spontanea o appositamente piantata, utili a ridosso di un fiume, di un canale o di un torrente.

“Serve innanzitutto la volontà politica per promuovere una gestione più sostenibile delle città e, magari, potrebbero essere premiati i comportamenti virtuosi e il ricorso a questo tipo di progettazioni urbanistiche”. Lucia Bortolini insiste sull’importanza di mettere i cittadini al corrente delle problematiche ambientali e delle potenziali misure preventive e di contenimento: i sistemi urbani di drenaggio sostenibile ad esempio sono poco costosi e ognuno può fare la sua parte. Si tratta di piccoli interventi diffusi che il singolo può mettere in atto, se opportunamente informato di queste possibilità. 

Monica Panetto

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