SOCIETÀ

Caro Putin, andrà sempre peggio

“Peggio del nostro incubo peggiore”. Con queste parole lo scorso dicembre il numero due della banca centrale russa Sergej Shvetsov ha descritto la situazione economica del suo paese. La prima avvisaglia della tempesta perfetta è stato il crollo del prezzo del petrolio nell’ultimo anno, che assieme al gas copriva circa il 70% delle esportazioni e la metà delle entrate della Federazione, seguito a ruota dal rublo, che ha a sua volta dimezzato il suo valore. Mentre schizzano in alto l’inflazione e i tassi d’interesse, oggi la Russia si prepara a entrare in un periodo di recessione dalla durata e dagli esiti imprevedibili.

Un futuro nero a cui Antonio Piccoli, manager italiano in Russia da oltre 20 anni e direttore di Confindustria Mosca, per il momento non vuole credere? “L’economia russa è ancora vulnerabile, sia per dimensioni che per caratteristiche intrinseche; d’altra parte il debito pubblico è solo il 10% del Pil, le riserve valutarie e auree rimangono ingenti e, soprattutto, negli ultimi 10 anni sono stati fatti molti passi avanti”. Dalla crisi anzi possono nascere addirittura delle opportunità: “Le obbligazioni delle grandi aziende russe oggi sono sottovalutate e potrebbero essere un'opportunità di investimento a breve”.

Il confronto con il passato recente è comunque impietoso. Appena undici mesi fa con le olimpiadi invernali di Sochi, le più costose della storia, la Russia tentava di dare al mondo una dimostrazione di forza spettacolare e un po’ pacchiana. Una città balneare – scelta inconsueta per gli sport invernali – vicina all’Ucraina e a 40 chilometri dal confine con l’Abkhazia, teatro tre anni prima degli scontri tra l’esercito russo e quello georgiano, rapidamente sbaragliato. A poca distanza il 18 marzo, meno di un mese dopo, l’autoproclamata Repubblica autonoma di Crimea veniva annessa dalla Federazione Russa, staccandosi dall’Ucraina. Voleva essere l’apice della politica putiniana di potenza, invece forse è stata una delle cause scatenanti della crisi, portandola a impelagarsi in quella che giorno dopo giorno rischia di assomigliare sempre più a una guerra civile alle porte di casa, dagli esiti imprevedibili. Questa volta inoltre gli Stati Uniti, a differenza di quanto è accaduto in Georgia, hanno reagito, tirandosi dietro i dubbiosi alleati europei.

Qual è il ruolo delle sanzioni occidentali nella crisi attuale, e soprattutto come si vive la situazione direttamente sul campo? “Le sanzioni europee hanno appena sfiorato il paese – risponde Piccoli – mentre quelle russe hanno colpito duramente noi esportatori. In pochi mesi solo i produttori italiani nel comparto alimentare hanno perso circa 280 milioni di euro: molti di loro sono anche falliti”.  Hanno invece pesato molto sul Paese, in questi mesi, le mosse di molti operatori finanziari occidentali, con una difficoltà crescente delle banche e delle imprese russe a trovare credito e finanziamenti nel mercato internazionale.

Una vera e propria guerra finanziaria globale che ha contribuito non poco all’aggravarsi della crisi, con lo scopo – è stato detto – di portare al più presto il presidente russo a più miti consigli. “Spiacente Putin, l’economia russa è condannata”, ha titolato Mark O’Brien nel popolare blog di politica ed economia del Washington Post. Secondo Mark Galeotti, docente alla New York University, Putin aveva ormai trasformato la Russia da vecchia potenza mondiale al ruolo di “ricattatore geopolitico”, con l’unico obiettivo di creare instabilità per trarne vantaggio. Una strategia di contrasto asimmetrica che, secondo lo studioso e analista americano, nel medio periodo risulta però controproducente. Come ad esempio può accadere quando ci si misura con un competitor della forza economica degli Stati Uniti, con un Pil equivalente a otto volte quello russo. Attenzione però alle conseguenze di un risveglio dell’orgoglio dell’orso russo: “L’Occidente non vuole cambiare le nostre politiche, vuole un regime change”, ha detto il ministro degli esteri Sergej Lavrov a fine novembre. E non mancano anche in Occidente analisi che addebitano la situazione attuale anche all’amministrazione Obama, decisa a riscattare le difficoltà interne umiliando l’antico nemico.

Quali che siano le cause e le motivazioni profonde della situazione attuale, a pagarne le conseguenze rischia di essere l’Europa, come ad esempio con il conflitto ucraino, ma anche con il tramonto di progetti di prima grandezza quali il gasdotto South Stream: “Probabilmente i russi non capivano più perché avrebbero dovuto portare gas a poco prezzo in un’Europa percepita come succube degli Stati Uniti, con cui sta anche concludendo un trattato di libero scambio. Hanno quindi preferito impiegare i loro ingenti investimenti per cercare di raggiungere mercati alternativi come l’India e la Cina, verso la quale è in costruzione un nuovo gasdotto transiberiano”. Un danno doppio per l’Ue, visto che in larga parte il progetto sarebbe stato realizzato proprio da imprese europee, le nostre Eni e Saipem in prima fila: “Sì, viviamo un periodo non facile, perché in gioco non c’è solo il futuro della Russia, ma anche quello dell’Europa. Questo è un Paese enorme in larga parte ancora da costruire: avremmo potuto farlo insieme, russi ed europei, e forse siamo ancora in tempo”.

Daniele Mont D'Arpizio

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