CULTURA

Check-up positivo per la cappella degli Scrovegni

Settecento anni di età non la scalfiscono più di tanto: la cappella degli Scrovegni, scrigno del ciclo più importante degli affreschi di Giotto, gode di un buono stato di salute. Il monumento, eretto per volere di Enrico Scrovegni nel 1303, è sotto costante monitoraggio, sia per quanto riguarda l’inquinamento, sia per l’assetto statico della struttura. Quest’ultimo punto, soprattutto alla luce del recente sciame sismico in Emilia Romagna, preoccupa le istituzioni.

Le analisi. Pur se segnata dal tempo, la cappella presenta una statica di livello eccellente. I controlli effettuati a partire dal 1998 ad oggi, infatti, presentano un quadro più che incoraggiante. A dirlo è Claudio Modena del Dipartimento di Ingegneria civile, edile e ambientale, tra i massimi esperti in materia. Modena e la sua equipe hanno infatti mappato anche gli edifici storici dell’Aquila, danneggiati o distrutti dal violento sisma.

Da un punto di vista strutturale la cappella degli Scrovegni presenta delle lesioni, situate soprattutto lungo la volta. «Sono lesioni frutto di danni subiti dalla cappella ancora tra l’Ottocento e il Novecento», cioè quando venne demolito il grande palazzo, residenza degli Scrovegni, e, in seguito, quando crollò il porticato e la cappella venne destabilizzata dagli assestamenti conseguenti. Ma queste ferite non destano particolari preoccupazioni: «Queste lesioni si muovono con un comportamento ciclico basato sugli sbalzi termici – spiega Modena – la cappella, secondo i nostri studi, gode di una sicurezza statica quasi al pari di un edificio nuovo soggetto alle prescrizioni di legge attuali sul rischio sismico». Modena non considera un problema nemmeno la presenza dei cordoli in calcestruzzo e delle barre di acciaio che hanno sostituito le antiche capriate in legno durante il restauro del 1963. «Dopo il terremoto dell’Aquila – argomenta – cemento era sinonimo di crolli. Ma la facciata della chiesa di San Bernardino, rinforzata proprio con cordoli in cemento, è rimasta per esempio intatta». Il principio è semplice: il cemento spesso diventa un capro espiatorio perché «tutto dipende da come è stato posato il calcestruzzo all’interno di una struttura», conclude Modena. Che, interrogato sulla possibilità di intervenire sull’attuale struttura della cappella, risponde così: «Non ne vedo il motivo, si rischierebbe di più con un intervento, piuttosto che mantenendo lo status quo attuale».

Inquinamento e falda acquifera. Ma non ci sono solo i terremoti a preoccupare gli Scrovegni. Altri problemi sono sotto costante controllo. Il primo riguarda l’inquinamento da particolato e da ossidi di nitrato che, con le sue concentrazioni, rischia di danneggiare gli affreschi. L’altro, invece, riguarda la situazione del sottosuolo. Il rischio inquinamento è stato arginato grazie alla realizzazione, nel 2000 di un “polmone artificiale” in grado di filtrare l’aria proveniente dall’esterno, soprattutto durante le visite guidate. Questa struttura, spiega il soprintendente Vasco Fassina, «è in grado di abbattere il 75 per cento delle polveri sottili e di mantenere sotto il livello di guardia gli altri inquinanti pericolosi». Permangono delle criticità, con picchi di particolato durante gli orari di pulizia della cappella e durante le visite guidate, causati, probabilmente, dal risollevamento delle polveri intrappolate dai tappetini igienizzanti. Le prescrizioni future, in questo caso, prevedono di individuare nuove superfici per il calpestio e di tenere in ottima manutenzione i sistemi di filtraggio dell’aria. Anche l’umidità non rappresenta un pericolo: i valori riscontrati nella cripta (8,5 per cento) sono ben al di sotto dei livelli di guardia.

La questione idrogeologica è invece più complessa. La cappella poggia le sue fondamenta sopra una doppia falda acquifera (superficiale e profonda), separata da materiale argilloso e limoso. Lo studio idrico, affidato ai professori Paolo Salandin, Luigi D’Alpaos e Paolo Simonini, aveva l’obiettivo di far emergere eventuali problemi di statica del monumento derivanti dai lavori per il futuro auditorium di Padova e per la realizzazione del complesso residenziale nell’Area Pp1 adiacente a piazzale Boschetti. «Il quadro emerso è eterogeneo – dice Salandin – ma le rilevazioni effettuate dimostrano come attorno alla cappella ci sia solo un punto in cui il terreno potrebbe essere soggetto a sprofondamenti». E per quanto riguarda i lavori in corso nell’area di via Trieste non ci sarebbero rischi di sorta, a patto, però, che non venga effettuato il prelievo di alti quantitativi di acqua dal sottosuolo. La prescrizione è quella di mantenere costante la pressione tra le due falde così da non creare squilibri idrici.

 

Mattia Sopelsa

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