SOCIETÀ

Da grande volevo fare la bambocciona

Quando dopo le superiori ho scelto di iscrivermi a Lettere, sapevo a cosa andavo incontro: precarietà, disoccupazione, conti in rosso, probabile accattonaggio. Nonostante questo ho pensato che sprecare i migliori anni della mia vita facendo qualcosa che non mi piaceva sarebbe stato poco saggio, tanto più che per esperienza sapevo che quando fai qualcosa che ti piace tendi a farlo bene, e gli altri se ne accorgono.

Infatti mi sono laureata in anticipo e a pieni voti. Avevo concordato con i miei genitori che per un anno avrei potuto intraprendere delle attività distanti dal mio “progetto di vita”, in modo da non avere rimpianti in futuro. Così ho fatto la commessa part time e la barista la sera. Vivevo con mia madre e non avevo spese: quello che guadagnavo lo spendevo in uscite, libri, vestiti e corsi di teatro. Ero una bambocciona e mi piaceva. Ma tre anni fa non ho avuto scelta: mi sono dovuta trasferire.

Per fortuna avevo ancora da parte alcuni risparmi dell’“anno glorioso”. Ho trovato una bellissima casa, piccola ma molto accogliente, perfetta per me e per il mio gatto. Stare da sola non mi ha mai spaventato: essendo figlia unica e avendo ricevuto il permesso di uscire la sera solo a 18 anni, ho coltivato l’abitudine di passare intere giornate in compagnia di libri e film senza annoiarmi. Sapevo che in caso di emergenza avevo comunque i genitori nella stessa città, quindi da questo punto di vista sono sempre stata tranquilla.

Ben diverso è il discorso dal punto di vista economico: passo da un contratto a tempo determinato all’altro, spesso part time. La signora Fornero dipinge una generazione di schizzinosi, la stessa generazione che nei momenti di disoccupazione pulisce scale nonostante la laurea. Da un ministro del Lavoro ci si aspetterebbe il rispetto che nasce dalla conoscenza della vita che facciamo noi giovani, perché a me che non sono schizzinosa lo stipendio basta a malapena per l’affitto e le bollette, per il resto devo integrare.

Ho fatto un corso per la ricostruzione delle unghie, uno di grafica e uno per creazione e design di bigiotteria. Da quando ho finito le superiori do ripetizioni a ragazzi di medie e superiori e negli anni mi sono costruita una buona clientela. Nonostante questo sono sempre sul filo del rasoio: adesso per esempio sto ancora aspettando lo stipendio di agosto e settembre, quindi sono indietro con l’affitto. Il mio padrone di casa è una persona gentile, ma per le questioni economiche è molto insistente, quindi vivo ogni giorno con l’ansia di ricevere un avviso di sfratto.

Il primo anno ero riuscita ad arrangiarmi con i risparmi, ma poi sono finiti: ho dovuto rinunciare a tutto. Pazienza per vestiti e libri: ci sono le biblioteche e comunque nell’“anno di gloria” mi sono creata un guardaroba non indifferente che riesco a reinventare ogni giorno con diversi abbinamenti. Quello che mi ha fatto soffrire maggiormente è stato rinunciare alle uscite e ai corsi di teatro. Ora vado fuori solo il sabato, a meno che non abbia la certezza che qualcuno mi offrirà da bere. In ogni caso le altre sere sono troppo stanca per non spiaggiarmi a letto alle dieci di sera, visto che tra un lavoretto e l’altro non torno mai a casa prima delle otto.

Ci tengo a precisare che io non sono un caso umano, ma una privilegiata: in tre anni sono stata disoccupata solo quattro mesi; i miei genitori sono esigenti, e pensano che a ventisette anni una persona dovrebbe reggersi economicamente sulle proprie gambe. Tuttavia a Natale e al compleanno ricevo dei bellissimi regali e mio padre può permettersi di pagarmi le costose terapie per un problema cronico alla schiena. Se alla fine i miei peggiori timori si avverassero e rimanessi senza un tetto, sono sicura che lui e la sua compagna mi ospiterebbero, ma di sicuro non sarebbe una situazione auspicabile. Anche i miei amici non mi lascerebbero in mezzo ad una strada, ma quelli che non vivono col partner stanno ancora dai genitori e in entrambi i casi, per usare un eufemismo, mi sentirei di troppo.

Per ora quello che mi fa davvero paura non è l’accattonaggio ventilato dagli allarmisti; quello che mi spaventa davvero è sapere che persona rischio di diventare se la situazione non si sblocca e non trovo un lavoro che mi garantisca uno stipendio serio: in questi anni ho dovuto rinunciare, una alla volta, a tutte le mie passioni, per mancanza di tempo e di soldi. Ogni imprevisto che implichi una perdita economica mi getta nel panico più totale, e quando non sono nel panico sono acida e arrabbiata perché trovo davvero ingiusto dover vivere così. A volte mi stupisco di avere ancora delle persone che mi vogliono bene al mio fianco: quando mi guardo allo specchio vedo una persona che non frequenterei mai.

Quando studiavo non avevo problemi di stress: macinavo esami come chicchi di caffè e sapevo divertirmi. Ora mi ammalo molto spesso, ho problemi di insonnia, sono abbonata alla gastrite e il sabato devo obbligarmi ad uscire per vedere gli amici e sapere che almeno non ho passato tutte le mie serate a casa col gatto, come nella migliore tradizione delle zitelle inacidite.

A proposito, da quando vivo da sola ho chiuso il capitolo “vita sentimentale”: non avevo più tempo per dare al mio ragazzo le attenzioni che meritava, e ora parto prevenuta nei confronti di tutti gli uomini che vivono con i loro genitori. Li considero dei bambini viziati, ma in realtà credo di invidiarli, perché possono fare tutto ciò che non posso fare io. Allo stesso modo detesto e invidio le ragazze che vivono con i genitori e si presentano con la borsa di Chanel: “Duemila euro, ma sono soldi miei.” Bella forza.

Ormai io ragiono in termini di affitto: cara ragazzina, tu ti sei comprata una borsa che mi garantirebbe un tetto per quattro mesi. E hai fatto bene, perché è bellissima. Non sono un’ipocrita. Se avessi avuto scelta, anche io vivrei ancora con mia madre e sarei la fortunata acquirente della Chanel. E dei corsi di teatro, e dei libri appena usciti e di tutta quella vita che mi sto perdendo lavorando anche dodici ore al giorno. Se una coetanea mi chiedesse un consiglio, le direi di rimanere a casa sua finché può, e quando qualcuno - ministro, segretario o netturbino - le darà della bambocciona potrà consolarsi stringendo al petto la sua nuova borsa griffata.

Michela Da Rin

 

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