UNIVERSITÀ E SCUOLA

Riforma del preruolo universitario: la ricerca rimane povera e precaria

“Disposizioni in materia di valorizzazione e promozione della ricerca”: così viene presentato, nel comunicato stampa n. 91 del Consiglio dei ministri diffuso il 7 agosto 2024, il disegno di legge (Ddl) 1240/2024 proposto dalla ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini, che interviene sulla riforma delle figure del cosiddetto “preruolo” universitario, ovvero il lasso di tempo che separa il conseguimento dei titoli di studio dall’ottenimento di una posizione di ruolo nel mondo universitario.

Di una riforma del “preruolo” l’università italiana ha urgente bisogno: ad oggi, infatti, vige ancora la riforma del 2010, firmata dall’allora ministra Gelmini (in realtà già superata dalla riforma Messa, varata nel 2022, ma mai applicata), che aveva aggravato le condizioni del precariato della ricerca e reso più difficoltoso l’accesso a posizioni di ruolo all’interno dell’università.

La riforma del 2010 aveva eliminato la figura del ricercatore a tempo indeterminato (RTI), riducendo a due (professore di I e II fascia) le posizioni a tempo indeterminato in università; inoltre, aveva introdotto due figure di ricerca a tempo determinato (note come “tipo a” e tipo b”), una delle quali apre la porta alla stabilizzazione, in presenza di specifiche condizioni. A completare questo quadro concorre la tipologia contrattuale dell’assegno di ricerca, non riconosciuto come forma contrattuale propriamente lavorativa (nonostante preveda il pagamento dei contributi previdenziali) ma ampiamente utilizzato nel mondo accademico.

La riforma del 2022, mai attuata

La legge 79/2022 è intervenuta su questo status quo proponendo una riforma delle figure contrattuali della ricerca che andasse in direzione di una progressiva conformazione alle prassi europee. La riforma Messa ha abrogato l’assegno di ricerca – che non rispettava la Carta Europea dei Ricercatori rispetto ai diritti retributivi e previdenziali dei ricercatori stessi – e introdotto una nuova forma contrattuale: il Contratto di Ricerca, più lungo (della durata di due anni e prorogabile una sola volta, a differenza dell’assegno, che aveva durata minima di 12 mesi) e, soprattutto, riconosciuto come contratto di lavoro, con le conseguenti tutele (ma, per questo, più costoso per le università).

Ma questa riforma, pubblicata in Gazzetta Ufficiale a fine giugno 2022, è rimasta sostanzialmente lettera morta. Con la caduta del governo Draghi e la successiva formazione del governo Meloni, infatti, il finanziamento e l’impiego delle nuove figure di ricerca (ad esempio, tramite l’approvazione del nuovo contratto di ricerca in sede di contrattazione collettiva) non sono mai stati realizzati. Ciò si è tradotto, nella pratica, in una serie di proroghe alle disposizioni della legge 240/2010 (Gelmini) – compresi gli assegni di ricerca, che sono, di fatto, il nerbo della ricerca (precaria) italiana.

Grazie ai piani straordinari di reclutamento e all’iniezione nel sistema accademico italiano dell’enorme quantità di fondi resa disponibile dal PNRR, negli ultimi anni abbiamo assistito a un’inedita proliferazione di ricercatori precari: ad oggi, popolano l’università più di 20.000 assegnisti di ricerca e circa 9.000 RTD-a, per molti dei quali i contratti sono in scadenza e non potranno essere rinnovati.

Pare, infatti, che non vi sia intenzione di dare continuità alla stagione di finanziamenti straordinari che aveva fatto salire la spesa per la ricerca a circa lo 0,75% del PIL italiano. In concomitanza con la presentazione del suo Ddl sul “preruolo” accademico, la ministra Bernini ha anche varato un consistente taglio del Fondo di finanziamento ordinario (FFO), ridotto di 173 milioni di euro rispetto al 2023. Questo si somma all’adeguamento all’inflazione degli stipendi dei dipendenti a tempo indeterminato (professori e personale tecnico-amministrativo) fissato dall’ISTAT al +4,8%, a cui gli atenei pubblici dovranno far fronte esaurendo gran parte delle risorse annuali ordinarie a loro disposizione. Anche gli atenei che hanno mantenuto in pareggio il proprio bilancio rispetto al 2023 subiscono in realtà, a causa del generale “taglio” finanziario, una riduzione della propria disponibilità economica. Tutto ciò, inoltre, avviene proprio in corrispondenza con la cessazione del flusso delle risorse straordinarie fornite dal PNRR (che si concluderà alla fine del 2025).

Il Ddl Bernini: aumentare il precariato per ridurlo

Bernini afferma di aver predisposto una “cassetta degli attrezzi” per le università che dovrebbe contribuire a ridurre il precariato nel mondo accademico. Eppure, per raggiungere questo scopo sembra scegliere un mezzo piuttosto controintuitivo: una sovrabbondanza di forme contrattuali a tempo determinato (il testo della riforma, da fine settembre 2024 in discussione presso la Commissione cultura del Senato, introduce tra quattro e sei nuove figure) che si aggiungono alle posizioni già esistenti.

Questa manovra non allevia in alcun modo le tendenze già in atto: ad esempio, l’aumento del numero di anni in cui i giovani ricercatori rimangono nel limbo del “preruolo” – secondo ADI, l’Associazione dottorandi e dottori di ricerca in Italia, con la nuova riforma la durata del precariato accademico potrebbe aumentare da una media di 10 a 17 anni. Non bisogna poi dimenticare l’aumento dell’età media a cui si accede a posizioni più sicure (ad oggi, l’età media a cui si accede a un contratto di RTD-a è 39 anni, mentre sale a 41 per il contratto di RTD-b), condizione che rende impossibile alla fascia dei 30-40enni impiegati nell’accademia un’adeguata pianificazione personale e familiare, con evidenti conseguenze sul piano sociale ed economico.

Vi sono anche alcune questioni pratiche che non sono ancora state risolte: l’ultima proroga delle disposizioni della riforma Gelmini – tra cui l'assegno di ricerca, RTD-a e RTD-b – scadrà il prossimo 31 dicembre, e non è stata rinnovata. Siamo ormai a novembre, e il Ddl Bernini sembra ancora piuttosto lontano dall’essere convertito in legge. Cosa accadrà agli oltre ventimila ricercatori e novemila RTD-a in scadenza che, a partire dal 2025, non saranno coperti da una forma contrattuale idonea?

L’accademia si mobilita

Di fronte a questa cronica incertezza, che gli interventi dell’attuale guida del Mar (ministero dell’Università e della Ricerca) sembrano acuire, il mondo accademico non è rimasto impassibile. A partire da luglio 2024, quando ilDdl è stato presentato, ricercatori, studenti e professori hanno dato avvio a una mobilitazione che si sta articolando in diverse forme.

Le presidenti di diverse società scientifiche italiane hanno firmato una lettera aperta nella quale condividono i loro timori sulle conseguenze del “ridimensionamento dell’università e della ricerca pubblica”, e sostengono che “Come Presidenti di Società scientifiche italiane, che rappresentano migliaia di docenti universitari e ricercatori del Paese, […] non possiamo condividere la deriva che si prospetta per la nostra università”.

Anche le associazioni si sono mobilitate per informare e mettere in movimento l’intero settore: ADI, presente nella maggior parte delle università italiane con sedi locali, ha organizzato diversi eventi informativi per far conoscere la bozza della riforma e discutere dei potenziali impatti sulla vita dei ricercatori e delle modalità di opposizione percorribili. L’Associazione, inoltre, sta approntando un documento da presentare al MUR che conterrà delle proposte di emendamento del Ddl.

Inoltre, diverse associazioni di studenti e ricercatori (UDU, Link, Primavera degli Studenti, FLC CGIL, ADI, ARTeD) si sono riunite sotto l’egida della campagna Novantapercento, che mette in luce come ai ricercatori precari non servano nuove tipologie di contratto a tempo determinato, ma fondi per finanziare la ricerca e per risolvere i principali problemi che i ricercatori “preruolo” devono affrontare: mancanza di garanzie e tutele contrattuali, stipendi tanto bassi e intermittenti da fare della ricerca un lavoro povero, e precarietà cronica, con un’alta probabilità di espulsione dal sistema.

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