UNIVERSITÀ E SCUOLA

Decreto Monti: saranno i fuoricorso a pagare per tutti?

La revisione della spesa varata dal governo di Mario Monti modifica in modo sostanziale alcuni meccanismi fondamentali del finanziamento delle università. Il decreto legge 95, varato il 6 luglio scorso, non include il taglio da 200 milioni di euro agli atenei a favore delle scuole cattoliche di cui si era parlato ma inserisce nuove modifiche nel sistema di contribuzione degli studenti. Se, prima del decreto, la soglia di tassazione a carico degli studenti non avrebbe dovuto superare il 20% dell’Ffo (il fondo di finanziamento ordinario, principale fonte di introiti per le università), da ora in poi non sarà più così. Il decreto legge prevede che il calcolo della contribuzione non sia più fatto sul totale degli studenti iscritti, ma solo sulla quota di quelli regolarmente in corso. Vengono esclusi, quindi, i fuori corso (il 40% a livello nazionale, il 37% a Padova). Oltre a ciò, il tetto del 20% non verrà più calcolato in base alla voce del fondo di finanziamento ordinario, ma in base a quella più generica dei “trasferimenti statali correnti”, che includono le entrate per la ricerca scientifica e quelle per le borse di studio, oltre ad altre voci minori. Lo stratagemma ideato da Profumo permetterà di risolvere il problema in cui incorrono numerose università: quello di superare la soglia del 20% dell’Ffo nelle entrate dalle tasse degli studenti. Di fatto, è come se il rapporto tra tasse versate dagli studenti e fondo di finanziamento ordinario passasse dal 20 al 40%, sanando la posizione dei numerosi atenei “fuorilegge”. Quelli che, in anni di assottigliamento delle risorse statali, avevano sforato il limite imposto dal Dpr del 25 luglio 1997. Il meccanismo era palesemente per assurdo: a una diminuzione dell’Ffo,  sarebbe dovuto seguire un conseguente abbassamento delle tasse universitarie. Ciò avrebbe provocato il collasso economico di molti atenei. D’ora in poi, gli istituti universitari che dovessero superare ancora il tetto del 20%, avranno, invece, l’obbligo di versare il surplus finanziario in un fondo per le borse di studio. La linea tracciata è comunque chiara: si tratta di una liberalizzazione, nemmeno troppo celata, della tassazione studentesca. Resta da chiarire un’evenienza possibile che esce dalle righe del decreto sulla spending review: se la soglia della contribuzione studentesca viene calcolata solo sulla base degli iscritti in corso, nulla vieterebbe, in futuro, alle università di aumentare le tasse per gli studenti fuoricorso, sulla falsariga di quanto fatto, di recente, dalla Spagna e fuori da ogni parametro di controllo. 

 

Mattia Sopelsa

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