UNIVERSITÀ E SCUOLA

Erasmus+, come cambia l’idea dei partenariati

La modernizzazione delle università è possibile attraverso Erasmus+? Se sì, con quali strumenti e quali progetti? Ne ha parlato in questi giorni a Padova, illustrando progetti, novità ed obiettivi,  l’americana Ann Katherine Isaacs, oggi italiana per scelta, ambasciatrice Erasmus+  per l’Italia e delegata del rettore dell’università di Pisa per i programmi Erasmus.

Cos’è Erasmus+. Il nuovo programma dell’Unione europea per l’istruzione, operativo per il periodo 2014-2020, dispone di un bilancio di 14,7 miliardi di euro per 7 anni, il 40% in più rispetto al budget dei 7 anni precedenti. Erasmus+ offrirà a circa 4 milioni di giovani europei l’opportunità di studiare, formarsi, acquisire esperienza professionale all’estero. E sosterrà i partenariati transnazionali fra organizzazioni che operano nei settori dell’istruzione, della formazione e della gioventù per favorire la collaborazione e riavvicinare il mondo dell’istruzione e del lavoro, con l’obiettivo di far fronte all’attuale fabbisogno di competenze in Europa.

Obiettivi dell’Ue. Erasmus+ si pone come uno degli strumenti con cui l’Ue cerca di raggiungere l’obiettivo del 40% di laureati nella fascia 30-40 anni e  ridurre al 10% gli abbandoni scolastici, come previsto dal programma Europa 2020. Ancora, ha ricordato la Isaacs, “punta a inserire nel mercato del lavoro l’82% dei laureati entro 3 anni dal conseguimento del titolo e ad innalzare al 35% i posti di lavoro occupati da laureati (oggi sono il 29%)”. Oggi in Europa ci sono 6 milioni di giovani disoccupati e in Italia sono oltre il 40% i giovani senza lavoro. Nello stesso tempo nel vecchio continente ci sono 2 milioni di posti di lavoro vacanti mentre un terzo dei datori di lavoro segnala difficoltà nell’assumere personale con le qualifiche richieste.

Cosa cambia. L’Erasmus è sempre stato sinonimo di mobilità individuale, ma sono università, associazioni o enti a inoltrare la domanda per ottenere un finanziamento in Erasmus+. Nel 2014 il budget è di 1 miliardo e 800 milioni  per promuovere opportunità di mobilità. Per la prima volta saranno concessi finanziamenti non solo ad università e istituti di formazione, ma anche a partenariati innovativi, indicati come “alleanze della conoscenza” e “alleanze delle abilità settoriali”. Università, consorzi, organizzazioni, gruppi, possono presentare un’unica candidatura per i finanziamenti di progetti.

Possibili modelli per partenariati strategici. La scelta dell’idea progettuale per partenariati strategici  l’ha illustrata Pierpaolo Faggi, docente di geografia umana all’università di Padova: “deve essere un’idea forte che faccia leva su esperienza e innovazione, con tutti i partner che devono sentirsi proprietari del progetto. È come se tutto il gruppo si trovasse di fronte ad una tavolozza con tanti colori. Insieme dovranno comporre un bel quadro”. Possibili esempi di partenariati strategici sono stati infine illustrati da Luigi Filippo Donà Delle Rose, consulente del rettore per programmi europei di mobilità studentesca. Un “progetto” potrebbe riguardare un partenariato volto alla valorizzazione del patrimonio culturale delle università storiche, un altro lo sviluppo turistico, le sfide climatiche o la food security. Il campo è assai vasto. Comprende anche lo sport e qui i progetti potrebbero spaziare dal doping al calcio-scommesse, dalla violenza al razzismo. E Alessandro Martin, prorettore alle Relazioni internazionali, si è augurato che dopo l’incontro su Erasmus+ possano essere proposti progetti capaci di far accendere il semaforo verde dell’Unione europea.

Valentino Pesci

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