CULTURA

Giacomo Leopardi, spartano

Capita di frequente che il dibattito su un protagonista della storia culturale, politica, civile sia animato, più che da anniversari o celebrazioni pianificate, da opere biografiche di grande successo popolare. Quest’anno è accaduto con Giacomo Leopardi, autore che già vive, in Italia la condizione rara di poeta realmente conosciuto, studiato e amato da una platea molto più ampia di quella degli specialisti. Contro ogni previsione Il giovane favoloso, il film di Mario Martone sulla vita del letterato e pensatore di Recanati, in due mesi di programmazione è stato visto da un milione di persone e ha raggiunto i sei milioni di euro di incassi, cifra che lo colloca al settimo posto assoluto (e secondo tra le pellicole italiane) nella classifica stagionale. Al di là del giudizio complessivo, l’opera di Martone si pone come un contributo interessante perché, a differenza di quanto avviene spesso nelle biografie filmiche, depura la narrazione sul poeta da luoghi comuni su pessimismo cosmico e struggimenti, restituendo del personaggio un quadro asciutto e credibile, con un linguaggio moderno.

Leopardi è autore enciclopedico, la cui cultura smisurata viene particolarmente valorizzata quando, alle analisi tradizionali, si affiancano letture non convenzionali da parte di studiosi di campi diversi. Nel quadro delle rivisitazioni del corpus leopardiano si inserisce bene, perciò, l’esame che un noto storico della grecità come Lorenzo Braccesi ha compiuto al liceo “Tito Livio” di Padova su All’Italia, componimento giovanile che apre i Canti infittendo la tematica civile di esempi e similitudini tratti dalla storia antica. Un’opera che, osservata da un grecista, offre significati e piani di lettura differenti e ulteriori rispetto agli echi classici tradizionalmente esplorati dalla critica. Così è, ad esempio, per il richiamo che compare dietro il verbo procombere: quel “cadere in avanti” del poeta nel difendere la patria che ricorda il “morire nelle prime file” dei soldati più valorosi, un’immagine utilizzata da Tirteo venticinque secoli prima. Come è di Tirteo, ben prima dello stracitato Orazio, il concetto della dignità di chi offre la propria vita per la patria.

Uno “scavo”, quello sugli ascendenti nascosti di Leopardi, che non è nuovo agli studiosi più profondi e avvertiti provenienti da discipline parallele: è lo stesso Braccesi a citare, tra gli esempi illustri, il glottologo Emilio Peruzzi, autore di studi leopardiani fondamentali e primo a svelare i debiti di La quiete dopo la tempesta verso Callimaco. Allo stesso modo, Braccesi riesce a leggere le citazioni della storia greca contenute in All’Italia secondo prospettive che proprio un grecista è in grado di centrare al meglio. Al centro dell’interesse di Braccesi è il riferimento storico che Leopardi utilizza come esempio di virtù patriottica perduta: il sacrificio degli Spartani di Leonida alle Termopili contro l’armata persiana guidata da Serse. Una sconfitta eroica e ineluttabile, quella greca, che nei versi leopardiani viene esaltata come vittoria morale e fonte di gloria perenne, mentre del re persiano il poeta racconta la fuga che, nella realtà, avvenne solo dopo la successiva riscossa dei Greci a Salamina. Perché, in Leopardi, questo stravolgimento di eventi e concatenazioni storiche? La risposta sta nella tradizione cui il poeta si riferisce, che si potrebbe definire “filospartana” e che passa attraverso l’encomio di Simonide e, in seguito, la narrazione di Diodoro Siculo: alle Termopili, sebbene sconfitti sul campo, i Greci (anzi, gli Spartani) hanno trionfato perché, rallentando l’avanzata dei Persiani e offrendo una resistenza inaspettata, hanno posto le basi per la successiva vittoria a Salamina e per la disfatta dei nemici. Si spiega così anche l’assenza in Leopardi, tra le citazioni dei cantori classici delle Termopili, di Erodoto: lo storico infatti incarna una linea “filoateniese” che non riconosce un chiaro nesso causa-effetto tra il sacrificio degli uomini di Leonida, la successiva vittoria di Salamina e la fuga dei Persiani, e non pone così l’immolazione degli spartani nell’ottica fatta propria dall’autore di La ginestra. È un contributo innovativo, quello di Braccesi, che induce molte curiosità, pensando a quanti elementi e interpretazioni inconsuete potrebbero scaturire dall’analisi dell’universo leopardiano affrontata da un fisico o, perché no, da uno psichiatra.

Martino Periti

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012