UNIVERSITÀ E SCUOLA

Gli inglesi soffrono di mal d'Erasmus

Ogni 15 studenti stranieri in arrivo in Gran Bretagna, un solo inglese lascia la sua nazione per fare esperienza di studio o work placement all’estero. Questo dicono i dati pubblicati dalla Commissione europea sui flussi Erasmus 2011-12. Secondo quest’indagine sono 13.662 gli inglesi che affrontano l’Erasmus: un numero ben diverso da quello dei colleghi spagnoli (39.545) e tedeschi (33.363), ma anche degli italiani, che in 23.377 si sono trasferiti all’estero per qualche mese.

Per riequilibrare la proporzione, il governo britannico ha varato quest’estate una strategia che mira a fare dell’esperienza all’estero una priorità per un numero sempre più crescente di studenti inglesi: è la UK Outward Student Mobility Strategy, sviluppata dalla Higher Education International Unit e annunciata dal ministro inglese per la Scienza e l’università David Willets. “Ad oggi sono troppo pochi gli studenti britannici che vanno all’estero, e questo è il motivo per cui investiamo in questo programma”, ha dichiarato alla stampa il ministro, per poi aggiungere “Per competere nella corsa globale, il Regno Unito deve produrre laureati di respiro internazionale appetibili nel mercato del lavoro, così che a beneficiarne sia l’economia del paese in senso lato”. Da una recente ricerca pubblicata dalla CBI appare infatti che il 47% dei datori di lavoro non sia soddisfatto dell’internazionalità culturale dei laureati, e il 55% delle conoscenze linguistiche. Secondo le ricerche della Higher Education International Unit, dei 13.662 inglesi all’estero, 6.299 sono studenti di lingue: insomma, gli inglesi non si muovono granché per studiare architettura o medicina, timorosi di affrontare il quotidiano in nazioni in cui non si parla la propria lingua. “Anche quando il corso fosse interamente insegnato in inglese, gli studenti britannici temono di perdere terreno nella vita sociale, non potendo esprimersi in lingua madre” sottolinea Anne-Marie Graham, che fa parte della unit governativa al lavoro sulla nuova strategia. Gli ostacoli sono dunque in primo luogo linguistici, ma anche finanziari; senza dimenticare lo strumento di deterrenza rappresentato dal timore di non vedersi riconosciuti gli studi fatti all’estero, punto sul quale sta lavorando la Higher Education International Unit. La sua strategia guarda costantemente in prospettiva economica, con la consapevolezza che promuovere esperienze all’estero sia un fattore chiave nella preparazione di laureati che devono piazzarsi sul mercato internazionale. Ma anche, e soprattutto, consci del peso nel bilancio statale del settore dell’educazione, che vi contribuisce almeno con 59 miliardi di sterline, generando il 2,3% del prodotto interno lordo britannico.

La mobilità degli studenti Erasmus in Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna e Regno Unito. Fonte: Qs World University Rankings

L’ Outward Student Mobility Strategy viene elaborata all’indomani dell’uscita di un’altra manovra inglese nel campo dell’internazionalizzazione, la Global Growth and Prosperity, che ha invece l’obiettivo di attirare studenti internazionali in Gran Bretagna. I motivi, ancora una volta, sono principalmente economici, come spiega il ministro David Willets nella presentazione del rapporto: “Gli studenti d’Oltremanica che vengono in Gran Bretagna per studiare danno un contributo enorme alla nostra economia. Ciascun studente universitario in media paga tasse per circa 10.000 sterline all’anno e spende più di questa cifra per vivere qui. Abbiamo stimato che gli studenti stranieri nel Regno Unito nel 2011/12 abbiano pagato in tutto circa 10,2 miliardi di sterline in tasse e altre spese.”

Eppure nel 2011/12 solo cinque università inglesi erano annoverate fra le top 100 per numero di studenti Erasmus accolti (le italiane sono nove) e solo una, la University of Nottingham, è nelle top 100 per numero di studenti Erasmus in uscita (contro le 17 università italiane). La misura del flusso Erasmus non è allora indicativa per quanto riguarda la Gran Bretagna, che punta soprattutto alle iscrizioni degli studenti stranieri, più che a brevi scambi. Rappresenta infatti la seconda meta preferita dagli studenti nel mondo, con il 13% del totale; prima di lei gli Stati Uniti (16,5%) e dopo Germania, Francia, Australia e Canada.

Negli ultimi tempi non gioca però a vantaggio del Regno Unito l’aumento delle tasse universitarie, che lo scorso autunno sono quasi triplicate, arrivando alla cifra di 9000 sterline all’anno. Tanto che sempre più studenti, fra i quali più di 9,000 inglesi, scelgono di trasferirsi per studio negli Stati Uniti, che offrono anche la prospettiva di ottenere borse di studio ben più generose. Insomma, se non le strategie del governo, sarà magari la crisi economica a spingere verso una maggiore internazionalizzazione degli studenti inglesi.

Chiara Mezzalira

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