SCIENZA E RICERCA

Il cervello gioca in difesa

La maggior parte delle malattie neurologiche sono tuttora incurabili. Di patologie come sclerosi multipla, malattia di Alzheimer o di Parkinson, ictus cerebrale non si conoscono ancora le vere cause soprattutto per l’intrinseca difficoltà di accesso al cervello. Se ne conosce l’anatomia, ma non sono ancora chiare tutte le sue funzioni. I numeri forniti dal Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute ci offrono una percezione del problema: pur con una significativa diversità territoriale in Italia si stimano circa 500.000 ammalati di Alzheimer, 220.000 di Parkinson e 57.000 di sclerosi multipla. Se questo è il quadro generale, una speranza in direzione di strategie terapeutiche alternative sembra venire dagli studi che negli ultimi anni hanno approfondito in misura significativa le conoscenze sul cervello e suggeriscono una possibile soluzione a questo tipo di patologia in un cambio di prospettiva. L’obiettivo, cioè, sarà quello di focalizzare l’attenzione sui meccanismi di riparazione cerebrale e sulla ragione per cui a un certo punto si inceppano più che sulla malattia in sé.

“Alcune delle malattie croniche del cervello – spiega Gianvito Martino, direttore della divisione di neuroscienze dell’Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, nel suo ultimo lavoro Il cervello gioca in difesa, edito da Mondadori – possono essere la conseguenza di meccanismi di riparazione cerebrale difettosi, piuttosto che eventi dannosi di per sé incontrollabili”. La causa dunque non andrebbe cercata  a monte, ma a valle. Il punto di svolta decisivo si è avuto di recente (le prime evidenze scientifiche risalgono al 2003) quando è stato dimostrato che nella riparazione dei danni cerebrali, il sistema immunitario agisce in sinergia con le cellule staminali presenti nel cervello. Il programma di autoriparazione comprende cioè sia una componente immunologica che ontogenetica. 

Si tratta di acquisizioni importanti se si pensa che solo dalla fine degli anni Settanta si inizia a parlare di neuroimmunologia e si dimostra che linfociti T, B e macrofagi nel cervello hanno un ruolo di “polizia locale”: fino a quel momento si riteneva che il cervello, difeso da barriere anatomiche impenetrabili, fosse “immunologicamente privilegiato”, cioè che al suo interno non avvenissero reazioni immuni. Altrettanto giovane il concetto di neurogenesi nel cervello adulto che vede implicate le cellule staminali neurali nell’ambito dei fenomeni rigenerativi del cervello finalizzati a mantenere efficiente il nostro corpo sia in condizioni fisiologiche normali (processi di mantenimento), sia di fronte a un danno subito (processi riparativi). Tutte le cellule hanno un ciclo vitale proprio perché impegnate a sostenere il fenomeno rigenerativo: basti pensare che il nostro cervello produce 50.000 nuovi neuroni al giorno. Le cellule staminali sono presenti in due aree del cervello adulto dette nicchie germinali, precisamente nel giro dentato dell’ippocampo e nella zona subventricolare dei ventricoli cerebrali laterali, che ne regolano l’autorinnovamento e la differenziazione. Di fronte a specifici segnali microambientali, alla necessità ad esempio di andare a sostituire una cellula danneggiata o invecchiata, le staminali si trasformano in progenitori di cellule neuronali o gliali e migrano verso il “luogo dell’incidente” a portare soccorso. Una sorta di “officina di automanutenzione”.  

A questo punto è facile intuire, sulla base del ruolo che svolgono, come gli stessi elementi che attivano le cellule del sistema immunitario per far fronte al danno attivino anche le cellule staminali. Ma come interagiscono le une con le altre?

“L’infiammazione – spiega Martino – è l’elemento cruciale di tutta la faccenda, perché avvisa sia il sistema immunitario sia le cellule staminali del cervello che c’è qualcosa che non va”. L’infiammazione ha un ruolo di allerta, viene attivata in difesa del corpo e ha lo scopo di eliminare il pericolo. A questa prima fase ne segue una seconda di tipo ricostruttivo e rigenerativo. Come avvenga questo passaggio e perché si inceppi il sistema di autoriparazione non è tuttavia ancora noto ed è in questa direzione che sta andando la ricerca. Questo potrebbe permettere di sviluppare strategie terapeutiche alternative per le malattie del cervello che abbiano come bersaglio proprio quegli eventi cellulari e molecolari che sottostanno ai meccanismi di riparazione cerebrale, in qualche modo difettosi quando il cervello si ammala.  

“Arriverà quindi il giorno della medicina riparativa naturale? Una medicina che cura senza causare effetti collaterali poiché stimola il potere di difesa che è intrinseco in tutti noi e che, ogni tanto, si inceppa? – si chiede Martino nel libro e conclude – Se il buon giorno si vede dal mattino, si potrebbe dire di sì: dobbiamo risolvere le domande ancora aperte… per sapere come”.

Monica Panetto

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