SOCIETÀ

Il miracolo cinese degli operai invisibili

Il miracolo cinese, quello di essere una delle economie più floride al mondo, è il miracolo di una classe operaia invisibile, i mingong, ossia i lavoratori-contadini che popolano i grandi complessi industriali cinesi di cui il territorio è costellato. Già nel 2009 Il Time li posizionava al secondo posto come “persona dell’anno” per “guidare il mondo verso la ripresa economica”.

Sono loro, per esempio, che lavorano in linea di produzione alla famosa Foxconn, l’impresa produttrice di pezzi elettronici per conto terzi più grande al mondo: copre praticamente il 50% del mercato mondiale di oggetti di tecnologia, grazie a un sistema integrato che si estende dall’estrazione della materia prima fino all’assemblaggio finale. La Foxconn ha come clienti Apple, Samsung, HP, Sony, Microsoft, Dell, Nokia, ma produce anche pezzi elettronici per automobili e prodotti di assistenza sanitaria. Nasce a Taipei nel 1974 ed è presente oggi in più di trenta paesi, dall’America latina al Sudest asiatico fino alla Repubblica Ceca. È quasi una certezza il fatto che quando si tiene in mano un Kindle, si scarica una app per smartphone, si manda una mail, lo si stia facendo con un oggetto fabbricato dalle mani dei mingong della Foxconn.

Lavorano alla catena di montaggio per più di dieci ore giornaliere e contano il loro tempo in secondi; quando l’azienda è vicina ai periodi di consegna non possono interrompersi nemmeno per andare al bagno, né per mangiare un boccone. La fabbrica più grande di Longhua, per esempio, riesce così a produrre più di novanta iPhone al minuto. Gli operai sanno che la velocità e la precisione con cui ripetono ossessivamente lo stesso gesto elementare è quello che viene loro richiesto, e non a caso Foxconn in cinese vuol dire “veloce come una volpe”. Lo imparano attraverso gli slogan che sono costretti a cantare ogni mattina, che leggono salendo le scale interne alla fabbrica, riportati sulle alzate dei gradini, sui cartelloni in mensa. Ci crede fortemente Terry Guo, l’amministratore delegato e fondatore dell’azienda, secondo il quale il vero leader deve avere il coraggio della dittatura per il bene collettivo, che nel caso di specie è la produttività aziendale.

Oltre alla velocità, raggiungibile solo parzialmente attraverso l’utilizzo di macchinari (anche se è recente la notizia secondo cui l’azienda si sta muovendo nella direzione di automatizzare il più possibile le procedure con l’acquisto di nuove macchine), il secondo punto di forza della Foxconn è l’enorme disponibilità di manodopera in fabbriche di dimensioni gigantesche. La più piccola ha 20.000 addetti, la più grande 400.000: sono vere e proprie città in cui i mingong risiedono, dando vita al fenomeno delle “fabbriche - dormitorio”. L’esodo dalle campagne, sempre meno coltivate e sempre più edificate e industrializzate, è un fenomeno irreversibile paragonabile alle enclosures inglesi del XVIII secolo, voluto qui dai governi locali e dalle famiglie di provenienza anziché dagli industriali, che però facilita la creazione del regime dei dormitori perché in esso il lavoro migrante trova un tetto. Con lo stipendio da operaio il lavoratore non potrebbe permettersi di vivere nelle città e poi queste, così come le campagne di origine, sarebbero troppo lontane per pensare di tornarci anche solo nel fine settimana. Dal punto di vista del capitalista il meccanismo è estremamente efficiente: il lavoratore non si allontana mai dalla fabbrica e in questo modo gli sprechi di tempo sono minimizzati e il lavoro straordinario agevolato (si arriva fino alle 80 ore di straordinario al mese, contro il massimo di 36 previsto per legge). Così i lavoratori finiscono con l’identificarsi con il loro lavoro e col sentirsi persino inferiori ai macchinari con cui lavorano. Dormono gli uni accanto agli altri, su brande separate da tende, nei piani alti degli edifici produttivi, mangiano in mense sempre affollate ma nonostante la vicinanza fisica, non legano gli uni con gli altri perché il turnover è velocissimo: si parla di cicli di 3-4 mesi, dopo i quali l’alienazione è tale da spingere il mingong all’uscita dal sistema, molto spesso per poi ritornarci, soprattutto perché i salari della Foxconn sono di poco più alti della media nazionale (circa 200 dollari al mese). (1/continua)

Valentina Berengo

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