CULTURA

L’ispettore Montale ci spiega la Francia

Marsiglia: città di italiani, di francesi, di arabi, di corsi. Il primo porto del Mediterraneo. Il profumo del mare, del pesce, dell’Africa che sembra molto più vicina di Parigi. Città di mafia, di affari, di morti ammazzati: “Marsiglia non è una città per turisti. Non c’è niente da vedere. La sua bellezza non si fotografa. Si condivide. Qui, bisogna schierarsi. Appassionarsi. Essere per, essere contro” (Casino totale). 

È la città di Fabio Montale, l’unico dei nostri investigatori mediterranei che cambia status nel corso della serie di romanzi che gli ha dedicato Jean-Claude Izzo, una serie interrotta dalla morte del protagonista nel terzo volume della trilogia, Solea, a cui sarebbe seguita quella dell’autore a soli 55 anni, nel 2000. Poliziotto nel primo romanzo, Casino totale, Montale abbandona la polizia e indaga come cane sciolto nel secondo romanzo, Chourmo, e nel terzo: “Avevo dato le dimissioni, pur sapendo che non era una soluzione. La polizia non poteva cambiare da un giorno all’altro, né a Marsiglia né altrove. Essere sbirro, che lo si voglia o no, significa appartenere a una storia. La retata degli ebrei al Vel’ d’Hiv’. Il massacro degli algerini, gettati nella Senna, nell’ottobre ’61. Tutte queste cose (…) influivano sui comportamenti quotidiani di  molti poliziotti, quando avevano a che fare con giovani provenienti dal mondo dell’immigrazione” (Solea). Qui  Izzo fa riferimento alla retata di oltre 13.000 ebrei radunati dalla polizia francese al velodromo di Parigi e poi consegnati ai nazisti, il 16 luglio 1942, e alla repressione di una manifestazione sindacale per l’indipendenza dell’Algeria, che si trasformò in una strage, l’8 febbraio 1962.

Ancor più che Barcellona nelle opere di Giménez-Bartlett, Venezia in quelle di Donna Leon e Atene in quelle di Markaris, Marsiglia è la vera protagonista dei romanzi. La vecchia Marsiglia degli scaricatori di porto, dei bistrot dove bere pastis, delle taverne dove mangiare il pesce appena pescato, una città che non può, non deve più esistere perché le forze impersonali della globalizzazione non lo tollerano. Nulla deve opporsi alla marcia trionfante del capitale globale: “Marsiglia aveva un futuro solo se rinunciava alla sua storia. Questo ci spiegavano. E quando si parlava di rinnovamento portuale era per meglio affermare che bisognava finirla con questo porto così com’era oggi. Il simbolo di una gloria antica. Anche gli scaricatori marsigliesi, benché piuttosto testardi, avevano finito per ammetterlo. Avrebbero raso al suolo gli hangar. Il J3. Il J4. Avrebbero ridisegnato le banchine. Aperto tunnel. Costruito sopraelevate. Piazze. L’intera urbanistica e l’habitat, da place de la Joliette fino alla stazione Saint-Charles, sarebbero stati riprogettati”.

Ed è andata proprio così, anche se Jean-Claude Izzo, libraio, bibliotecario, venditore di carabattole nei mercatini delle pulci, poi giornalista, poeta e romanziere non ha fatto in tempo a vedere completato il grande progetto che detestava, il progetto contro cui ha scritto la sua trilogia ma anche un altro romanzo, Il sole dei morenti. Oggi Marsiglia è moderna, mentre di Izzo, scomparso nel 2000, ci rimangono soltanto quattro romanzi e alcuni racconti.

Fabio Montale, l’alter ego del protagonista, potrebbe essere una figura di cartone, un’ombra sovrapposta a un collage di articoli di giornale, se non fosse il più romantico degli investigatori del Mediterraneo. Cuore spezzato dalla compagna che lo aveva abbandonato, Lole, si innamora di ogni bella donna che incontra perché l’amore e l’amicizia sono le uniche cose che lo fanno sentire vivo in un mondo senza speranza. Ama mangiare le triglie in compagnia di due anziani vicini, Fonfon e Honorine, non ha nemmeno una pistola, salvo quella di un amico morto che si farà dare, troppo tardi, in vista della resa dei conti con un killer mafioso.

Charitos, Brunetti, Petra Delicado indagano, Fabio Montale essenzialmente cerca di sfuggire ai killer che lo inseguono e di vendicare gli amici uccisi per colpa sua. La mafia italiana è sempre presente, sono i suoi killer a gestire, praticamente alla luce del sole, gli affari sporchi degli speculatori francesi. Montale è solo contro il mondo intero, con una bottiglia di Lagavulin e il jazz che lo accompagna nei giri in macchina (il titolo Solea è viene da un indimenticabile pezzo di Miles Davis), un personaggio molto più vicino a Philip Marlowe di Raymond Chandler che a Pepe Carvalho di Vázquez Montálban. Ma proprio la sua ingenuità, la sua tristezza, il suo romanticismo hanno conquistato milioni di lettori in tutto il mondo. E’ un eroe dei perdenti, che non lo dimenticheranno, come non si dimentica il colonnello Aureliano Buendia di García Márquez.

Fabrizio Tonello

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