SCIENZA E RICERCA

Laguna di Venezia: non c’è solo il problema dell’acqua alta

Venezia e la sua Laguna: il problema non è solo l’acqua alta. O, meglio, l’acqua alta è solo una delle conseguenze di fenomeni molto più complessi, come l’aumento del livello del mare, la subsidenza e l’erosione. È questo quanto emerge dalla conferenza Cambiamenti climatici e pressioni antropiche: quale futuro per la Laguna di Venezia?, durante la quale Andrea D’Alpaos, ricercatore presso il dipartimento di geoscienze e studioso di morfodinamica lagunare, ha fatto il punto generale sulla situazione.

Certo i fenomeni indicati hanno tutti contribuito all'aumento della frequenza degli eventi di acqua alta a Venezia nel corso degli ultimi decenni: secondo i dati disponibili negli ultimi 100 anni, l’effetto complessivo di eustatismo (innalzamento del livello medio del mare) e subsidenza (abbassamento del suolo per cause naturali o antropiche) è stato valutato in 3-3,5 millimetri all’anno.

Per far fronte al fenomeno delle acque alte in Laguna è stato creato il MOdulo Sperimentale Elettromeccanico (MOSE). La nuova opera però, già finanziata dallo stato per oltre 5 miliardi di euro, non risolverà i problemi del degrado morfologico della laguna. Una parte importante di questo deriva dall’erosione sistematica, da parte di agenti naturali e antropici, dei fondali e dei margini delle barene, quei terreni lagunari che sono periodicamente sommersi duranti le alte maree. Non solo le grandi navi, ma anche la pesca condotta con metodi “distruttivi” del fondo e il moto ondoso generato dalle imbarcazioni medio-piccole in navigazione con velocità eccessive, infatti, favoriscono l’erosione dei fondali e dei margini delle barene. Queste superfici infatti, fondamentali perché controllano l’idrodinamica e quindi l’evoluzione morfologica della Laguna, hanno visto ridurre la loro estensione di oltre due terzi nel corso dell’ultimo secolo: dai 158 chilometri quadrati del 1900 ai soli 47 di oggi. 

La tendenza evolutiva del sistema lagunare, un tempo dominata dall’apporto di sedimenti, si è modificata da quando la foce del Brenta-Bacchiglione fu spostata prima a Conche (1507), poi a Brondolo (1552). A seguito di questi provvedimenti i due fiumi furono estromessi proprio dalla laguna che essi stessi avevano contribuito in maniera determinante a creare. Ricorda Andrea D’Alpaos citando il libro Fatti e misfatti di idraulica lagunare che “la diversione dei fiumi da parte dei veneziani ha salvato la laguna dai fenomeni di interrimento che erano stati al centro delle preoccupazioni della Serenissima. Allo stesso tempo però ha dato il via ai fenomeni di erosione con i quali oggi ci si deve confrontare, annullando di fatto l’apporto di sedimenti in tutta la laguna centro-meridionale e riducendo drasticamente le immissioni di acqua dolce. È risultato, in questo modo, modificato radicalmente lo stato dell’ambiente e la qualità delle acque ai margini della laguna”.

Nell’ultimo secolo poi il fenomeno è stato ulteriormente aggravato dalla costruzione dei moli alle bocche di porto di Lido, Malamocco e Chioggia, che ha accentuato la prevalenza degli effetti della fase di riflusso su quella di flusso, determinando, ad ogni ciclo di marea, una perdita netta di sedimenti verso il mare, con un conseguente aumento dell’effetto erosivo. “Tutto questo ci porta a capire che il ‘Problema Venezia’ non può essere limitato alle sole questioni della difesa dalle ‘acque alte’”, conferma D’Alpaos. 

Al sistema lagunare Andrea D’Alpaos ha dedicato numerosi studi, tra cui il recente Statistical mechanics of wind wave-induced erosion in shallow tidal basins: Inferences from the Venice Lagoon, pubblicato su Geophysical Research Letters, in cui si analizzano gli eventi erosivi sulla base dei risultati di un modello numerico che descrive l'idrodinamica e il moto ondoso da vento. “Le analisi evidenziano come i processi erosivi presentino frequenze, intensità e durate maggiori nella porzione centro-meridionale della Laguna di Venezia. Queste ricerche, assieme ai risultati di altre analisi potranno essere utili per le indagini modellistiche sull'evoluzione morfologica a lungo termine degli ambienti lagunari ed in particolare della laguna di Venezia”.

Il problema rimane soprattutto il futuro: “Negli ultimi 100 anni l’effetto combinato di eustatismo e subsidenza, ha comportato un incremento del livello medio del mare relativo di circa 30 centimetri. Per il futuro le previsioni più ottimiste confermano il trend del passato per l’eustatismo, mentre le più pessimistiche lo duplicano o addirittura lo triplicano”. Come fare perché questo scenario non sia aggravato dall’erosione? “L’unica soluzione è favorire il deposito dei sedimenti. Al riguardo è stato anche ipotizzato di reintrodurre di nuovo i corsi d’acqua in laguna in modo controllato, anche se questo comporta tutta una serie di problematiche da affrontare”. E il MOSE che ruolo potrebbe avere? “C’è chi ha proposto di chiudere le paratoie alle bocche in fase di riflusso delle maree, durante episodi di vento intenso. Personalmente sono molto dubbioso: si tratta di un’opera che non è stata progettata con tali finalità. Quello che è certo è che, se il mare continuerà a crescere, per prevenire le acque alte, il MOSE dovrà essere chiuso sempre più spesso”.

Daniele Mont D'Arpizio

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012