SOCIETÀ

Le parole che aiutano il lavoro

Per ottenere grandi risultati è necessario partire dai piccoli passi. Un piccolo passo può sembrare anche Esco, il sistema di “classificazione europea di abilità/competenze, qualifiche e occupazioni” presentato nei giorni scorsi a Bruxelles. Il nome dice già tutto, indicando i tre pilastri su cui si regge. Ma più importante è invece quel che su Esco si costruirà. Un sistema di classificazione – una tassonomia, per la precisione – può sembrare poca cosa per aiutare il mercato del lavoro comunitario, e si tratta infatti del classico strumento da addetti ai lavori e non pensato per la consultazione del pubblico, anche se liberamente accessibile in rete.

Come si legge nei documenti di progettazione e presentazione, Esco non è uno strumento in grado di fare un match tra domanda e offerta di lavoro, identificare le competenze più richieste, riconoscere certificazioni o offrire consulenze, ma può contribuire a fare tutto questo. Il suo segreto è funzionare restando invisibile, come tutti i vocabolari che si rispettino. In un mercato del lavoro multilingue e in continua evoluzione è fondamentale capirsi e poter equiparare concetti apparentemente distanti, e in questo il linguaggio naturale non aiuta.

Serve – pur con tutti i limiti impliciti – un linguaggio codificato e normalizzato, riutilizzabile nei modi più disparati. Ciò che è normalizzato è più facilmente gestibile, osservabile, quantificabile, registrabile. Un “cuoco imbarcato” avrà probabilmente competenze un po’ diverse rispetto a un “cuoco di cucina cinese”: un datore di lavoro farà meno fatica a trovare il profilo adeguato se nella sua inserzione sul giornale riesce a usare un linguaggio comune con il suo futuro cuoco; le statistiche avranno meno difficoltà a registrare il boom di richieste di “cuoco di cucina cinese” (anziché di ristorante cinese, asiatico, esotico ecc), le agenzie per l’impiego si avvarranno di quelle statistiche per consigliare gli aspiranti lavoratori, le scuole alberghiere insisteranno maggiormente sulle nuvole di drago e gli involtini primavera perché aiuteranno a trovare lavoro. Potenza del linguaggio.

Fulcro del sistema sono infatti le competenze, che dialogano strettamente con il mondo delle occupazioni e delle qualificazioni per esse richieste. Le esperienze sulla “composizione di menu” infatti non appartengono solo ai cuochi, ma sono comuni anche a dietisti, direttori d’albergo, sommelier, responsabili di ristorazione scolastica, e questo conta, per chi cerca lavoro: le stesse competenze possono essere comuni infatti a un range di occupazioni, e la singola occupazione può essere definita da competenze diverse a seconda del luogo di lavoro. Non conta come si chiama nel mio paese (o nella mia struttura legislativa) il lavoro che faccio, conta quel che so fare. Un linguaggio standard e una adeguata granularità della classificazione, unita di volta in volta all’indicazione degli enti certificatori per le figure professionali coinvolte, dovrebbero essere la chiave di volta di un sistema funzionale per una più fluida interazione tra chi offre e chi cerca lavoro.

Chi userà Esco? I portali on line di offerte/richieste di lavoro (a livello europeo o no) potranno sfruttare la sua terminologia nelle inserzioni ed evitare equivoci inutili; gli enti di formazione lo terranno come riferimento per compilare e descrivere i propri curricula scolastici; sarà più facile arrivare a definire una passaporto europeo delle competenze (un po’ come già avviene per la Ecdl).

Forse un eccesso di burocratizzazione per un mondo vivo e difficile come quello del lavoro. Ma se un giorno un saldatore professionista portoghese riuscirà a rispondere all’offerta di lavoro di un imprenditore danese che cerca uno Svejser’  con competenza di lettura di disegni tecnici oltre che di saldatura ad arco con elettrodi rivestiti, sarà merito anche degli oscuri compilatori di Esco.

Cristina Gottardi

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