SOCIETÀ

Merkel: fu vera gloria?

Il cancelliere tedesco uscente ha sfiorato la maggioranza assoluta ma si ritrova senza gli alleati liberali e sarà costretta a un governo di coalizione, quasi certamente con la Spd: parlare di “trionfo” è quindi quanto meno prematuro. L’abile cancelliere, soprannominata da Ulrich Beck “Merkiavelli”, ha ottenuto 311 seggi nel Bundestag, contro i 192 seggi dei socialdemocratici, i 64 della sinistra Die Linke e i 63 dei verdi. Rifiutando di usare la tattica usata più volte da Helmut Kohl di far usare la seconda scheda di cui dispongono i cittadini tedeschi a favore dei liberali per permettere loro di superare la soglia del 5%, la Merkel ha deliberatamente fagocitato un partito che aveva delle tentazioni antieuropee e potrà così continuare a governare traendo il massimo dei vantaggi dagli attuali rapporti di forza all’interno dell’Unione.

Nella sua spregiudicatezza, tuttavia, la Merkel rischia di ignorare una delle leggi dei sistemi parlamentari basati sulla proporzionale, quella che Giovanni Sartori ha definito “potenziale di coalizione” cioè la capacità di un partito di formare alleanze e la sua utilità all'interno della compagine governativa. I risultati del voto di domenica assegnano il “potenziale di coalizione” alla Spd, che potrebbe esigere un prezzo molto elevato per la propria partecipazione al governo: i tedeschi non apprezzerebbero un traballante governo monocolore Cdu/Csu costretto a cercare il consenso di volta in volta sui singoli provvedimenti perché l’opposizione ha 319 seggi contro i suoi 311 (“Non siamo mica in Italia!” commenterebbero i giornali). 

La Spd, quindi, potrebbe far valere il suo diritto di veto e ottenere molto dalla Merkel: il problema è che la precedente Grosse Koalition, nella quale proprio il candidato dell’Spd Steinbrueck era stato ministro delle Finanze, dissanguò il partito: tutti i benefici della politica vennero attribuiti al cancelliere, mentre i socialdemocratici si ridussero a fare i portatori d’acqua. Alla Spd, quindi, farebbe bene una cura di opposizione e di sperimentazione di alleanze locali con Die Linke e con i verdi, ma non si vede un leader capace di condurre il partito su questo sentiero stretto e impervio.

Restano i verdi, che hanno avuto un risultato molto deludente: non solo hanno perso un quarto dei loro elettori ma, psicologicamente, sono sotto choc per essere stati superati, sia pure di poco, dalla Linke, gli eredi, fino a ieri impresentabili, del partito comunista della Germania Est. Vorranno prestarsi a fare da stampella alla Merkel? Anche nel loro caso si tratterebbe di una scelta che potrebbe preludere all’implosione del partito. 

Finito di stappare lo champagne, quindi, la situazione politica tedesca appare meno semplice e lineare di quanto vorrebbero i commentatori ipnotizzati da Frau Merkel.

Fabrizio Tonello

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