UNIVERSITÀ E SCUOLA

Nuovo ministro, quale politica?

L’Italia ha un nuovo governo, l’università e la scuola  un nuovo ministro, Maria Chiara Carrozza, ex rettore della scuola superiore S. Anna di Pisa. È curioso, e nello stesso tempo significativo, che nei giorni in cui la stampa si esercitava nel “totoministri” (D’Alema agli Esteri? Brunetta al Tesoro? Cancellieri confermata agli Interni?) nessun giornale abbia fatto ipotesi su chi sarebbe diventato il titolare del Miur. Si è parlato della Difesa, della Giustizia, della Sanità, perfino dei Rapporti con il parlamento: della scuola no.

Questa disattenzione riflette, in realtà, ciò che il rettore Giuseppe Zaccaria ha definito qualche tempo fa “il vergognoso disinvestimento attuato dai governi nei confronti del sistema universitario non in questi mesi, ma almeno negli ultimi dieci anni; a partire dal taglio del fondo di finanziamento ordinario, che serve agli atenei per garantire l’ordinario funzionamento della macchina”.

L’università, per quanto riguarda i politici e i media, è diventata una macchina costosa e, se non superflua, certamente poco utile: se ne parla quasi soltanto quando si possono citare casi di malcostume o esempi di cattiva gestione delle risorse. Se non si può chiuderla o privatizzarla del tutto, si può però strangolarla lentamente, seppellirla sotto una montagna di scartoffie, far pagare il prezzo di queste scelte di disinvestimento alle sedi virtuose salvo poi stupirsi del calo delle immatricolazioni. È perfettamente possibile, addirittura probabile, che le questioni relative a università e ricerca non entrino neanche nell’agenda del governo.

Anche se sono parecchie le questioni che aspettano risposta. A partire dal sottodimensionamento dei finanziamenti del diritto allo studio arrivati ad affievolirsi fino agli attuali 15 milioni di euro. Un budget che verrà sicuramente (?) rimpolpato, ma denuncia il “complesso da Cenerentola” per gli investimenti di lungo periodo che riguardano studenti, famiglie e sistema dell’istruzione in generale. Un atteggiamento finora contraddittorio che registra anche improvvise “fughe in avanti”: è il caso dell’accelerazione degli ultimi giorni di governo da parte del ministro Profumo per cambiare il test di ammissione all’università per i corsi a numero chiuso.

Sul fronte dei docenti, invece, colpisce il calo del 22% del loro numero nel giro di sei anni (con un rapporto docente-studente di gran lunga peggiore rispetto alla media Ocse). Un dato destinato ad aggravarsi per l’elevata età media dei docenti italiani, mentre i canali di reclutamento sono stati sostanzialmente chiusi, in realtà una scelta mascherata con vacue dissertazioni sulla valutazione e il merito. Il nuovo ministro faceva, pochi giorni fa, la stessa analisi, scrivendo sul suo sito: “Per rendere il sistema meno soggetto a problemi di corruzione e localismo nel corso degli anni è stato impostato un sistema di selezione che tende a inserire rendicontazioni, controlli e utilizzo di indicatori numerici. Il fine è rendere meno soggettivo e più automatico possibile il processo di selezione sia nel campo del finanziamento alla ricerca che nel reclutamento dei ricercatori. Sembra una lotta fra il bene e il male ed è come se rendere il processo di scelta automatico e basato sui soli numeri ci salvasse dalla tentazione dei decisori di manipolare il sistema. Il risultato è che abbiamo messo in piedi un sistema involuto e farraginoso, e abbiamo perso l’obiettivo primario di combattere le manipolazioni. Abbiamo perso anche la finalità di diffondere un’etica pubblica basata sulla reputazione e sulla responsabilità personale di cui l’Italia ha un gran bisogno.”

È il momento di invertire la rotta non di fare aggiustamenti marginali, di dire chiaramente che la politica per l’università e la ricerca seguita fino ad oggi era insensata e distruggeva un patrimonio di conoscenze e di professionalità senza il quale l’Italia non ha futuro. Caro Ministro, studenti e docenti aspettano da Lei dei segnali: non ci deluda.

Fabrizio Tonello

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