SOCIETÀ

Offline la rassegna stampa di Camera e Senato

Nell’era dell’informazione “open” la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica oscurano il servizio delle rassegne stampa on line. Le ragioni del diritto d’autore prevalgono sul diritto di accesso all’informazione, a seguito delle pressioni degli editori, preoccupati che la libera diffusione in rete degli articoli potesse danneggiare le vendite dei quotidiani in edicola.

C’è chi parla della fine di un’epoca in quanto il servizio rassegna stampa era erogato da anni da un gruppo di archivisti di Camera e Senato che tutte le mattine alle nove provvedeva a mettere in rete, a disposizione di tutti i cittadini, un centinaio di articoli tratti dai quotidiani in edicola. Gli archivisti provvedevano a scansionare e riprodurre in file pdf  non modificabili e in bianco e nero (senza pubblicità) gli articoli dividendoli per argomento. Da gennaio 2013 le versioni pdf degli articoli tratti dai quotidiani sono protette da password e disponibili sul sito intranet per esigenze informative di parlamentari e altre categorie di soggetti istituzionali autorizzate. Potranno quindi accedere all’area protetta solo deputati, senatori, dipendenti di Montecitorio e Palazzo Madama.

Giornalisti e professionisti dell’informazione protestano su blog e social network da quando si era sparsa la notizia nei primi mesi dello scorso anno. Su twitter l’hashtag #rassegnalibera era divenuto subito trend topic, affiancato all’hashtag #nocensurarassegnaweb di Gianni Riotta, noto scrittore e giornalista italiano. “Editori contrari a rassegne web si ricordino dei contributi pubblici a quotidiani” , oppure “Fidati di un vecchio cronista web e social media aiutano testate”. E  ancora:“Interessi personali vs. bene comune",  etichettato con hashtag #nonmirassegno… che riconduce al blog Non rassegnati con video interviste a noti professionisti del settore. Insomma un web in rivolta, tanto che all’epoca l’ufficio stampa di Montecitorio realizzò un dossier di documentazione che raccoglieva tutto il dibattito, dai blog e fino ai giornali a stampa, ai social network e alle agenzie di stampa dal 12 al 17 aprile 2012.

Il braccio di ferro tra il presidente di Montecitorio e i rappresentanti degli editori è durato alcuni mesi, ma fin da subito alcuni siti ministeriali si erano allineati, tanto che ad aprile erano già sparite le rassegne online del Ministero del Lavoro e di quello dell’Economia oltre a quella del sito web di Palazzo Chigi. “La rassegna online – aveva dichiarato lo scorso aprile il Presidente della Camera dei Deputati, Gianfranco Fini - è un servizio offerto gratuitamente ai cittadini che garantisce un effettivo pluralismo dell’informazione. Personalmente non vedo perché nell’era di internet la rassegna debba essere oscurata”. La modalità aperta della rassegna stampa aveva scatenato una accesa polemica – sui vari canali comunicativi - tra favorevoli e contrari, tra chi sosteneva si trattasse violazione del copyright e chi parlava di restrizione dell’informazione al pubblico.

Tagliati fuori tutti coloro che usavano lo strumento per leggere e documentarsi su più fonti di informazione” afferma il sito Help Consumatori. “Il risultato sarà che le rassegne stampa rimarranno solo per pochi addetti ai lavori. Tagliati fuori da un servizio utile tutti i cittadini”.

Inutile ogni tentativo di convincere gli editori a non oscurare i servizi, cercando di trovare dei compromessi come per esempio cancellare l’archivio della rassegna, o pubblicando gli articoli solo dopo un certo periodo di tempo stabilito. Ma considerato che “in Italia ci sono delle leggi - spiegano a Montecitorio - sarebbe curioso se proprio il Parlamento non ne tenesse conto”. Il fatto è che la legge attuale sul diritto d’autore in Italia è anacronistica e comunque sbilanciata verso gli editori a danno dell’interesse pubblico.

La questione dell’accesso alla rassegna stampa non è nuova, è da qualche tempo infatti che la FIEG (Federazione Italiana Editori Giornali) sta combattendo la guerra delle news. È noto infatti lo scontro tra Google News e le testate giornalistiche che ha visto anche gli editori italiani uniti a Francia e Germania in un documento congiunto che annuncia: “Gli editori italiani e francesi hanno deciso di agire di concerto, coordinando la propria azione di sensibilizzazione con quella dei colleghi tedeschi. Il tema della tutela dei contenuti editoriali e del riconoscimento agli editori di uno specifico diritto d’autore connesso alle attività di indicizzazione effettuate dai motori di ricerca diviene ora un problema urgente, comune a tre dei più grandi Paesi europei.”

Alla fine, anche a seguito di queste forti pressioni “europee”, negli ultimi giorni del 2012 la lunga querelle sulle rassegne stampa online di Camera e Senato si è conclusa con un comunicato congiunto dei due rami istituzionali “Il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati hanno raggiunto un accordo con la Federazione degli editori in ordine alle modalità di pubblicazione on line delle rassegne stampa curate dai rispettivi Uffici Stampa. L’accordo tiene conto della “specialità” della funzione istituzionale e democratica svolta dai due rami del Parlamento, individuando una soluzione condivisa compatibile con il diritto d’autore, tema in questo momento al centro di riflessioni e iniziative in diversi Paesi d’Europa e negli Stati Uniti. Dal prossimo anno le rassegne stampa di Camera e Senato saranno disponibili sul sito intranet per le esigenze informative dei parlamentari e di altre categorie di soggetti istituzionali a ciò autorizzate. Tale soluzione, da una parte, tiene presente le legittime richieste degli editori, e, dall’altra, contempera queste ultime con il carattere di servizio di informazione a livello istituzionale svolto dal Senato e dalla Camera”.

Nel linguaggio comune il termine “rassegna stampa” assume spesso significati differenti, come ben spiegato da Mariapaola Berlingieri in uno suo vecchio articolo ”Rassegne Stampa online e diritto d'autore”, tuttora attualissimo, sebbene risalga a oltre 15 anni fa. La legge italiana sul diritto d’autore, sin dalla sua prima stesura nel lontano 1941, definiva chiaramente il termine “rassegna stampa”, significato ripreso in seguito anche dalla Convenzione di Berna, come “un insieme di citazioni di articoli di giornali e riviste periodiche, a condizione che dette citazioni siano fatte conformemente ai buoni usi e nella misura giustificata dallo scopo”. È evidente come in realtà l’unico tipo di rassegna stampa configurabile entro un assetto “normativo” sia la raccolta di citazioni su un determinato argomento e non la riproduzione di articoli, seppure già pubblicati, risulterebbe illecita da molteplici punti di vista.

Di fatto la legge italiana – non solo per quanto riguarda le news o il diritto d’autore e giornalismo – è obsoleta e andrebbe riformata sulla base anche delle nuove tecnologie, ma soprattutto alla luce delle nuove formazioni sociali di rete che avanzano, scavalcando da tempo confini di proprietà e sconfinando in territori aperti.

Antonella De Robbio

 

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