UNIVERSITÀ E SCUOLA

Più impegnati che bamboccioni: alla scoperta dei fuori corso

Quali sono le motivazioni degli studenti che non riescono, o non vogliono, laurearsi in tempo? Abbiamo intervistato cinque di loro.

Il padre di Sebastiano M. fa il ferroviere, sua madre è casalinga. Ha tre sorelle più piccole, è uno studente fuori sede, fuoricorso da tre anni a Ingegneria. Di giorno frequenta le lezioni, di sera lavora come cameriere fino alle tre di notte circa. Ha anche una borsa di studio, ma per lui non è sufficiente per mantenersi in un’altra città. Non vuole ricevere nessun tipo di aiuto dai suoi genitori. “È normale che sia io a dovermi sacrificare: sono il maggiore e per di più l’unico maschio. Sarebbe molto bello non dover lavorare, e laurearsi in tempo, ma le tasse e le spese vanno pagate in qualche modo, e non tutte le famiglie hanno questa possibilità. Mi sento molto offeso dalle parole di Martone (mesi fa il viceministro del Lavoro Michel Martone aveva definito sfigati gli studenti che all’età di 28 anni non erano ancora laureati NdR). Ho 28 anni e ho quasi finito gli esami, nelle mie condizioni mi pare un buon risultato. Sarei curioso di sapere se lui avrebbe saputo fare di meglio, dormendo cinque ore a notte e studiando solo nei week end, quando non tornava a casa per vedere la sua famiglia". Sebastiano conosceva la possibilità di iscriversi come studente lavoratore, ma facendolo avrebbe dovuto rinunciare alla borsa di studio e quindi non gli conveniva.

Nicolò S. è al secondo anno fuori corso di Economia. I suoi genitori sono proprietari di un ristorante e a lui piacerebbe continuare la loro attività. Per questo è molto presente, si occupa sia di contabilità che del servizio ai tavoli, vuole avere il panorama completo di un lavoro che lo affascina da quando era piccolo e andava in giro con un cappello da cuoco. Dedicandosi a quest’attività quasi a tempo pieno è indietro di quattro esami, ma non si sente affatto uno sfigato: semplicemente le sue priorità sono diverse da quelle di uno studente che sceglie di dedicarsi completamente allo studio. Aveva anche considerato la possibilità di iscriversi come studente lavoratore (semplificando: metà delle tasse e al massimo metà degli esami da sostenere nel corso di un anno), ma poi ha visto che riusciva a sostenere più della metà degli esami, quindi ha deciso di non avvalersi di questa modalità di iscrizione. La laurea per lui è importante, ma non è fondamentale ottenerla nei tempi regolari.

Francesca T. studia invece Scienze politiche ed è al terzo anno fuori corso. Nel frattempo lavora in un’associazione che si occupa di mobilità internazionale. “Quando ho fatto il colloquio mi hanno detto che per loro più che una laurea contano le esperienze di vita, in particolare quelle internazionali. Così ho passato un anno in Kenia partecipando a un progetto umanitario e l’anno dopo sono stata assunta”. Nonostante questo, però, non vuole rinunciare agli studi: i suoi genitori sono convinti che con una laurea sceglierebbe una carriera diversa, specie se nel frattempo le capitasse di farsi una famiglia, cosa che secondo loro le impedirebbe di andarsene in giro per il mondo. “Per me la laurea è quasi un capriccio, mi serve solo per dimostrare qualcosa a una famiglia a cui sono molto legata, ma che spesso sento lontana. La mia priorità è il lavoro, ma mi piace anche studiare. La maggior parte dei corsi che seguo è molto interessante”. Non conosceva la possibilità di iscriversi come studente lavoratore, ma ha quasi finito gli esami e ora è troppo tardi per pensarci.

Luna C. è al quarto anno fuori corso di Lettere moderne. È in tesi da un anno, durante il quale è riuscita a finire gli esami. Per lei il periodo universitario non è stato molto felice: trovava alcuni esami molto difficili, ed altri non la interessavano minimamente, quindi ha dovuto ripeterli più volte. Due anni fa ha pensato di rinunciare perché non si sentiva particolarmente motivata. Poi però ha pensato che le mancavano solo sei esami e che, anche se erano i più difficili tenuti apposta per ultimi, lasciare perdere tutto sarebbe stato uno spreco. Nel frattempo vive con i suoi genitori e non lavora, perché loro sono d’accordo con lei nel pensare che un’altra attività contribuirebbe a distrarla ulteriormente dallo studio. Dopo la laurea vorrebbe fare un master universitario nell’ambito del marketing: alcuni suoi amici hanno intrapreso questo percorso, e ora hanno un buon lavoro.

Diversa è la situazione di Giuliano, terzo anno fuori corso al Dams. “Credo che lo scopo primario dell’esistenza non sia laurearsi, ma vivere. Mi capita di avere delle liti con i miei genitori, ma sono convinto che sotto sotto siano d’accordo con me”. Durante gli studi ha svolto diversi lavori: per tre anni ha fatto l’animatore in un villaggio turistico, ha consegnato pizze e ha fatto il baby sitter. “I soldi mi servono per finanziare le mie passioni, soprattutto la mia collezione di dvd, ma non sono tutto nella vita. Penso sia molto più importante realizzarsi come persona”. Il suo sogno è quello di diventare regista. Per ora ha realizzato alcuni cortometraggi per i concorsi indetti da Radio Sherwood. Sa che deve imparare ancora molto, ma non crede che l’università sia d’aiuto in tal senso.

Cinque storie molto diverse, che potrebbero far riflettere sul fatto che incasellare una realtà così variegata in facili contenitori, come ha fatto il ministro Profumo, sia una generalizzazione quantomeno fuori luogo.

 

Azalea Ronco

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