SOCIETÀ

Povertà, i numeri

In 21 anni un miliardo di poveri in meno. I dati della Banca mondiale dicono che dal 1990 al 2011 il numero degli estremamente indigenti, vale a dire coloro che sopravvivono con meno di 1,25 dollari al giorno, è passato da un miliardo e 250 milioni a 250 milioni: i poverissimi sono scesi dal 43% al 15% della popolazione mondiale.

Un dato molto positivo per la Banca mondiale che punta all’azzeramento della povertà entro il 2030, anche se le proiezioni dicono che resterà alta nel Sud dell’Asia e nelle regioni dell'Africa sub-sahariana, dove nel 2011 vivevano 814 milioni del miliardo di poveri al mondo e dove si stima che nel 2030 vivranno 377 milioni di poveri su un totale di 412 milioni.

Nel 2000 la ricchezza globale era di 113.000 miliardi di dollari; nel 2013 è diventata di 241.000 miliardi e nel 2018, secondo il Global Wealth Report del Credit Suisse, sarà di 334.000  miliardi. Il risultato è da attribuire alla globalizzazione che ha comportato una crescita economica straordinaria dei cosiddetti Paesi in via di sviluppo. La Cina, che ha iniziato il processo di apertura alla fine degli anni Settanta dopo i primi spiragli nei confronti degli Usa grazie anche alla “diplomazia del ping pong”, e l’India, che ha liberalizzato la sua economia agli inizi dei Novanta, sono gli esempi di maggiore successo nella riduzione della povertà. La diminuzione della percentuale di persone che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno, infatti, si concentra in questi due Paesi. In Cina e India 232 milioni di persone sono uscite dalla miseria tra il 2008 e il 2011, sempre secondo i dati della Banca mondiale.

Tuttavia, secondo l'indice di povertà dell’Undp, il Programma delle Nazioni unite per lo sviluppo, quasi un miliardo e mezzo di persone in 91 paesi in via di sviluppo vive nell'indigenza, subendo privazioni che coinvolgono salute, istruzione, condizioni e qualità della vita. Nonostante la povertà sia mediamente in calo, 800 milioni di persone sono a rischio di ricadere in uno stato di povertà estrema in caso di imprevisti. Il rapporto mette in luce il fatto che l’80% della popolazione mondiale non ha accesso a una protezione sociale adeguata e conferma che l’Africa Sub-Sahariana è l’area in cui si registra il più alto livello di diseguaglianza.

E il futuro non appare roseo, se si considera il protrarsi della crisi economica e le situazioni di difficoltà che coinvolgono in particolare i Paesi produttori di energia. Il commercio mondiale nel 2013 è cresciuto del 3,1%: un dato decisamente lontano da quelli a due cifre di prima del 2008 che avevano consentito i progressi registrati dal rapporto della Banca mondiale, e la crescita tumultuosa dei Paesi emergenti si sta notevolmente ridimensionando con l’India che rallenta e la Cina che prevede una crescita al di sotto del 7% annuo.

Ad una lettura più approfondita, dalle statistiche sulla povertà diffuse dalla Banca mondiale emerge un altro dato, che mette in una diversa prospettiva anche i miglioramenti del decennio passato. La diminuzione del numero di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà è infatti in gran parte dovuta all'aumento di quelli che si collocano appena sopra questo limite. In sostanza, secondo l’economista Martin Ravallion del Georgetown University’s Center for Economic Research, “C'è stato un piccolissimo guadagno assoluto per i più poveri, perché l’aumento del livello della base negli ultimi 30 anni circa è di gran lunga inferiore alla crescita del consumo medio”.

Guardando alla povertà in termini assoluti piuttosto che in termini comparativi risulta che “la gran parte del progresso vissuto dai Paesi in via di sviluppo rispetto alla povertà è consistita nel ridurre il numero di persone che vivono in prossimità del livello minimo del consumo, piuttosto che aumentare il livello dei consumo, e in questo modo si può dire che i più poveri sono stati effettivamente lasciati indietro”.

Infatti, il numero di persone che vive con 2 dollari al giorno è diminuito in maniera molto meno significativa rispetto a chi vive con 1,25 dollari, passando da 2,59 miliardi nel 1981 a  2,92 nel 1999 e 2,44 miliardi nel 2008. Utilizzare come indicatore base 1,25 dollari al giorno però non significa che nel mondo sono poveri solo coloro che consumano meno di questa somma, perché la vera soglia di povertà estrema è piuttosto il potere d'acquisto in moneta locale il cui valore è comparabile ad un potere d'acquisto di 1,25 dollari negli Usa.

Anche il Rapporto Sofi 2014 sulla fame nel mondo della Fao indica che, nonostante progressi significativi, molte regioni restano indietro. In Africa sub-sahariana, più di una persona su quattro rimane cronicamente sottoalimentata, e in Asia 526 milioni di persone soffrono la fame. L’America Latina e i Caraibi hanno fatto i maggiori progressi, mentre in Oceania si è registrato un calo dell'1,7%. Il rapporto specifica che l’eliminazione della fame richiede la creazione di un ambiente favorevole e di un approccio integrato che preveda: investimenti pubblici e privati per aumentare la produttività agricola; accesso alla terra, ai servizi, alle tecnologie e al mercato; misure per promuovere lo sviluppo rurale e la protezione sociale per i più vulnerabili, in particolare rafforzando la loro resilienza nei confronti di conflitti e disastri naturali.

Un quadro complessivo che trova conferme anche in Partire a pari merito: eliminare la disuguaglianza estrema per eliminare la povertà estrema, il rapporto 2014 di Oxfam, network internazionale di 17 organizzazioni. Il documento evidenzia infatti come l’aumento della disparità di reddito in molti Paesi del mondo escluda gran parte della popolazione dai benefici della crescita economica e la disuguaglianza sia in aumento: mentre tra il 2013 e il 2014, le 85 persone più ricche al mondo hanno collettivamente aumentato la loro ricchezza del 14%, il 70% delle persone vivono in Paesi in cui il divario tra ricchi e poveri è oggi maggiore di quanto non fosse 30 anni fa.

Cattive notizie che purtroppo riguardano anche il nostro paese. In Italia, secondo le rilevazioni dell’Ocse, dalla metà degli anni Ottanta al 2008 la disuguaglianza economica è fortemente aumentata. La crisi ha poi ulteriormente accentuato questa tendenza: nel 2012 vivevano la povertà assoluta 4,8 milioni di persone residenti in Italia, l’8% del totale, mentre nel 2007 erano ancora 2,4 milioni, il 4,1%.  Povertà assoluta che secondo l’Istat tocca chi non può sostenere le spese minime necessarie ad acquisire i beni e i servizi ritenuti essenziali a conseguire uno “standard di vita minimamente accettabile” nel contesto italiano. Una condizione che è raddoppiata in soli cinque anni, e che chiede azioni incisive perché questa tendenza si possa invertire.

Donatella Gasperi

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012