SOCIETÀ

Rapporto 2012 sull’agricoltura, fra i pochissimi settori in crescita

Quale sia realmente lo stato di salute del settore primario italiano è domanda che si pongono in molti. Questo perché, negli ultimi mesi, sembrano essere aumentati con la stessa rapidità sia il malcontento tra i piccoli e medi imprenditori a capo delle aziende agricole, sia gli annunci prodigiosi che prospettano il futuro più roseo per l’agricoltura italiana e coloro che vi operano all’interno.

Come evidenziato dal bilancio Coldiretti per l’anno 2012, le percentuali delle esportazioni agroalimentari sono in continua crescita, in netta controtendenza con l’andamento del mercato interno che, a causa della crisi economica, costringe i consumatori a limitare sempre più gli acquisti e a trascurarne soprattutto l’aspetto qualitativo.

Ciò che risulta essere più problematico per gli agricoltori italiani, al momento, sembra proprio l’incapacità di opporsi allo strapotere delle catene della grande distribuzione, che pressate dalla necessità di vendere a prezzi competitivi impongono ai fornitori i propri prezzi di acquisto all’ingrosso per l’ortofrutta e i derivati, in alcuni casi inferiori agli stessi costi di produzione, andando così ad azzerare le possibilità di profitto dei piccoli e medi produttori. Oltre a questo, le grandi ondate di maltempo che hanno colpito la penisola negli ultimi mesi hanno provocato danni che Confagricoltura ha stimato intorno ai 500 milioni di euro, e che per moltissime aziende si sommano alle conseguenze delle ondate di siccità dei due anni precedenti, i cui danni ammontavano a più di un miliardo di euro complessivi.

A preoccupare per la rilevanza che occupa nell’economia del nostro paese, c’è poi il mais. Primo cereale prodotto in Italia e per il 90% destinato a foraggio per gli allevamenti di tipo intensivo, presenta negli ultimi anni una diffusione di aflatossine, delle particolari micotossine, decisamente superiore alle soglie consentite dalla legge. La contaminazione avviene per errate condizioni di coltivazione e di stoccaggio, per stress climatici durante lo sviluppo e la maturazione della pianta e per l’azione della piralide, un insetto parassita del mais che fa da vettore per le spore del fungo. L’aflatossina B1 è fortemente cancerogena e la sua presenza impedisce al mais di essere destinato tanto all’alimentazione umana quanto a quella degli animali. È infatti anche legata fisiologicamente a un suo metabolita che si trova nel latte degli animali che, se alimentati con prodotti contaminati, mettono a rischio la salute dei futuri consumatori, risultando così doppiamente problematica. Il danno economico per i produttori è enorme, in quanto le possibilità di utilizzare il proprio raccolto per altri fini sono praticamente nulle e, in ogni caso, di gran lunga meno redditizie.

Gli imprenditori che operano nel settore, alcuni dei quali molto giovani, denunciano un generale disinteresse da parte delle istituzioni verso queste tematiche. Mancano la volontà e l’ambizione di dar vita a nuovi progetti d’insieme riuscendo a guardare oltre la crisi, manca la capacità di vedere nelle filiere agroalimentari  possibilità concrete per aumentare l’occupazione e tutelare il territorio nazionale attraverso produzioni di pregio e idee innovative.

Parallelamente, però, il presidente della commissione agricoltura dell’Europarlamento di Strasburgo, Paolo De Castro, ha ricordato come l’Europa stia lavorando per promuovere ulteriormente i propri prodotti alimentari, mediante l’attuazione di una serie di riforme volte a riproporre in campo agricolo la dicotomia fra tutela del lavoro e promozione d’impresa. Con la Pac, politica agricola comune che regola la produzione, lo scambio e la lavorazione dei prodotti agricoli all'interno dell'Unione Europea, si vuole assicurare l’autosufficienza alimentare dei singoli paesi, continuando a promuovere lo sviluppo rurale e a garantire standard elevati di sicurezza sui prodotti, la tutela dell’ambiente e un’equa remunerazione per gli agricoltori. Per la formazione di coloro che si accingono a operare nel settore, l’Unione propone l’introduzione di un sistema di consulenza aziendale, che permetta di informare e sensibilizzare gli agricoltori rendendoli conformi ai requisiti richiesti per essere competitivi sul mercato internazionale. E in attesa di scoprire se verranno stanziati dei fondi anche a livello regionale o nazionale per incrementare la produttività del settore, i contadini si consolano con le statistiche. In agricoltura si registra un record di assunzioni di lavoratori dipendenti, particolarmente marcato nell’area centro-settentrionale d’Italia; uno su quattro avrebbe meno di quarant’anni. Niente più braccia rubate al duro lavoro dei campi, ma i campi come progetto di futuro, contro la crisi. Almeno sulla carta.

Gioia Baggio

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